Nel 1904 è stato pubblicato questo saggio da una celebre scrittrice, Neera, che si cimenta in un discorso a lei meno usuale. Dopo avere descritto vita ed amori di innumerevoli donne sue contemporanee, spesso anche decisamente anticonformiste, l’autrice trova che sia quasi inevitabile chiedersi se la sua opera sia compatibile con una logica “femminista”. Neera quindi rivendica decisamente la propria contrarietà nei confronti di chi si fregia di questo termine per giustificare i mezzi violenti. Sono più adatti alla sua idea la cosiddetta ”progredita femminilità”, mentre trova che il femminismo sia “troppo maschile” e le rivendicazioni dell’uguaglianza rinneghino invece i valori femminili.

Come forma, l’autrice predilige la freschezza di improvvisazione e la capacità di conversare amichevolmente, per rendersi così più accetta al suo pubblico di lettrici tradizionali. Definisce il femminismo “una vescica floscia”, che “ognuno riempie a sua guisa e piacere”; e dà al femminismo la colpa di una mutazione generalizzata, che rende le candidate a posti come commesse o governanti “signore distinte”, e le donne delle classi sociali più elevate aspiranti alle professioni maschili. Tutto ciò per Neera è dovuto a una malintesa estensione delle folli spinte egualitarie, che sono caratteristiche della fine del secolo XIX; e ritiene che il vero coraggio sia quello delle donne che chiedono di cessare questa “torbida fiumana” e si pongono come degne compagne dell’uomo.
Neera ritiene che uomini e donne non siano né migliori né peggiori, ma semplicemente diversi quindi non confrontabili, e che quindi non abbia senso per le donne imitare l’uomo e volere essere a lui uguali. La casa, la famiglia sono il “regno” dove la donna può avere maggiori soddisfazioni, la sua intelligenza non deve disperdersi altrove.

La posizione decisamente conservatrice propugnata da Neera in questo suo saggio è in contraddizione con la denuncia di situazioni di ingiustizia in cui si trovano le protagoniste femminili di molte sue storie, come è stato rilevato da diverse voci della critica contemporanea. Tra le molte opere di Neera presenti su Liber Liber, prendiamo la protagonista di Anima sola, che anziché nel matrimonio si realizza nell’arte, e l’aristocratica Lydia, che cerca l’amore ideale al di fuori del matrimonio. Sono voci femministe? Forse no, ma sicuramente sono voci di denuncia del conformismo e dell’ipocrisia dell’Italia umbertina.

Sinossi a cura di Gabriella Dodero

Dall’incipit del libro:

Sulla tomba di Ruskin è stato detto che la specie di religione da esso fondata, più che religione della Bellezza il di cui culto può restare solitario, fu religione dell’Armonia, la quale ha una ben più vasta portata sociale.
Così si ristabilisce un po’ d’ordine nell’elevato concetto della Bellezza, materializzato e immiserito da una pleiade di sedicenti esteti che vogliono imprigionare la Bellezza in date forme e farne il monopolio di pochi privilegiati a cui dovrebbe accarezzare i sensi raffinati e freddi; mentre nella significazione di Ruskin e di qualche altra anima ardente la vera bellezza, la bellezza ideale fecondatrice, larga di felicità agli uomini, non è la sensazione, squisita se si vuole ma povera, che un capolavoro d’arte dà agli iniziati o la sensazione più grossolana ed egualmente fredda degli appetiti soddisfatti; non infine un tributo che dalle cose viene a noi, sibbene una scintilla che dall’animo nostro partendo si slancia verso le cose e le comprende e le ama. Mi spiegherò meglio con un esempio.
In una delle bellissime novelle di Francesco Domenico Guerrazzi è descritta una città toscana all’epoca del Rinascimento, dove abitava una donna di tale avvenenza che allorquando usciva per le vie nella cornice delle vesti magnifiche, vedendola “il popolo poeta esultava„ e questa esultanza di un popolo naturalmente composto di persone meno favorite per colei che riuniva in sè tutti i favori della sorte, ci dà esattamente la psicologia di quel momento storico.

Scarica gratis: Le idee di una donna di Neera (alias Anna Radius Zuccari).