di
Le mille e una notte
Novelle arabe
Storia del principe Zeyn Alasnam e del re dei genii
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Un re di Bassora possedeva grandi ricchezze, ed era amato dai suoi sudditi: ma non aveva prole, e ciò l’affliggeva molto. Avendo all’uopo adoperato ogni cura di medici e periti, la regina divenne finalmente incinta e con molta felicità partorì un maschio, il quale fu nominato Zeyn Alasnam, cioè a dire l’ornamento delle statue.
Il re fece adunare tutti gli astrologhi del suo Regno, ed ordinò loro che gli traessero l’oroscopo del suo fanciullo.
Scoprirono essi dalle loro osservazioni, che vivrebbe lungo tempo, che sarebbe coraggioso, ma che avrebbe bisogno di grande animo per sostenere con costanza le disgrazie di che sarebbe minacciato.
Il re non restò spaventato da questo presagio.
Vedendosi ridotto al punto di morte, chiamò a sé il suo figliuolo, e fra le altre cose raccomandogli, di farsi amare piuttosto che temere dal suo popolo.
Appena il re fu morto, il principe Zeyn vestissi a lutto.
Passato il lutto però, il giovane re s’immerse in ogni sorta di piaceri con molti giovani voluttuosi coi quali e colle sue favorite rese quasi esauriti i suoi tesori.
Sua madre la regina, viveva ancora ed era una principessa savia e prudente. Essa aveva più volte procurato, sebbene inutilmente, di fermare il corso delle prodigalità e dei piaceri del re suo figliuolo, rappresentandogli che se egli non mutava condotta, non solamente avrebbe dissipate le sue ricchezze, ma avrebbe eziandio alienato da lui lo spirito de’ suoi popoli, cagionando una rivoluzione.
Poco mancò che quanto essa aveva preveduto non accadesse; poiché i sudditi principiarono a mormorare contro il governo, e le mormorazioni loro sarebbero state seguite da una generale ribellione, se la regina non avesse avuta la destrezza di prevenirla.
Ma questa principessa, informata della sinistra disposizione delle cose, ne fece avvertito il re il quale finalmente lasciossi persuadere, affidando l’amministrazione del suo regno a certi Visir dei più assennati e prudenti, i quali seppero contenere i sudditi nel loro dovere.
Una notte vide in sogno un vecchio venerabile, il quale avanzossi verso di lui, e dissegli:
— O Zeyn, sappi che non vi è dispiacere il quale non sia seguito da qualche allegrezza, non essendovi disgrazie che dietro a sé non portino qualche felicità. Se tu vuoi vedere il fine della tua afflizione, alzati, incamminati verso l’Egitto e vanne al Cairo ove una grande fortuna ti attende!
Risvegliandosi il principe restò penetrato da questo sogno. Ne parlò con gran sincerità alla regina sua madre. Il principe lasciolle la condotta del Regno; partì una notte con molta segretezza dal palazzo, ed incamminossi verso il Cairo.
Dopo molto stento e gran pena giunse in quella famosa città, la quale ha poche simili nell’universo, tanto per grandezza, come per bellezza. Scese alla porta di una moschea, ove sentendosi oppresso da stanchezza, coricossi. Appena addormentato ei vide lo stesso vecchio il quale dissegli:
— O figliuol mio, io sono contento di te, perché hai prestata fede alle mie parole. Vedo che hai coraggio e costanza. Tu ben meriti che io ti renda il più ricco ed il più felice di tutti i principi della terra: però ritornatene a Bassora e nel tuo palazzo ritroverai immense ricchezze.
Il principe non restò molto appagato di questo sogno.
Ripigliò adunque la strada del suo regno, e giunto che vi fu, la regina ricercogli se ritornava contento.
Esso narrogli quanto gli era accaduto, e parve tanto accorato di esser stato troppo credulo, che la principessa lo consolò.
— Tralasciate di affliggervi, o mio caro figliuolo – gli disse – se il cielo vi destina ricchezze, senza pena le acquisterete. Applicatevi a render felici i vostri sudditi, e formando la loro felicità assicurerete la vostra.
Il principe Zeyn giurò di seguire nell’avvenire tutti i savi consigli di sua madre e quelli degli assennati vecchi Visir, de’ quali aveva fatto la scelta per aiutarlo a sostenere il peso del governo. Ma nella prima notte che fu ritornato nel suo palazzo vide in sogno per la terza volta il vecchio, il quale dissegli:
— O coraggioso Zeyn, è giunto finalmente il tempo in cui i tuoi voti siano esauditi. Domani mattina, appena alzato dal letto, piglia una zappa e va’ a scavare nel gabinetto del re tuo padre. Tu vi scoprirai un gran tesoro.
