Laura Gropallo, scrittrice genovese discendente da antica famiglia locale, collaboratrice per quasi dieci anni con “Nuova Antologia”, sempre tesa a coinvolgere il pubblico femminile nella vita letteraria e culturale – a questo scopo tenne per anni la rubrica “Causeries” sulla rivista “la Chiosa” – scrisse questa bella recensione per La vita ironica di Zuccoli che fu pubblicata sulla rivista “La Cultura” di Ruggero Bonghi (anno XXIII n. 9; 1° ottobre 1904). L’anno precedente Laura Gropallo, autrice anche di due raccolte di racconti, un romanzo e un paio di opere teatrali, aveva pubblicato il suo più importante testo di critica letteraria, Autori italiani d’oggi, che propone uno studio critico interessante e accurato delle opere di Fogazzaro, D’Annunzio, Serao, Verga e Rovetta. Curatrice anche di un epistolario di D’Annunzio.

«Di questi racconti due soli hanno tinte tragiche La terza Volta e La Baracca; gli altri sono frutto di un’osservazione assai più comune e normale. Per tal modo la conclusione che l’A. va traendo dai fatti narrati è alla portata di un numero maggiore di persone, e cade così sotto il controllo di una opinione più generale. Una conclusione, per lo più ironica, cioè in contraddizione con le premesse, ma che appunto per questo risponde alle numerose illogicità dell’esistenza. Del resto il colpire l’assurdo in cui si esplicano la ragione e l’azione umana è frutto dell’indole tutta speciale dello scrittore. Nel racconto In quattro, uno fra i più belli della raccolta, non dà egli forse con molta arguzia la definizione del caso, spiegando ch’esso si concreta nel sarcastico nesso fra minime cause e grandi effetti?

«Sicchè l’antitesi, nasca essa da un cozzo atteso od inaspettato, ma che conduce in ogni modo alle lagrime ed alla distruzione, delizia la mente perspicace a cogliere il legame subdolo e fallace fra due elementi naturalmente discordi fra loro. S’intende che dietro questa tendenza nulla passa all’A. inosservato. Qualunque infinitesimale incidente, è per lui la preziosa radice di un risultato saporito. Con uguale perizia osserva quei moti esterni che per lo più sfuggono inosservati anche a coloro che ne sono pur gli autori; metodo eccellente d’osservazione artistica che ci pone in comunicazione tanto più diretta colle figure dell’A. quanto meno egli si indugia nel descrivere l’intima radice dei loro atteggiamenti, accontentandosi di coglierli a galla, quali la diretta forma di moti interiori.

«Il meccanismo delle sue figure, posto così a fior d’acqua, acquista per tal modo la spontaneità del personaggio vivo, lasciando a noi tutto il piacere di divinare, da’ suoi gesti, il suo modo d’essere, obbligandoci a differire – come accade nella vita – il commento a più tardi, commento omesso appunto dallo scrittore come quello che altera sempre, anche colle più fine intenzioni, la realtà del personaggio, collo sviluppo datogli dalla propria analisi.

«Ad esemplificare la bontà del metodo basterebbe il pranzo da Gastone nell’Ingenuo, di quel Paolo Rottoli così compreso dell’onore inaspettato di sedere ad una mensa signorile.

«Arte fine, ma semplice. Non sarebbe invero possibile indagare e cogliere così direttamente i moti complessi di figure complesse. Questi s’intrecciano e si neutralizzano con troppa rapidità per essere percepiti dallo scrittore nella loro figurazione sensibile. Cosicché una spiegazione sola non essendo possibile, qualunque sembrerebbe arbitraria. Infatti i personaggi dello Zuccoli sono tutti semplici e piani. Nella deliziosa novella Perché Martin Gribaudo, della provincia di Cuneo, non si fece soldato i gesti solo dell’eroe portano a farci capire il suo pensiero primordiale. Invece nel In quattro per dipingere il viaggiatore fine e rattristato dall’orribile scomparsa dell’amico di cui narra le vicende ed il carattere, l’A. è obbligato a molta introspezione. Non basta vederlo per intenderne la natura. Ma non importa, la limitazione volontaria della scelta del genere dei personaggi non diminuisce il nostro piacere. Nella loro ristretta indole essi sono deliziosi. Così semplici sono spontanei, vivi e ritmici, e riflettono quel sentimento di vita che ci delizia come il getto di un’acqua chiara e limpida.

