Apparsa a metà del 2015 in una galassia lontana 3,8 miliardi di anni luce, la supernova SN 2015L ha battuto tutti i record, raggiungendo un picco di luminosità superiore alla luce combinata di 570 miliardi di Soli.
Con un telegramma astronomico del 16 giugno 2015, veniva annunciata alla comunità scientifica la scoperta, avvenuta due giorni prima, di una sorgente transitoria («a transient source»), che si sarebbe poi rivelata la supernova più luminosa tra tutte quelle finora osservate.
Alla nuova sorgente fu attribuito il nome di ASASSN-15lh, in base al suo ordine cronologico all’interno della All Sky Automated Survey for SuperNovae (ASASSN), una scansione robotica del cielo avviata nel 2013 e tuttora in corso. Ogni notte due batterie di telescopi da 14 cm, dislocati in due sedi diverse ed equipaggiati con potenti sensori, scandagliano circa 20.000 gradi quadrati di volta celeste fino alla 17ª magnitudine. Al 19 gennaio 2016, la survey ha prodotto un catalogo di ben 278 supernovae.
Un evento difficile da classificare
ASASSN-15lh, la sorgente scoperta il 14 giugno 2015, si trovava approssimativamente 0,04 arcosecondi a Sud e 0,41 arcosecondi a Est del centro della galassia ospite, l’impronunciabile e irricordabile APMUKS(BJ) B215839.70-615403.9. Di questa galassia non si conosceva lo spostamento verso il rosso e non si sapeva, pertanto, quale fosse la sua distanza dalla Terra. Era sconosciuta, di conseguenza, anche la distanza della probabile supernova in essa apparsa.
Ricostruendo all’indietro la storia delle osservazioni, si risalì alla prima apparizione della sorgente transitoria, che era avvenuta l’8 maggio 2015. In quell’occasione era stata registrata una magnitudine visuale apparente di 17,39 ± 0,23: una luminosità circa 35.000 volte inferiore al più debole oggetto visibile a occhio nudo.
Dopo la scoperta, ASASSN-15lh cominciò ovviamente a essere monitorata con continuità. Fu così possibile seguire con precisione l’evoluzione della sua curva di luce e stabilire che il picco di massima luminosità era stato raggiunto il 5 giugno 2015, con una magnitudine visuale apparente di 16,9 ± 0,1.
Intanto i ricercatori avevano cominciato ad acquisire spettri dell’oggetto, necessari per cercare di capire con che cosa avessero a che fare e a quale distanza si trovasse dalla Terra.
Lo spettro ottico ottenuto il 15 giugno 2015 col telescopio du Pont da 2,5 metri dell’osservatorio cileno di Las Campanas appariva quasi del tutto privo di caratteristiche, a parte una profonda, ampia riga di assorbimento in corrispondenza della lunghezza d’onda di 5100 Ã… nel sistema di riferimento dell’osservatore terrestre. Il software usato per confrontare lo spettro con quello della maggior parte dei tipi noti di supernova non diede nessun risultato: la classificazione della sorgente era dunque ancora in alto mare.
Poi venne la svolta. Il team di ricercatori che studiava l’oggetto notò un’evidente somiglianza tra la gola a 5100 Ã… nello spettro di ASASSN-15lh e un’analoga caratteristica nello spettro di SN 2010gx, una precedente supernova classificata come SLSN-I.
La sigla SLSN indica le supernovae super-luminose, una rara tipologia di cui si è avuta evidenza solo in anni recenti, caratterizzata da una luminosità nettamente maggiore di quella delle comuni supernovae. Si considerano appartenenti a questa classe le supernovae che raggiungono in ogni banda dello spettro una magnitudine assoluta minore di -21 (si ricordi che il sistema delle magnitudini funziona al contrario: numeri minori indicano luminosità maggiori).
Esistono tre tipi di supernovae superluminose. Le SLSN-I, a cui appartiene SN 2010gx, si distinguono per la mancanza di firme spettrali dell’idrogeno. Quali meccanismi fisici siano all’origine di questo tipo di supernova non è ancora chiaro. Ciò che si sa è che le poche supernovae classificate in questa categoria tendono a esplodere all’interno di galassie nane caratterizzate da bassa luminosità e alti ritmi di formazione stellare.