Il principe appena risvegliato alzossi, e fattosi dare una zappa, entrò solo nel gabinetto del defunto re suo padre.
Messosi a zappare, levò più della metà delle lastre di pietra del pavimento. Continuò il suo lavoro e non ebbe cagione di pentirsene; imperocché scoperta all’improvviso una pietra bianca, l’alzò, ritrovandovi sotto una porta su cui stava appeso un catenaccio di acciaio: spezzatolo a gran colpi di zappa aprì la porta, la quale dava adito ad una scala di marmo bianco.
Accese subito una candela, e discese per quella scala in una camera lastricata di porcellana della China, le cui pareti e le cui soffitta erano di cristallo. Ma fermossi particolarmente a riguardare quattro strati, sopra ognuno dei quali vi stavano quaranta urne di porfido.
Accostossi ad una di quelle urne, ne levò il coperchio, e con altrettanta sorpresa e giubilo vide che eran piene di piastre d’oro. Visitò le quaranta urne le une dopo le altre, e piene ritrovolle di zecchini d’oro, dei quali pigliò un gran pugno e portolli alla regina sua madre. Questa principessa restò stupefatta.
— O figliuol mio – esclamò essa – badate bene a non dissipar pazzamente tutte queste ricchezze come già avete fatto del tesoro reale, affinché i vostri nemici non abbiano cagione di goderne.
— No, o signora – rispose Zeyn – nell’avvenire vivrò in modo che non avrete se non a lodarvi di me.
Zeyn fecela entrare nella camera ov’erano le urne.
Guardò essa tutto questo con occhio curioso, ed osservò da una parte una piccola urna non ancora scoperta dal principe, che la pigliò, ed apertala vi ritrovò dentro una chiave d’oro.
— Figliuol mio – disse la regina – questa chiave rinchiude senza dubbio qualche nuovo tesoro. Indaghiamo dappertutto.
Esaminarono essi con una estrema attenzione le camere e finalmente ritrovata una serratura nel mezzo di un lastricato, giudicarono che quella s’aprisse con la chiave che avevano.
Il re ne fece subito l’esperienza ed immantinente aprissi una porta e presentossi al loro sguardo un’altra camera, nel mezzo della quale eranvi nove piedestalli di oro massiccio, otto de’ quali sostenevano otto statue composte di un sol diamante, le quali tramandavano tanto splendore, che la camera restava tutta illuminata.
— Oh cielo! – esclamò tutto sorpreso Zeyn – ove mai mio padre ha potuto ritrovar cotante belle statue?
Il nono piedestallo accrebbe il suo stupore, perocché aveva sopra una pezza bianca di zendado con le seguenti parole:
«O figliuol mio caro! L’acquisto di queste otto statue mi ha costato gran pena: ma ancorché siano di una singolare bellezza, sappi che ve ne è una nona nell’universo, che di gran lunga la supera. Vale quella molto più da sé sola, che tutte queste insieme che tu vedi. Se brami fartene possessore, vanne nella città del Cairo in Egitto, ove sta uno dei miei antichi schiavi chiamato Mobarec, che non durerai molta fatica a riconoscere. La prima persona che incontrerai, t’insegnerà il suo soggiorno. Vanne a ritrovarlo e digli tutto ciò che ti è accaduto. Egli ti riconoscerà per mio figliuolo, e ti condurrà fino al luogo ove giace la statua meravigliosa che potrai acquistare».
Il principe, dopo aver lette queste parole, disse alla regina:
— Non voglio star senza questa nona statua, che dev’essere un’opera molto rara; giacché tutte queste insieme non valgono il prezzo di quella. Voglio in questo punto partire per il gran Cairo. Non credo, o signora, che vogliate opporvi alla mia risoluzione.
— No, o figliuol mio – rispose la regina.
Il principe fece preparare il suo equipaggio, e come fu giunto al Cairo, ricercò notizie di Mobarec.
Fugli detto che era uno dei più ricchi della città, che viveva da gran signore, che la sua casa stava particolarmente aperta ai forestieri.
Zeyn si fece condurre, e picchiato alla porta, uno schiavo gli aprì e gli disse:
— Che bramate, e chi siete?
— Io sono forestiero – rispose il principe – avendo udito discorrere della generosità del signor Mobarec, me ne vengo ad albergare in sua casa.
Lo schiavo pregò Zeyn di aspettare un momento ed andò a riferire il tutto al suo padrone, il quale ordinogli che facesse entrar il forestiero.
