La Lettera di Gionata Swift a Milord Gran-tesoriere d’Inghilterra Roberto Conte d’Oxford e Mortimer ossia Progetto per emendare, promuovere e perfezionare la lingua inglese (A Proposal for Correcting, Improving and Ascertaining the English Tongue; in a Letter to the Most Honourable Robert Earl of Oxford and Mortimer Lord High Treasurer of Great Britain), che qui si presenta, fu pubblicata nel 1712.
Swift (1667 – 1745), che fu ed è universalmente noto soprattutto per i suoi Viaggi di Gulliver (Gulliver’s Travels, or Travels into Several Remote Nations of the World) del 1726, fu un acceso polemista e scrisse numerosi pamphlet, per denunciare problemi in tutti i campi sociali e per i quali suggeriva soluzioni,spesso fortemente satiriche, che inasprivano le polemiche intorno alla sua figura.
A cavallo tra il mondo irlandese e quello inglese (era nato a Dublino, ma la famiglia era originaria dell’Inghilterra) e tra quello laico e quello religioso (fu segretario per parecchi anni del diplomatico inglese Sir William Temple ma fu ordinato sacerdote della Chiesa d’Irlanda), Swift si fece paladino di tante battaglie. Va ricordato, a questo proposito, che egli frequentò il Trinity College di Dublino, dove le lezioni erano dominate dalla logica aristotelica: alla base dell’insegnamento era il dibattito e gli studenti erano sollecitati a discutere qualsiasi argomento da entrambi i punti di vista, pro e contro.
Nel 1704, ma il testo era del 1690, venne pubblicato – insieme con A Tale of a Tub. Written for the Universal Improvement of Mankind, satira sugli eccessi della religione – il breve testo satirico The Battle between the Ancient and the Modern Books nel quale Swift narra di una vera e propria battaglia tra i libridella Biblioteca del Re, per stabilire un primato tra autori classici e moderni.
La discussione tra Antichi vs Moderni in Inghilterra era partita nel 1690 da Temple, con la pubblicazione di An Essay on Ancient and Modern Learning in difesa della scrittura classica. Temple rifiutava la dottrina del progresso e sosteneva il virtuosismo e l’eccellenza dell’apprendimento antico. Numerosi intellettuali inglesi contrapposero le loro opinioni a Temple. Swift invece con il suo opuscolo Battle si schierò dalla sua parte. La querelle aveva origini ben più antiche e si diffuse soprattutto a partire dall’Italia. Ricordiamo a grandi linee che fin dal Rinascimento la riscoperta dei testi antichi e la loro diffusione, dopo l’introduzione della stampa in Europa, permisero una maggiore conoscenza delle fonti classiche e nacque un movimento per recuperarne i valori. Questo però suscitò la reazione di quantipercepivano la cultura classica come un pericolo per la stabilità della civiltà cristiana. Il dibattito, molto acceso in Francia nel XVII secolo, prese il nome di querelle des anciens et des modernes.
I principali punti di contesa non riguardavano solo la cultura classica o moderna, ma anche la scrittura e quindi le teorie sull’educazione della lingua. Gli intellettuali si chiedevano se la letteratura era progredita dall’antichità al presente come aveva fatto la scienza; e se un’evoluzione letteraria c’era stata, essa aveva avuto un andamento lineare o ciclico? Quindi non era solo un problema di contenuti ma anche di forma.
In questo filone si innestò l’interessante pamphlet di Swift sulla lingua inglese, nel quale è viva la questione del passato e del presente, e quindi del futuro, delle lingue. L’edizione italiana, tradotta e curata da Giovanni Lessi, fu letta dallo stesso curatore alla Reale Accademia della Crusca nell’adunanza del 1 agosto 1814. Venne poi pubblicata nel 1815.
La traduzione fu specificamente voluta dagli Accademici per poter fornire ai “Compilatori deputati alla correzione, e all’accrescimento del Vocabolario Italiano i lumi relativi all’indole universale delle Lingue”. Per la Crusca, pur trascorsi circa cento anni, il documento di Swift restava un valido strumento per chi si sarebbe occupato della cura dell’italiano, lingua che “sola ha di comune colla Greca, cioè l’essersi ella dal suo nascimento sino al presente mantenuta inalterata, e sempre uguale a se stessa.”