La caratteristica che rendeva lo spettro di ASASSN-15lh somigliante a quello di SN 2010gx corrispondeva alla riga di assorbimento dell’ossigeno ionizzato (O II), che, nel sistema di riferimento di SN 2010gx, si trovava alla lunghezza d’onda di 4100 Ã…. Poiché lo spostamento verso il rosso associato alla posizione di questa riga spettrale equivale approssimativamente a 0,23 (z ∼ 0,23), se ASASSN-15lh fosse stata una supernova SLSN-I come SN 2010gx, allora il suo spostamento verso il rosso sarebbe stato anch’esso intorno a 0,23; simile a quella supernova sarebbe stata, di conseguenza, anche la sua distanza dalla Terra.
La conferma di questa congettura si ebbe con l’acquisizione di altri spettri da parte dei grandi telescopi terrestri SALT e Magellano.
Le righe di assorbimento del magnesio ionizzato (Mg II) e altre caratteristiche spettrali permisero di confermare che lo spostamento verso il rosso di ASASSN-15lh era esattamente z = 0,2326. Tra giugno e settembre 2015 furono poi acquisiti degli spettri anche con il telescopio spaziale Swift. La distribuzione dell’energia spettrale nelle sei bande osservate da Swift, estese dal visibile all’ultravioletto, aveva il suo picco nell’ultravioletto e ciò dimostrava che la sorgente doveva essere molto calda.
L’evoluzione della curva di luce, le caratteristiche spettrali e la temperatura indicavano concordemente che si trattava di una supernova superluminosa di tipo SLSN-I. Il «transiente» ASASSN-15lh diventava dunque ufficialmente la supernova SN 2015L, come riportato nello studio dedicato alla scoperta, pubblicato su Science il 15 gennaio 2016.
Tutti i numeri della supernova
Dall’entità dello spostamento verso il rosso, usando i valori cosmologici definiti dai recenti risultati della missione del satellite Planck, si risalì alla distanza: SN 2015L era esplosa a 1171 Mpc (megaparsec) dalla Terra, una distanza corrispondente a 3.819 milioni di anni luce. Per confronto, la galassia più vicina, Andromeda, dista da noi circa 2,5 milioni di anni luce. Quella che stava arrivando ai telescopi terrestri a partire dalla metà del 2015 era la luce di un evento accaduto poco meno di 4 miliardi di anni fa, cioè agli albori della storia del sistema solare, in una galassia lontana oltre 1500 volte più di Andromeda!
C’erano ormai dati sufficienti per ricavare la luminosità intrinseca della supernova, che si rivelò stupefacente. I ricercatori calcolarono che nell’arco di 108 giorni SN 2015L aveva irradiato complessivamente, in tutte le lunghezze d’onda, qualcosa come (1,1 ± 0,2) x 10âµÂ² erg/s: un’energia, cioè, pari a circa 2,9 miliardi di miliardi di volte la luminosità solare. O, per usare un altro paragone, 8,6 volte l’energia totale che il Sole avrà irradiato al termine dei dieci miliardi di anni della sua sequenza principale.
Al suo picco, la supernova aveva raggiunto una luminosità bolometrica – comprendente cioè tutte le frequenze dello spettro – pari ad almeno (2,2 ± 0,2) x 1045 erg/s: come dire 220 sestilioni di watt o, il che è lo stesso, 570 miliardi di volte la luminosità del Sole (o, anche, circa 20 volte la luminosità totale della Via Lattea). Ed è solo il limite inferiore dell’energia emessa, perché non conosciamo la misura della possibile estinzione della luce della supernova, causata dalla galassia in cui avvenne l’esplosione.