Ritornato alla porta, lo schiavo disse al principe di entrare.
Questi entrò, e venne introdotto in una sala ove Mobarec lo accolse con molta civiltà.
Il principe, dopo aver corrisposto al complimento, disse a Mobarec:
— Io sono figliuolo del re di Bassora, e mi chiamo Zeyn Alasnam.
— Mio padre – replicò Zeyn – sotto il suo gabinetto aveva un sotterraneo, nel quale ho ritrovate quaranta urne di porfido tutte piene d’oro.
— E che altro vi è di più? – replicò Mobarec.
— Vi sono – disse il principe – nove piedistalli d’oro massiccio, sopra otto dei quali hannovi otto statue di diamante, e sopra il nono, vi sta una pezza di zendado bianco, sopra la quale mio padre ha scritto ciò che far debbo per acquistare la nona statua molto più preziosa di tutte le altre insieme. Voi sapete il luogo in cui ritrovasi questa statua, essendo scritto sopra il zendado che voi mi vi condurrete.
Terminate ch’ebbe appena queste parole, subito Mobarec gettossi alle sue ginocchia, e baciandogli più volte una delle sue mani:
— Ringrazio il cielo – esclamò – che siete qui venuto. Io vi riconosco per il figliuolo del re di Bassora. Se incamminarvi volete al luogo ove giace la meravigliosa statua, io vi condurrò: ma farà d’uopo prima che per qualche giorno vi riposiate qui. Oggi davo un banchetto ai Grandi del Cairo, e stavamo per l’appunto a tavola, quando sono stato avvertito del vostro arrivo. Vi compiacereste, o signore, di venire a sollazzarvi con noi?
— Molto volentieri – rispose Zeyn.
Dopo che ebbero mangiato, Mobarec così parlò:
— Grandi del Cairo, non vi stupite – disse – di avermi veduto in tal maniera servire questo giovane forestiero. Sappiate che egli è il figliuolo del re di Bassora mio padrone. Suo padre co’ proprî suoi denari mi comprò, ed è morto senza avermi conceduta la libertà, sì che tuttavia sono schiavo, e per conseguenza tutte le mie facoltà giustamente appartengono a questo giovine principe, unico suo erede.
La mattina seguente Zeyn disse a Mobarec:
— O Mobarec, io ho molto riposato, e siccome non sono venuto al Cairo per immergermi nei piaceri, così il mio disegno riguardava il possesso della nona statua. Tempo è che partiamo per andar a farne l’acquisto.
Mobarec, vedendolo risoluto a partire, chiamò i domestici e ordinò loro di preparare gli equipaggi, dopo di che si posero in viaggio.
Viaggiarono per molti giorni, in capo ai quali, giunti in un delizioso soggiorno, discesero da cavallo. Mobarec disse allora ai suoi domestici:
— Fermatevi in questo luogo, e con tutta attenzione custodite gli equipaggi fino al nostro ritorno.
Poscia disse a Zeyn:
— Andiamo, o signori, inoltriamoci noi soli. Vicini siamo al luogo ove viene custodita la nona statua.
Giunsero essi in breve alla sponda di un gran lago, e Mobarec s’assise sopra la riva dicendo al principe:
— Dobbiamo passar quest’acque. L’incantato battello del re dei Genii or ora verrà a pigliarci: ma non vi dimenticate di quanto sono per dirvi. Bisogna osservare un profondo silenzio; però non parlate al battelliere, per singolare che la sua figura vi sembri; imperocché vi avverto che se direte una sola parola, quando saremo imbarcati, la barca si sprofonderà nelle acque.
Accostatosi il battello al principe ed a Mobarec, il battelliere li pigliò uno dopo l’altro e li collocò sul suo battello. Passato poscia dall’altra parte del lago in un istante, portolli sulla sponda, dopo di che disparve subito colla sua barca.
— Presentemente possiamo parlare – disse Mobarec – l’isola ove noi siamo è quella del re dei Genii.
Giunsero infine ad un palazzo fabbricato di fini smeraldi, attorniato da un largo fosso.
Dopo ciò Mobarec distese sovra la terra due grandi tovaglie, nel margine delle quali sparse certe gioie con muschio ed ambra. Ciò fatto Mobarec parlò in questi termini al principe:
— Signore, ora io sto per scongiurare il re dei Genii, il quale abita in questo palazzo, onde si presenti ai nostri occhi, e voglia il cielo ch’egli venga a noi senza sdegno.
Infatti nel momento stesso il re dei Genii si fece veder sotto le sembianze di un bel giovane, ma non lasciava tuttavia di avere nel suo aspetto qualche cosa di feroce.
