La vecchina.
di
Luigi Capuana
tempo di lettura: 8 minuti
C’era una volta un Re molto giovane che voleva prender moglie: però voleva sposare la più bella donna di tutto il mondo. — E se non è di sangue reale? — dissero i ministri.
— Non me ne importa nulla.
— Allora sappiate, Maestà, che la più bella donna di tutto il mondo è la figliuola d’un ciaba. Ma il popolo, che e maligno, potrebbe chiamarla la regina Ciabatta; Maestà, non istà bene. Rifletteteci un po’ meglio.
Il Re rispose:
— Se la figliuola del ciaba è la più bella donna di tutto il mondo, la figliuola del ciaba sarà mia sposa e regina. Andrò a vederla senza farmi conoscere; partirò domani.
Ordinò che gli si sellasse uno del suoi cavalli e, accompagnato da un solo servitore, s’incamminò per quel paese dove il ciaba abitava.
Per via incontrarono una vecchina che domandava l’elemosina.
— Fate la carità! Fate la carità!
Il Re non se ne dava per inteso.
La vecchina ciampicava dietro il cavallo, affannata:
— Fate la carità! Fate la carità!
Il cavallo del Re s’adombrò e urtò la vecchina che cadde per terra.
Il Re, senza punto curarsene, tirò innanzi; ma il servitore, impietosito, scese da cavallo, la sollevò, e, visto che non s’era fatta nulla di male, prese di tasca le poche monete che aveva e gliele mise in mano.
— Vecchina mia, non ho altro.
— Grazie, figliuolo; si vede il buon cuore. Accetta in ricambio quest’anellino di ferro e portalo sempre al dito; sarà la tua fortuna.
Arrivati in quel paese, il Re, accompagnato dal servitore, passò e ripassò davanti la bottega del ciaba, finché non gli riuscì di vedere la bella ragazza che era la più bella di tutto il mondo.
Rimase abbagliato; e, senza por tempo in mezzo, disse al ciaba:
— Io sono il Re: voglio la tua figliuola per moglie.
Il ciaba rispose:
— Maestà, c’è un intoppo. La mia figliuola ha una malìa: è destinata per l’uomo che le farà provare una puntura al dito mignolo appena le abbia rivolto la prima parola. Possiamo provare.
Il Re, a questa notizia, rimase turbato. Oramai era acceso di lei; la voleva sposare ad ogni costo.
— Se questa malìa è la sua buona sorte — poi disse da sé da sé — costei dev’ esser destinata a sposare un regnante.
E, tutto allegro, rispose al ciaba:
— Proviamo.
Il ciaba chiamò la figliuola, senza dirle del Re; e, come questi se la vide dinanzi, restò più abbagliato di prima.
— Buon giorno, bella ragazza.
— Buon giorno, signore.
— Non ti senti nulla? — le domandò suo padre che sarebbe stato felice di vederla regina.
— Nulla; che cosa dovrei sentirmi? Lei ignorava la storia della malìa.
Il povero Re gli parve di morire a quella risposta; e stava per andarsene via, zitto, zitto, quando il servitore, che era rimasto in un canto, credette opportuno di dire sotto voce alla ragazza:
— Badate; è Sua Maestà!
— Ahi! ahi! ahi!
La ragazza cominciò a urlare. Sentiva un’atroce puntura al dito mignolo e scoteva la mano:
— Ahi! ahi!
Figuriamo che viso fece il Re quando capì che quella bella ragazza, la più bella di tutto il mondo, era destinata a quel tanghero del suo servitore!
Prese in disparte il ciaba e gli disse:
— Sta’ zitto. La tua figliuola sarà regina: lascia fare a me.
Tornato al palazzo reale, chiamò il servitore:
— Prima che tu sposi la figliuola del ciaba, devi rendermi un servizio: mi fido soltanto di te. Porterai questa lettera al re di Spagna e prenderai la risposta. Ma nessuno deve sapere, dove tu vada e perché.
— Maestà, sarà fatto.
Prese la lettera e partì.
A metà di strada incontrò quella vecchina.
— Dove vai, figliuolo mio?
— Dove mi portan le gambe.
— Ah, poverino! Tu non sai quel che ti aspetta! Quella lettera è un tradimento; se tu la presenti al re di Spagna, sarai subito ammazzato. Portagli invece quest’altra qui: farà un altro effetto.
Allora lui prese la lettera della vecchina e quella del Re la buttò via. Ringraziò e proseguì il suo viaggio.
Era già passato un anno e non s’era saputo nuova di lui.
Il Re tornò dal ciaba e disse alla ragazza:
— Quell’omo dev’esser morto. È già passato un anno e non si sa nuova di lui. Il meglio che possiamo fare è lo sposarci noialtri.
— Maestà, come voi volete.
Il Re fece fare i preparativi delle nozze<, e, quando fu quel giorno, andò, insieme ai ministri, a rilevare la sposa con la carrozza di gala. In casa del ciaba trovarono una granata ritta in mezzo alla stanza; e il Re disse ai ministri: — Ecco Sua Maestà la Regina! I ministri si guardarono in viso, stupefatti, ma non osarono di rispondergli. — Maestà, questa qui è una granata! Il Re in quella granata ci vedeva la sposa, la figliuola del ciaba, la più bella ragazza di tutto il mondo: e, presala pel manico (lui credeva di prenderla per la mano) la portò in carrozza e cominciò a dirle mille cose. I ministri erano costernati, e si sussurravano all’orecchio: — Che disgrazia! Il Re è ammattito! Il Re è ammattito! Prima di arrivare in città, dove il popolo aspettava l’entrata della regina, si fecero coraggio e uno di loro gli disse: — Maestà, perdonate!… Ma questa qui e una granata! Il Re montò sulle furie; la prese per un’offesa alla regina. Fece fermare la carrozza e ordinò ai soldati che legassero quell’impertinente alla coda d’un cavallo e così lo trascinassero fino al palazzo reale. Gli altri, vista la mala parata, stettero zitti. E il Re, giunto al palazzo reale, si affacciò al balcone per mostrare al popolo la regina: — Ecco la vostra regina! Ma appena detto questo, gli cadde come una benda dagli occhi, e si vide lì colla granata in mano, mentre tutto il popolo rideva, perché Sua Maestà pareva proprio uno spazzino. Con chi prendersela? La colpa era della sua cattiva stella e di quella malìa della ragazza! Ma intanto lui più s’incaponiva ad averla per moglie. E visto che il servitore era tornato sano e salvo, pensò che la ragione doveva essere che costui fosse ancora in vita. Lo chiamò e gli domandò: — Che rispose il re di Spagna? — Maestà, il re di Spagna rispose:
Fai, fai, fai,
Non l’hai avuta e non l’avrai.
