(voce di SopraPensiero)

 

Pensata e scritta tra il 1834 e il 1837, data della prima pubblicazione, La Rivoluzione Francese segna la svolta decisiva del pensiero del suo autore in direzione storico politica, con la convinzione, che in lui prendeva sempre più consistenza, di essere interprete di un messaggio mistico e profetico per la propria epoca devastata dal liberalismo irreligioso. La rivoluzione francese viene quindi giudicata secondo le sue simpatie e antipatie, con uno stile che non rinuncia a incoraggiare, esaltare, gemere e imprecare, come fosse vero attore di quella che lui vede soprattutto come tragedia.

Questo primo volume si apre con una descrizione intensa della Francia sotto Luigi decimoquinto. Fin dall’inizio si constata come l’autore veda i “credenti” nell’Enciclopedia e in Rousseau in parallelo ai credenti nella Bibbia e in Gesù Cristo, rimpiangendo ovviamente questi ultimi. Nei primi capitoli viene presa in esame la politica economica di Lomenie e la narrazione di questo volume giunge fino alla rivolta delle donne dove l’autore comincia a tratteggiare la figura di Mirabeau con stupende pagine sul suo carattere e la sua influenza. In Mirabeau l’autore vede la figura dell’“eroe”, il che gli consente di iniziare ad applicare nello studio della Rivoluzione francese la sua concezione della storia universale come una sequenza di biografie degli “eroi” che da soli creano le epoche storiche.

Il volume si apre con una lettera di congratulazioni di Ferdinando Martini alla traduttrice Ernestina D’Errico Ciccotti per come sia riuscita nella difficile impresa di riprodurre in lingua italiana lo stile mistico e immaginifico dell’autore, e con un saggio di Cherbuliez su Carlyle.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del libro:

Il Presidente Hénault, osservando a proposito dei soprannomi di onore dati ai re, come sia spesso difficile non solo ricercarne l’origine, ma anche l’epoca in cui furono conferiti, prende occasione, nella sua ufficiale forbita maniera, di fare una riflessione filosofica.
«Il soprannome di Bien-aimé (Benamato)», egli dice, «che porta Luigi XV, non lascerà la posterità nello stesso dubbio. Mentre questo Principe, nell’anno 1744, percorreva dall’un capo all’altro il suo regno sospendendo le sue conquiste delle Fiandre per volare in aiuto dell’Alsazia, dovette far sosta a Metz preso da una malattia, che minacciò di por fine ai suoi giorni. A tal nuova tutta Parigi, in preda al terrore, parve una città presa d’assalto: le chiese echeggiavano di suppliche e di gemiti, le preghiere dei preti e del popolo erano ad ogni momento interrotte da frequenti singulti. Fu a seguito d’un interessamento così caro e tenero che ebbe origine il soprannome di Bien-aimé, titolo più insigne di quant’altro questo gran Principe abbia mai guadagnato».
Così è scritto, a durevole memoria di quell’anno 1744. Intanto, altri trent’anni sono venuti e andati; questo «gran Principe» di nuovo giace infermo; ma, in quali mutate circostanze ormai! Le chiese più non echeggiano di eccessivi gemiti; Parigi è stoicamente calma; i singhiozzi non interrompono più le preghiere, che anzi non vengono neppure offerte, se si eccettuino le litanie dei preti dette o cantate a un tanto l’ora, e queste non ammettono interruzioni.

Scarica gratis: La Rivoluzione Francese di Thomas Carlyle.