I dati Istat 2024 confermano il paradosso: la disaffezione per i fatti e il dibattito è compensata da un illusorio aumento di consultazioni virtuali che non sanano il crollo della partecipazione strutturale.
EDITORIALE POLEMICO
La fotografia scattata dall’Istat con il Rapporto sul Benessere Equo e Sostenibile (BES) 2024 è, a prima vista, un sollievo: ci si informa e si parla meno di politica, sì, ma cresce la partecipazione a consultazioni o votazioni online (dal 6,3% al 9,1%). I giovani, in particolare, sono più attivi: il 16,6% dei 20-24enni partecipa a una consultazione online e il 20,3% della popolazione complessiva esprime opinioni sui social. Un incremento illusorio, un palliativo digitale che maschera una crisi strutturale ben più profonda: non stiamo assistendo alla rinascita della politica, ma alla sua metamorfosi in “frecciame”.
Per comprendere il fenomeno, dobbiamo accettare che l’apparato democratico—i partiti, le istituzioni, il dibattito pubblico tradizionale—è diventato un gigantesco rottame, una macchina industriale pesante e arrugginita, ormai in disuso e con un valore istituzionale ai minimi storici (i partiti ottengono una fiducia media di appena 3,5 punti su 10).
E cosa fanno i giovani, i “nativi digitali” della politica? Non rifondano la fucina né progettano nuovi motori. No. Si accontentano di un’attività di recupero e smaltimento di materiali ferrosi: raccolgono il “frecciame elettorale”.
Questi frammenti, questi rottami sparsi sono le consultazioni, i sondaggi, le opinioni espresse sui social. Sono attività a basso impatto e ad alto appeal immediato, che richiedono un singolo clic piuttosto che l’impegno civico, lo studio dei dossier, o il confronto prolungato. È la partecipazione intesa come un rapido sgombero della coscienza civica.
La politica tradizionale, attraverso l’offerta di questi strumenti online — rapidi e indolori — sta ingannando la gioventù, convincendola che il recupero di questo ferro vecchio (un misero aumento di partecipazione dal 6,3% al 9,1%) possa in qualche modo compensare il collasso della partecipazione alle urne, che alle Europee 2024 è scesa al 49,8%, con un calo complessivo di 23,3 punti percentuali dal 2004.
Il problema non è che i giovani siano disinteressati: è che il sistema offre loro solo scarti. Li indirizza verso la raccolta del “frecciame”, frammenti leggeri e facilmente smaltibili, distogliendoli dal compito monumentale di forgiare nuovo acciaio istituzionale, di esigere trasparenza, legalità statutaria e legittimità di governo.
Il frecciame è un’attività marginale. Non è partecipazione politica, è al massimo riciclo cosmetico. E finché ci illuderemo che un like o un voto online bastino, la macchina democratica resterà solo un vasto e costoso deposito di rottami. La vera partecipazione ricomincerà solo quando i giovani si rifiuteranno di fare i netturbini digitali e chiederanno, anziché un sondaggio, un nuovo motore per il Paese.