«Del resto l’indole loro materiale, indole che li fa ricercatori del benessere e di una vita facile e felice, non va senza l’innesto di un sentimento più astratto; così la gratitudine per chi gli abbellisce l’esistenza, conduce il povero Rottoli alla morte; non va senza un pensiero di solidarietà per il compagno di un’esistenza gioviale e piacevole (ricordiamo L’Istrice); non va ancora senza un amore per la giustizia, amore che spinge Giorgio a perdonare al servitore ladro… perché tutti per l’amore alla vita bella e buona… rubano qualche cosa.

«E così l’anima essenzialmente ricca dell’artista vero nobilita ed ingrandisce anche una cerchia di cose e d’individui angusti e mediocri.»

Mi pare che Laura Gropallo sintetizzi molto bene, ancora a 120 anni di distanza, questa seconda raccolta di novelle – la prima era stata Morte di Orfeo – evidenziandone sapientemente meriti e limiti. Zuccoli era ormai scrittore noto e affermato; dopo il suo primo romanzo I Lussuriosi, ogni sua opera fu un serio successo letterario.

Si può vedere in queste novelle una sorta di sintesi dell’intera opera di Zuccoli: semplicità di trama senza mai che ci sia caduta di interesse per chi legge; stile limpido, arguzia velata di ironia nella quale non fatica a insinuarsi l’amarezza che a tratti si fa caustica; il tratteggiare sapientemente le persone che in questi racconti agiscono. Raramente in quell’epoca si poteva riscontrare in una raccolta di novelle un sottinteso contenuto filosofico che lascia affiorare un umorismo che possiamo definire moderno ed elegante. Dopo la prima edizione del 1904 – corredata da una bella copertina disegnata da Luigi Bompard – ne sono seguite tra il 1915 (da questa edizione, riveduta dall’autore, è tratto questo e-book) e il 1927 altre quattro, indizio evidente di come il successo letterario di questi racconti non andava scemando nonostante il passare degli anni. In realtà solo il primo, L’ingenuo, e l’ultimo La baracca, hanno il vero respiro della novella. Gli altri sono più schizzi, ma portatori comunque di pagine argute e piacevoli. Dalla prima novella si deduce che non conviene proprio mostrare gratitudine; dall’ultima che gli uomini pensano solo a se stessi, anche se ne va di mezzo la pace di chi, per amore e per colpa loro, ha commesso una pazzia. In conclusione riportiamo le parole di Arturo Lancellotti:

«Nell’insieme La vita ironica è non solo un libro dilettevole, ma, in fondo, utile. Scritto da una penna che sa il fatto suo, si fa leggere, in grazia dello stile scorrevole, del dialogo spigliato e vivace, della lingua corretta, di grandissima buona voglia.»

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del primo racconto L’ingenuo:

‒ Beato chi ti vede! ‒ mormorò Paolo Rottoli, toccando leggermente il braccio di Gastone Valli.
Questi ora fermo all’angolo di via del Tritone, verso piazza Barberini, e, tutto scintillante dalla tuba alle scarpette verniciate, assisteva al passaggio delle carrozze, che salivan la via. Si volse, vide Paolo Rottoli, lo riconobbe immediatamente, ma finse di rimanere dubbioso.
‒ Non so con chi ho il piacere…. ‒ disse a denti stretti.
‒ Paolo Rottoli, ‒ rispose l’altro timidamente. ‒ Paolo Rottoli: siamo stati compagni: ti ricordi?
‒ Ah sì, Paolo Rottoli! ‒ ripetè Gastone, con freddezza e con un rapido sguardo al condiscepolo, che portava un miserabile abito nero a doppio petto, lucido dall’uso, troppo corto, troppo attillato.
Gastone pensò che Paolo gli avrebbe chiesto del denaro, e rivolgendosi ancora verso le carrozze, lasciando Paolo dietro di sè, a un passo di distanza, continuò leggermente:
‒ E che fai a Roma, tu?
‒ Cerco: sono qui a combattere; cerco, insomma.
‒ Ah! ‒ disse freddamente Gastone.
‒ E tu, sempre sulla breccia? ‒ seguitò Paolo, facendosi coraggio. ‒ Sempre di un’eleganza impeccabile….
‒ Sono tornato da Parigi due giorni or sono, ‒ mormorò Gastone con aria distratta. ‒ Come ci si annoia in quella…!

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