Pubblicato nel 1929 nella prestigiosa collana Libri Azzurri di Mondadori è già un’opera della maturità di questa autrice. Come i suoi romanzi precedenti, anche questo porta l’impronta di una personalità di scrittrice che non esita a rappresentare gli aspetti caratteristici della vita e della società a lei contemporanea e della posizione della donna in questa stessa società in mutamento. Le donne di Daisy di Carpenetto reagiscono e si battono per una riconquista di un primato morale che spetta loro in maniera inequivocabile e che raggiungono rivalutando una tradizione di gentilezza e di passionalità; in tanta letteratura al femminile della prima metà del secolo scorso si è visto spesso sorvolare su questi valori per il tentativo di mettersi alla “pari” con la letteratura maschile impegnandosi nella stessa direzione che rischia di apparire cinica e brutale e – pur attraverso innegabili risultati artistici – rischiando di spogliare la narrativa femminile del fascino della femminilità al quale invece Daisy di Carpanetto tiene evidentemente in maniera particolare.

L’andamento del romanzo è sostenuto dal diario alternato di due donne, la moglie Minù e l’amante Nora, di Renato, uomo ricco e di successo. L’idea, forse non particolarmente originale, tiene tuttavia in piedi la narrazione con grande efficacia, alternando la passione e la disperazione, la tristezza e la speranza. L’uomo rimane confinato in una parte non certo simpatica, cristallizzato nei luoghi comuni che inaridiscono persino la sua già notevole mediocrità, fatta di egoismo e analfabetismo del sentimento. A sparigliare le carte interviene una terza giovane e ingenua donna, cugina della moglie, all’emergere della quale ancora una volta Renato non manca di peggiorare l’immagine squallida che già il lettore se ne era fatta.

La scrittura dell’autrice denuncia tuttavia incertezze, una certa ingenuità, talvolta mancanza di misura, talvolta un eccessivo candore sul piano della lingua. Ma la sincerità e la franchezza con le quali l’autrice dipana le problematiche di psicologia amorosa – certamente in maniera non convenzionale in considerazione del fatto che sono ambientate un secolo fa – non possono che farci apprezzare il suo istinto di donna.

Tra le pagine descrittive spicca quella sul frenocomio di Volterra – che ispira un’angosciosa inquietudine anche ora dopo mezzo secolo di abbandono – dove l’autrice riesce a trasmettere quello che Nora ha provato in quella visita desiderata e ottenuta:

«L’umanità che s’infrange nella tirannica follia è spaventosa. Gli urli acutissimi gettati da bocche voraci, spalancate, urli nati dalla carne sana per un cervello ammalato, riecheggiano ancora nel mio essere che li ha accolti con orgasmo. Non posso dimenticarli. Essi sono rimasti nel mio sangue, nella mia anima, per avvelenarmi e farmi misurare la mia fragilità…»

E, poco oltre, guardando le donne internate:

«Anche del mio amore ho avuto timore quando l’ho inteso giudicare da quelle dementi. Esseri silenziosi come ombre si sono aggirati intorno a me, privi di curiosità: l’anima loro usciva attraverso i lamenti che si confondevano, s’intrecciavano, si moltiplicavano in un’infernale ridda d’angoscia.»

Se oggi ci si può aggirare tra quelle mura quasi in rovina e si individua il polveroso muro sul quale Fernando Nannetti, che lì fu rinchiuso, incise con la fibbia del panciotto le sue poesie, i suoi racconti, le parole di Daisy di Carpenetto restano a fare da atroce sfondo a quelle di Nannetti che, grazie al lavoro di Paolo Miorandi, oggi possiamo leggere nel suo libro edito nel 2022 Nannetti : La polvere delle parole.

A conclusione, un po’ forzata a mio parere, del romanzo Nora racconta a mo’ di apologo una leggenda persiana; in base a questa sembra quindi che la morale sia che per quanto ci si sforzi il vero amore lo perdiamo sempre, persino nell’al di là, senza alcuna via d’uscita.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del libro:

Renato mi ha lasciata da pochi minuti. Se io mi affacciassi alla finestra potrei vederlo camminare nella strada deserta, scura, fredda, forse un poco curvo ed affaticato come tutti gli esseri i quali ritornano a notte tarda nelle case che non li attirano piú. Troverà sua moglie addormentata. Renato mi ha detto ch’ella si assopisce subito, quietamente, per svegliarsi soltanto quando il sole è già alto nella stanza.
Perché mi ha parlato di sua moglie dopo di avermi detto troppe, intense parole di passione?
Egli non l’ama, egli non l’ama piú. Ma il nome di lei, breve piccolo nome creato dall’intimità per l’intimità (si chiama Minú), ritorna spesso sulle sue labbra accanto a quello della sua bambina. Renato pronunzia questi due nomi, sorridendo, senza commozione, con una dolcezza istintiva che forse egli stesso non misura, quasi essi fossero una parte vitale del suo corpo, la sua piú profonda ragione di esistere.
Temo Renato. Per la prima volta da quando sono vedova avverto nitidissima la sensazione del pericolo: questa sensazione mi avviluppa e mi turba.
La nostra antica amicizia si è trasformata all’improvviso in un sentimento torbido, complesso, vibrante di paura e di desiderio, che m’invecchia, mi affatica, rendendomi nemica ogni ora di solitudine. Quando siamo vicini non sappiamo piú scherzare. L’allegria, per incanto, rimane fuori dall’uscio che ci divide dal resto del mondo. Se il riso diventa superfluo l’amore è molto vicino.
Perché ribellarsi?

Scarica gratis: Le due offerte di Daisy di Carpenetto.