Appena il principe Zeyn lo vide, gli fece il complimento. Il re dei Genii sorrise, e rispose:
— O figliuol mio, io amava tuo padre, ed ogni volta ch’egli venivami a rassegnar i suoi rispetti, lo regalava di una statua ch’egli seco portava. Non ho minor amore per te. Obbligai tuo padre, qualche giorno prima della sua morte, a scrivere quanto hai letto sopra la pezza di zendado bianco. Promisi a lui di prenderti sotto la mia protezione, e di darti la nona statua, la quale supera in bellezza quelle che hai. Già ho principiato a mantenergli la mia promessa. So ciò che qui ti ha guidato, ed otterrai quanto brami: ma è necessario che prima tu giuri per tutto quanto rende un giuramento inviolabile, che ritornerai in quest’isola, e che mi condurrai una donzella, la quale non sia entrata se non nell’anno quindicesimo della sua vita, che non abbia giammai conosciuto alcun uomo, né abbia avuto brama di conoscerne. È necessario pure che la sua bellezza sia perfetta, e che sii talmente di te padrone, da non formarti alcuna brama di possederla, mentre qui la condurrai.
Zeyn fece il temerario giuramento che da lui esigevasi.
— Confesso – ripigliò il re dei Genii sorridendo – che sul primo potreste rimanere ingannato, perché questa cognizione supera quella de’ figliuoli d’Adamo, né io ho disegno di riportarmi a te su questo. A tal uopo ti consegnerò uno specchio, il quale sarà più certo delle tue congetture. Appena avrai veduta una fanciulla di quindici anni perfettamente bella, non avrai che a riguardare nel tuo specchio, dove vedrai riflettere la sua immagine. Il cristallo si conserverà puro e chiaro, se sarà casta la donzella, ma se al contrario il vetro si oscura, sarà questo un costante contrassegno che la fanciulla non sarà sempre stata saggia, o almeno avrà bramato di non esserlo.
Il re dei Genii allora gli consegnò nelle mani uno specchio dicendogli:
— Ora figliuol mio puoi ritornare quando vorrai. Questo è lo specchio del quale tu ti devi servire.
Zeyn e Mobarec congedaronsi dal re dei Genii, e s’incamminarono verso il lago.
Il battelliere, col capo d’elefante, andò loro incontro con la sua barca, e nella stessa maniera li ripassò come aveali passati nell’andare.
Essi raggiunsero le persone del loro seguito, con le quali se ne tornarono al Cairo. Il principe Alasnam, in capo a diversi giorni che ebbe dimorato in casa di Mobarec, gli disse:
— Partiamo per Bagdad: e andiamo a rintracciarvi una donzella pel re dei Genii.
Se n’andarono a Bagdad, ove presero a pigione un magnifico palazzo in uno dei più bei quartieri della città.
Ora eravi nel quartiere un Iman chiamato Boubekir Muezin, il quale essendo un uomo vano, altero ed invidioso, odiava le persone ricche, solamente perché era povero, e la sua miseria lo irritava contro la prosperità del prossimo.
Avendo udito parlare di Zeyn Alasnam, e dell’abbondanza che regnava nella di lui casa, prese tosto ad odiarlo. Ritirossi nella sua casa, e si pose a comporre un memoriale, risoluto di presentarlo nella mattina seguente al Califfo.
Ma Mobarec, pose cinquecento zecchini d’oro in un fazzoletto, formò un fagotto di molti drappi di seta, e andò da Boubekir.
Il dottore gli chiese con aria sdegnosa ciò che egli bramasse.
— O dottore – rispose Mobarec con aria piacevole e ponendogli nelle mani l’oro e i drappi di seta – io sono vostro vicino e vostro servitore. Vengo a voi in nome del principe Zeyn, il quale abita in questo quartiere, e che avendo udito discorrere del vostro merito, mi ha incaricato di venirvi a dire che bramerebbe mettersi in corrispondenza con voi. Intanto vi prega di gradire questo tenue regalo.
Boubekir fu sopraffatto dal giubilo, e rispose a Mobarec:
Di grazia, o signore, implorate perdono dal Principe in mio nome: ho rossore di non essere ancora stato a visitarlo, ma riparerò il mio errore, e domani verrò a rassegnargli i miei doveri.
Infatti nel giorno seguente, vestissi coi suoi abiti da comparsa, ed andò a riverire quel giovine Principe, che molto civilmente lo accolse.
Dopo molti complimenti dall’una e dall’altra parte, Boubekir disse al Principe:
— Signore, vi proponete voi di stare lungo tempo in Bagdad?