Il Re fece finta di esser contento della risposta e disse:
— Va bene.
Chiamò un vecchio Mago e gli raccontò la cosa:
— Come va questa faccenda?
— Maestà, rispose il Mago; la faccenda è piana. Quel servitore possiede l’anello incantato della Fata-Regina. Finché lo avrà al dito, riuscirà vano qualunque tentativo di sbarazzarsi di lui. Bisogna trovare un’astuzia per levargli via quell’anello: la forza non vale.
Pensa e ripensa, un giorno il Re, accortosi che quel servitore era tutto sudato dal gran lavorare che aveva fatto :
— Vien qua — gli disse — vo’ darti un bicchiere del mio vino: te lo meriti.
Quel vino era conciato coll’oppio, e il servitore, appena l’ebbe bevuto, cadde in un profondo sopore.
Sua Maestà gli cavò l’anello dal dito, se lo mise al suo, e così andò a presentarsi alla figliuola del ciaba.
— Buon giorno, ragazza.
— Ahi! ahi! ahi!
La ragazza cominciò a urlare; sentiva un’atroce puntura al dito mignolo e scoteva la mano:
— Ahi! ahi!
Ora la cosa andava bene; e il Re ordinò di bel nuovo i preparativi per le nozze. E quando fu quel giorno, andò a rilevare la sposa colla carrozza di gala.
Al palazzo reale, disse il Re alla Regina:
— Maestà, questo è il vostro appartamento.
E la figliuola del ciaba prese possesso del suo magnifico appartamento.
Ma, poco dopo, quando il Re volle andare a vederla, gira di qua, rigira di là, non trovava l’uscio, e vedeva scritto sui muri:
Fai, fai, fai,
Non l’hai avuta e non l’avrai.
La Regina veniva ai ricevimenti di corte, veniva nella sala da pranzo dove c’erano molti invitati, e poi si ritirava nel suo appartamento.
Il Re voleva andare a vederla, ma, gira di qua, rigira di là, non trovava mai l’uscio, e vedeva sempre scritto sui muri:
Fai, fai, fai,
Non l’hai avuta e non l’avrai.
Era disperato; e siccome era pieno di superbia e di vanità, non diceva nulla a nessuno per non sentirsi canzonare.
Quel povero uomo del servitore, appena aperti gli occhi, dopo un sonno di due giorni, si era subito accorto che gli era stato rubato l’anello; ed era andato via dal palazzo reale, piangendo la sua sventura.
Uscito fuori le porte della città, avea trovato la vecchina:
— Ah, vecchina mia, mi hanno rubato l’anello.
— Non t’angustiare; non è nulla. Quando il Re avrà sposato, appena la Regina sarà entrata nel suo appartamento, pianta questo chiodo sulla soglia dell’uscio, e vivi tranquillo.
Per ciò il Re non trovava mai l’uscio quando voleva entrare nelle stanze della Regina. C’era quel chiodo, piantato lì che lo impediva.
Il Re, che si sentiva scoppiare dalla rabbia, fece chiamare nuovamente il Mago e gli raccontò in segreto ogni cosa.
— Come va questa faccenda?
— Maestà, la faccenda è piana. Quell’uomo ha avuto il chiodo incantato dalla Fata-Regina e l’ha piantato sulla soglia. Questa volta, Maestà, non c’è astuzia che valga, e voi rimarrete sempre un ammogliato senza moglie.
— Ma che offesa le ho io fatto a cotesta Fata-Regina? Non la conosco neppur di vista.
— No, Maestà. Vi rammentate d’una vecchina che vi domandava l’elemosina quel giorno che voi andavate la prima volta dal ciaba? Vi ricordate che la urtaste col cavallo e che cadde per terra?
— Sì.
— Era lei, la Fata-Regina.
Il Re si persuase che con una Fata lui non ce ne avrebbe potuto, e si rassegnò a prendersi in isposa una bella ragazza, sì, ma non la più bella di tutto il mondo; come lui pretendeva.
Cedette la figliuola del ciaba al suo servitore, e, per giunta, gli regalò una gran dote e lo fece intendente di casa reale.
Lui, dopo, sposò la figliuola del re di Francia e visse felice ed ebbe molti figliuoli.
E noi restiamo come tanti piuoli.
Fine.
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QUESTO E-BOOK:
TITOLO: La vecchina. Fiaba
AUTORE: Luigi Capuana
DIRITTI D'AUTORE: no
LICENZA: questo testo è distribuito con la licenza specificata al seguente indirizzo Internet:
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TRATTO DA: Giornale per i bambini / diretto da Ferdinando Martini ; [poi] da C. Collodi. – Roma : [Tipografia del Senato], 1881-1883.
SOGGETTO: JUV038000 FICTION PER RAGAZZI / Brevi Racconti