Naturalmente anche la magnitudine assoluta, che è un altro modo di rappresentare la luminosità intrinseca di un oggetto, raggiunse con SN 2015L un livello senza precedenti, toccando al suo picco il valore record di -23,5 ± 0,1. Ciò vuol dire che, se questa supernova fosse esplosa a 10 parsec di distanza dalla Terra (la distanza convenzionale alla quale si fanno corrispondere le magnitudini assolute), sarebbe apparsa nel cielo come un astro luminosissimo, visibile non solo in pieno giorno, ma in grado quasi di competere con il Sole. La sua luminosità ci sarebbe apparsa, infatti, solo 20 volte minore di quella solare. Per avere un’idea della potenza di un simile fenomeno, basti pensare che Sirio, la stella più luminosa visibile dalla Terra, si trova a poco più di 1/4 della distanza convenzionale di 10 parsec, ma, con una magnitudine apparente di -1,46, ci appare ben 13 miliardi di volte meno luminosa del Sole. Ed ovviamente non è visibile di giorno, se non in particolari occasioni e con l’aiuto di un binocolo.
La luminosità bolometrica e la magnitudine assoluta di SN 2015L rendono questa supernova unica anche all’interno della ristretta classe delle supernovae super-luminose. Gli autori dello studio pubblicato su Science annotarono in proposito: «Entrambi i valori sono senza precedenti rispetto a qualsiasi supernova registrata in letteratura». E aggiunsero poco più avanti:
«La stretta corrispondenza spettrale e le somiglianze in temperatura, luminosità ed evoluzione del raggio tra ASASSN-15lh ed alcune SLSN-I portano alla conclusione che ASASSN-15lh sia la supernova più luminosa finora scoperta».
Il raggio a cui fa riferimento il brano riportato è il raggio di un corpo nero ideale, in grado di emettere isotropicamente la stessa quantità di energia emessa dalla supernova come sola funzione della temperatura e non della forma o della composizione del corpo. Gli autori calcolarono che un simile corpo nero ideale avrebbe dovuto avere, in corrispondenza del picco di luminosità di SN 2015L, un raggio di circa 5 x 10¹ⵠcm, corrispondente a circa 50 miliardi di km (gli astronomi hanno l’eccentrica abitudine di esprimere in centimetri grandezze che si misurano sulla scala del sistema solare). Si tratta di una sfera con un raggio pari a quasi 10 volte l’attuale distanza della sonda New Horizons dal Sole!
Cosa accadde realmente in quella lontana galassia?
Un altro particolare che rende unica questa supernova è la galassia in cui esplose. A meno che SN 2015L non si trovasse in una galassia nana invisibile dalla Terra, situata prospetticamente davanti ad APMUKS(BJ) B215839.70-615403.9, quest’ultima non è una galassia nana e non mostra neppure un alto ritmo di formazione stellare. Manca cioè delle due caratteristiche peculiari che accomunano le poche supernovae SLSN-I note.
Secondo i dati osservativi ricavati dai ricercatori, la galassia in cui esplose la nostra supernova è invece massiccia e addirittura più luminosa della Via Lattea. Il suo raggio effettivo, cioè il raggio del volume interno da cui proviene la metà della luminosità complessiva, è stato calcolato in 2,3 ± 0,3 kiloparsec (7.830 anni luce ± 1.000). La massa è stata stimata in circa 200 miliardi di masse solari, mentre la magnitudine assoluta nella banda K dell’infrarosso risulta pari approssimativamente a -25,5.
Le insolite caratteristiche della galassia ospite contribuiscono a infittire il mistero intorno a SN 2015L. Quale meccanismo fisico provocò una simile deflagrazione? Non fu l’impatto con un mezzo interstellare denso, ricco di idrogeno e di elio, perché negli spettri della supernova mancano le firme caratteristiche di questi due elementi.
Con molta probabilità non fu neppure il decadimento radioattivo del nichel-56, che è la sorgente di energia tipica delle supernovae Ia. Questo isotopo del nichel, prodotto dalla fusione del silicio nel corso del processo che genera la supernova, decade in cobalto-56 con tempi che non coincidono con il declino della luminosità delle supernovae SLSN-I. Inoltre la quantità di nichel-56 che sarebbe stata necessaria per spiegare l’energia emessa da SN 2015L al suo picco di luminosità è superiore alle 30 masse solari: una quantità così immensa da rendere poco plausibile che sia stato il decadimento radioattivo di questo elemento ad aver alimentato l’esplosione.