Scrive Swift che occuparsi della lingua patria è un compito da tempo di pace perché occorre una seria meditazione sul tema, ma questo intervento è assolutamente necessario perché l’inglese è imperfetto, va emendato, va curato. L’autore spiega le ragioni di questa imperfezione che non ha colpito le lingue romanze. Tuttavia esaminare tutte le ragioni per le quali una lingua possa alterarsi, scrive Swift, richiederebbe di addentrasi in un campo troppo vasto e troppe lunghe indagini. Tuttavia le lingue si può rilevare che abbiano un andamento: arrivano ad un punto di perfezione e poi decadono. Ma “l’Inglese non è ancora arrivato a tal grado di perfezione che possa farci temere per questo il decadimento”.
Swift se la prende con l’ignoranza dei nobili e della Corte stessa, con i poeti fioriti dopo la Restaurazione, con la folle idea di alcuni che la scrittura si debba uniformare alla pronunzia, alla “costituzione più fredda che rende la nostra Nazione più fiera” e “rende la nostra Lingua aspra e in un cotal senso somiglievole ai frutti dei Climi men temperati.”
L’autore avverte che bisogna correre ai ripari, anche per fare in modo che la fama degli scrittori inglesi si diffonda oltre i confini; il compito potrebbe essere affidato alle donne. Lasciamo a lettrici e lettori lo scoprire il perché.
Sinossi a cura di Claudia Pantanetti, Libera Biblioteca PG Terzi APS
Dall’incipit del libro:
Quello di che vi parlava poco fa, ritrovandomi in vostra compagnia, non era un pensiero suggeritomi allora dal caso, ma conseguenza di lunga meditazione, e un sentimento in cui era stato confermato dal parere di molte giudiziose persone da me consultate.
Elleno di fatto convenivano tutte nel credere non esservi cosa più valevole ad accrescere le cognizioni e la cultura tra noi di un energico Provvedimento diretto ad emendare, arricchire e stabilire la nostra Lingua: il che reputavano potersi facilmente ottenere quando concorressero a procurarlo la protezione del Principe, il favore di qualche Ministro e le cure di una Società scelta a tal’uopo, e dotata delle necessarie cognizioni.
E mi recò gran piacere l’udirne la vostra replica concepita in uno stile tanto diverso da quello, che da qualche anno in quà si è adottato in simili occasioni, vale a dire che i progetti di questa sorta debbono differirsi fino al tempo di pace: proposizione spinta da alcuni tanto in là che sembra non volessero neppur pensare alla conservazione della nostra Costituzione Religiosa e Civile fintantochè ci troviamo impegnati in una guerra esterna, di modo che noi dovremo a ragione contare tra le singolarità che distinguono il vostro Ministero l’aver voi mostrato un genio superiore a tutti questi riguardi, e non aver mai trascurata proposizione che vi venisse fatta per onore, per vantaggio, e per lustro del vostro Paese, per quanto comparir potesse estrania o lontana dallo scopo principale della Carica che occupate; sembrando anzi, che il merito di questa vostra condescendenza e del vostro candore rimanga in parte menomato da quella inconcepibil prontezza, che ci dà appena il tempo di presentarvi i nostri voti, e tosto rimove ogni ostacolo, o supplisce ogni deficienza di mezzi con una celerità cui non giungerebbe giammai il più abile Progettista: motivo per cui nel dirigervi questo Scritto non intendo di suggerirvi nè le vie, nè i mezzi che potrete adottare, ma soltanto dolermi di un inconveniente che siete in dovere di togliere, come siete in dovere di estinguere il nostro Debito Nazionale, o di aprirci un nuovo Commercio nel Mar del Sud, e quello una volta da Voi tolto, se non recherà quell’immediato vantaggio che recheranno le altre vostre Azioni, non sarà pertanto di minor onore al vostro Nome nell’Età venture.
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