— Mi fermerò – gli rispose Zeyn – fino a tanto che abbia ritrovata una donzella di quindici anni perfettamente bella e talmente casta, che non abbia conosciuto alcun uomo, né avuto brama di conoscerne.
— Voi andate in cerca di una cosa molto rara – replicò l’Iman – e grandemente temerei che la vostra ricerca non fosse per esser inutile, se non sapessi ove sia una siffatta giovinetta. Suo padre è già stato Visir, ma ha abbandonata la Corte, e se ne vive da lungo in una casa remota. Or bene, venite meco da suo padre. Io lo pregherò di lasciarvela vedere per un momento alla sua presenza.
Muezin condusse il principe alla casa del Visir, il quale appena fu istruito della nascita e del disegno di Zeyn, chiamò la figliuola, e ordinolle che si levasse il velo.
Non essendosi giammai presentata agli occhi del giovine Re di Bassora una bellezza tanto perfetta e tanto penetrante, ei ne restò stupefatto. Appena poté esperimentare se quella fanciulla fosse ugualmente saggia che bella, consultò il suo specchio, ed il cristallo si conservò puro e limpido.
Quando egli vide di aver ritrovata finalmente una fanciulla tal quale bramavala, pregò il Visir di concedergliela in moglie; a cui quello avendo consentito, immantinente si spedì in traccia del Cadì, il quale subito venne, e si fece il contratto e la preghiera del matrimonio.
Quando ognuno si fu ritirato, Mobarec disse al suo padrone:
— Andiamo, o signore, non ci fermiamo più lungo tempo in Bagdad, ripigliamo il viaggio del Cairo, e ricordatevi della promessa che avete fatta al re dei Genii.
— Partiamo – rispose il principe.
Dopo che Mobarec ebbe fatto fare i preparativi per la partenza, ritornarono al Cairo, e di là s’incamminarono verso l’isola del re dei Genii.
Giunti che vi furono, la fanciulla venne presentata al re dei Genii, il quale dopo averla attentamente guardata, disse a Zeyn:
— Principe, io son contento di voi; la fanciulla che mi avete condotta è bella e casta, e la violenza fatta a voi stesso per mantenermi la parola, molto mi è grata. Ritornatevene nei vostri Stati: e quando entrerete nella camera sotterranea, ove stanno le otto statue, vi ritroverete la nona che vi ho promessa, la quale farò trasportare da’ miei Genii.
Il principe Zeyn giunse finalmente a Bassora, ove i suoi sudditi, lieti del suo ritorno, fecero grandi allegrezze.
Andossene egli subito a dar conto a sua madre la regina, del suo viaggio la quale ebbe gran contento di sapere se egli aveva ottenuta la nona statua.
— Andiamo, o figliuol mio, andiamo a vederla, giacché senza dubbio ritrovasi nel sotterraneo.
Il giovine re e sua madre, entrambi impazienti di vedere quella maravigliosa statua scesero nel sotterraneo, ed entrarono nella camera delle statue: ma qual fu la loro sorpresa, quando invece di una statua di diamanti, videro sopra il nono piedestallo una giovinetta perfettamente bella, che il principe riconobbe per quella stessa da lui condotta nell’isola dei Genii.
— Principe – gli disse la donzella – voi siete molto meravigliato di vedermi qui. Vi aspettavate senza dubbio di ritrovar qualche cosa di più prezioso di me, né dubito che in questo momento non vi pentiate di esservi data pena.
— No, o signora – rispose Zeyn – il cielo mi è testimonio che più d’una volta ho pensato a mancar di fede al re dei Genii, per conservarvi in mio potere. Di qualunque prezzo possa essere una statua di diamanti, vale essa il piacere di possedervi?
Nel tempo ch’egli terminava di parlare udissi un colpo di tuono, che fece tremare il sotterraneo.
La madre di Zeyn ne restò spaventata: ma il re dei Genii che subito comparve, dissipò il suo timore dicendole:
— Signora, io proteggo ed amo vostro figliuolo. Questa è la nona statua che io gli destinava. Dessa è molto più rara, e delle altre più preziosa.
Continua…
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TITOLO: Storia del principe Zeyn Alasnam e del re dei genii
DIRITTI D'AUTORE: no
LICENZA: questo testo è distribuito con la licenza specificata al seguente indirizzo Internet:
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TRATTO DA: Le mille e una notte : novelle arabe. - Milano : Bietti, [1934]. - 541 p. : ill. ; 19 cm.
SOGGETTO:
FICTION PER RAGAZZI / Fantasy e Magia
FICTION PER RAGAZZI / Leggende, Miti, Fiabe / Generale