L’enorme conoscenza che Bonaventura aveva, quando si laureò nel 1913 con Francesco De Sarlo, in tema di scienze naturali e biologiche emerge chiaramente in questo suo lavoro che gli valse appunto la laurea con il massimo dei voti e la lode oltre al diritto di pubblicazione che avvenne nel 1916 da parte dell’Istituto di studi superiori pratici e di perfezionamento in Firenze.

L’esame minuzioso delle teorie fisiche, chimiche e fisiologiche, e il loro raffronto con la storia delle idee sulla conoscenza partendo da Cartesio e Leibniz, porta Bonaventura alla conclusione della necessità delle scienze naturali di perseguire una percorso di fruttuosa sinergia con la psicologia; superando però gli steccati del materialismo – una delle critiche più sistematiche della tesi di Bonaventura è nei confronti del metodo e delle conclusioni della psicologia sperimentale di Wundt – che limita la nostra possibilità di dare ragione della immensa varietà di qualità sensoriali che servono a edificare l’ambiente delle nostre rappresentazioni. Questa complessità di rapporto fra la nostra percezione e gli agenti esterni, che rende vano il cercare l’omogeneità dei secondi attraverso il modo nel quale giungono al soggetto cosciente, per Bonaventura può condurre solo a una visione spiritualista.

Ma al di là dei limiti terminologici che vanno contestualizzati in un’epoca nella quale ancora non si conoscevano, ad esempio, le risorse della fisica quantistica e la sfida della complessità della cibernetica, non possono non risaltare all’attenzione del lettore le intuizioni epistemologiche dell’autore, per esempio quando mette in rilievo il limite generato dalla separazione tra osservatore e oggetto osservato, tra il nostro sistema sensoriale e lo stimolo, proponendo uno stretto legame fra percezione e ambiente: non lontano quindi dalle moderne concezioni dei “sistemi che osservano” “insiemi che percepiscono”. L’approccio di Bonaventura verso la questione generale dei rapporti tra la mente e le cose, delle interazioni tra attività intellettiva ed esperienza, è in realtà quanto mai moderno e sarebbe piaciuto certamente a Piaget, Varela, Fon Foerster.

Contrapponendo le concezioni del realismo ingenuo a quello del fenomenismo radicale, Bonaventura cerca quindi vedute meno unilaterali che possono definirsi di “realismo moderato”; cerca di giungere a questo attraverso un esame delle scienze sperimentali che permetta di ammettere o escludere l’esistenza della qualità in natura. Per discutere dell’attività sensoriale si limita all’esame di due teorie: quella delle energie nervose specifiche e quella dell’indifferenza funzionale. Si ripropone quindi la contrapposizione della concezione aristotelica a quella cartesiana. Materia e moto avrebbero dovuto cancellare per sempre il valore della Qualitas occulta.

Il lettore potrà verificare se il brillante tentativo del giovane Bonaventura di giungere a una visione sintetica della realtà e a una concezione monadologica del mondo esterno ha avuto successo e se quindi è giustificato il passo successivo nel campo psicologico che vede il principio della vita spirituale riposto nel soggetto; in altre parole siamo di fronte ad una visione d’insieme ispirata ad uno spiritualismo individualistico.

Ecco quindi ripubblicata la tesi di laurea di Bonaventura della quale parla David Meghnagi.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del libro:

Uno dei compiti principali della riflessione critica sui dati dell’esperienza è quello di spiegare l’origine di quella molteplicità di qualità sensoriali che costituisce il mondo delle nostre rappresentazioni. Il problema, al cui esame è dedicato il presente lavoro, e che forma senza dubbio uno dei punti centrali della filosofia, può essere brevemente formulato così: le differenze che noi osserviamo tra le qualità sensoriali hanno una ragion d’essere in differenze qualitative tra gli agenti esterni, oppure rappresentano soltanto la maniera in cui agenti esterni qualitativamente omogenei appariscono al soggetto cosciente? e, se gli agenti esterni sono di natura omogenea, in quali condizioni devono trovarsi per poter dare origine a qualità sensoriali differenti?
La scienza moderna ha tentato in due modi di risolvere nella seconda delle accennate direzioni il problema dell’origine delle differenze qualitative. Dapprima è stata la concezione meccanica della natura, che, sorta agli albori della filosofia greca, rinnovata e sistemata dai grandi filosofi e scienziati del secolo XVII ed accresciuta nel seguito col contributo d’innumerevoli ricerche scientifiche, ha mirato a spiegare l’origine delle differenze qualitative derivandole da differenze quantitative di una realtà essenzialmente omogenea; arrestando l’analisi dei dati dell’esperienza ai due elementi irriducibili di massa e movimento, la concezione meccanica ha creduto di potere ricostruire con questi elementi misurabili tutti i fenomeni della natura.

Scarica gratis: Le qualità del mondo fisico di Enzo Bonaventura.