L’ultima carta che restava ai ricercatori per spiegare il picco di energia raggiunto da SN 2015L era la congettura che la supernova avesse tratto la sua enorme potenza dal frenamento della velocissima rotazione di una magnetar, una stella di neutroni dotata di un potentissimo campo magnetico, generata dal collasso gravitazionale di una stella di grande massa. Secondo l’ipotesi formulata dagli autori della ricerca, l’energia irradiata da SN 2015L potrebbe essere spiegata dalla completa conversione in energia radiante del frenamento di una magnetar con una velocità di rotazione non superiore a 1 millisecondo e un campo magnetico nell’ordine dei 100.000 miliardi di gauss. Ma anche questa congettura è in certa misura sforzata, perché una parte consistente dell’energia rotazionale di una magnetar con un periodo inferiore a 1 millisecondo sarebbe dissipata attraverso l’emissione di onde gravitazionali.
Al termine di tutte queste considerazioni, l’unica certezza è che le nostre attuali conoscenze non sono in grado di spiegare esattamente il meccanismo fisico che produsse l’immane deflagrazione di SN 2015L. Da ciò nasce la domanda se l’evento osservato fu davvero l’esplosione di una supernova super-luminosa. E la risposta è – per quel che ne sappiamo – sì. Il team di ricercatori ha analizzato infatti i due soli scenari alternativi possibili, escludendoli entrambi.
Una prima ipotesi alternativa era che la luce della supernova fosse stata amplificata da una lente gravitazionale, creata da un oggetto massiccio interposto tra la sorgente e noi. Ma due elementi rendono non credibile questo scenario:
- il basso spostamento verso il rosso dell’evento;
- la coincidenza tra lo spostamento verso il rosso della sorgente e quello della lente putativa (ricavato dalla posizione delle righe spettrali del magnesio ionizzato).
In altre parole, la luce della supernova non può essere stata amplificata da una lente gravitazionale, almeno non significativamente, perché l’evento si è verificato a una distanza troppo breve dalla Terra. Inoltre, l’analisi spettrale indica che lente e sorgente si troverebbero alla stessa distanza, il che rende ancor più improbabile questa ipotesi di spiegazione.
Il secondo scenario alternativo è che la sorgente transitoria osservata dalla Terra sia stata causata dalla distruzione mareale di una stella da parte di un buco nero supermassiccio annidato nella galassia ospite. Ma anche questa possibilità si rivela, alla fine, poco spendibile. La ragione principale è che tutti gli eventi noti di distruzione stellare rivelano all’analisi spettrale varie combinazioni di righe di emissione dell’idrogeno e dell’elio, ampie e ben individuabili; righe che sono, invece, completamente assenti negli spettri di ASASSN-15lh. L’unica spiegazione possibile per una simile assenza è che l’oggetto «mangiato» dal buco nero fosse una stella di Wolf-Rayet, giunta al momento fatale già privata in qualche modo dei due elementi. Ma contro questa ulteriore ipotesi «remano» altri due fattori:
- l’evoluzione della distribuzione dell’energia spettrale nella banda ottica e nell’ultravioletto in un evento di distruzione stellare segue un declino più lento e differente da quello osservato nel caso di ASASSN-15lh;
- gli eventi di distruzione stellare attualmente noti sono collegati per lo più a buchi neri supermassicci di taglia, per così dire, ridotta. Ma una galassia compatta e antica come quella in cui si verificò l’esplosione è molto probabile che ospiti, invece, un buco nero supermassiccio di taglia XL (ci si passi il paragone azzardato), cosa che aumenta l’improbabilità di una simile spiegazione.
In conclusione, non ci sono elementi sufficienti per attribuire l’origine della sorgente transitoria ASASSN-15lh a qualcosa di diverso da una supernova. I dati disponibili indicano, invece, concordemente che si è trattato di una supernova super-luminosa di tipo SLSN-I. Una supernova, come abbiamo visto, unica nel suo genere, in grado di produrre la più potente emissione di energia mai registrata dalla letteratura scientifica. Così potente che gli astronomi non riescono, almeno per ora, a comprendere esattamente il meccanismo che l’ha generata.
Michele Diodati scrive sul blog astronomico Media Meraviglia.