(voce di SopraPensiero)

Ci sono personalità del mondo della scienza appartenenti al passato che lasciano noi moderni – ormai assuefatti alla faziosità spesso facinorosa di certi personaggi del mondo mediatico della divulgazione scientifica – senza fiato per la lucidità e la sintesi con le quali erano capaci di offrire la loro lezione sul metodo della ricerca (che tanti di quei moderni, appunto, sembrano non aver appreso affatto). È il felice caso di Henri Poincaré e del suo La scienza e l’ipotesi, recentemente ristampato da Dedalo in una nuova edizione in occasione del centenario della morte dell’autore, ricorso nel 2012, che si impone al lettore con considerazioni come questa, a proposito dell’ipotesi: «Queste ultime si incontrano soprattutto in matematica e nelle scienze che ad essa fanno riferimento. È esattamente da lì che le scienze traggono il loro rigore; quelle convenzioni sono opera della libera attività del nostro intelletto che, in questo campo, non conosce ostacoli. Lì, il nostro intelletto può affermare perché decreta; ma occorre intendersi; tali decreti si impongono alla nostra scienza che, senza di essi, sarebbe impossibile; non si impongono alla natura».
Ovvero: la fisica – per quanto ben fondata, benvenuta e benemerita – non coincide con la realtà; la fisica non è la visione del mondo, ma una visione del mondo, e nemmeno la prima: «L’esperienza è la sorgente unica della verità: essa sola può insegnare qualcosa di nuovo, essa sola può darci la certezza».
In più, la fisica costruisce modelli i quali – lungi dall’essere la «riproduzione fedele» della realtà, come vorrebbe un certo scientismo – stanno alla realtà come la diagnosi medica sta al quadro sintomatico del paziente (e non alla realtà del paziente tout court). Ecco perché Poincaré, ancora a proposito dell’esperienza (e dell’eterna illusione di poter un giorno attingere la «cosa in sé»), può scrivere: «Non potremmo accontentarci della mera esperienza? Questo è impossibile. Equivarrebbe a disconoscere completamente il carattere vero della scienza. Lo scienziato deve fare ordine: la scienza si fa con i fatti così come una casa si fa con i mattoni, ma l’accumulazione dei fatti non è scienza più di quanto un mucchio di mattoni non sia una casa».
Un messaggio di grande fascino e di grande attualità, nell’ambito di un dibattito scientifico asfissiato dall’autocelebrazione e dal prometeismo. In una bella edizione Dedalo con sovraccoperta e la Prefazione di Piergiorgio Odifreddi.


Jules Henri Poincaré, La scienza e l’ipotesi, ed. Dedalo, 1989-2012, pp.230, euro 16. Prefazione di P. Odifreddi.

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Paolo Calabrò
Laureato in scienze dell'informazione e in filosofia, gestisco il sito ufficiale in italiano del filosofo francese Maurice Bellet. Ho collaborato con l'Opera Omnia in italiano di Raimon Panikkar. Sono redattore della rivista online «Filosofia e nuovi sentieri» e membro dell'associazione di scrittori «NapoliNoir». Ho pubblicato in volume i saggi: – Scienza e paranormale nel pensiero di Rupert Sheldrake (Progedit, 2020); – Ivan Illich. Il mondo a misura d'uomo (Pazzini, 2018); – La verità cammina con noi. Introduzione alla filosofia e alla scienza dell'umano di Maurice Bellet (Il Prato, 2014); – Le cose si toccano. Raimon Panikkar e le scienze moderne (Diabasis, 2011) e 5 libri di narrativa noir: – Troppa verità (2021), romanzo noir di Bertoni editore (2021); – L'albergo o del delitto perfetto (2020), sulla manipolazione affettiva e la violenza di genere, edito da Iacobelli; – L'abiezione (2018) e L'intransigenza (2015), romanzi della collana "I gialli del Dio perverso", edita da Il Prato, ispirati alla teologia di Maurice Bellet; – C'è un sole che si muore (Il Prato, 2016), antologia di racconti gialli e noir ambientati a Napoli (e dintorni), curata insieme a Diana Lama.