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(voce di SopraPensiero)
Pubblicato sulla «Rivista d’Italia» nel 1902 e poi in opuscolo, questo breve studio raffronta la malinconia che pervade l’opera di Petrarca con il dolore di altri autori, in particolare del Leopardi, per concludere che nell’autore dei Trionfi la malinconia è mezzo per lenire l’angoscia dello spirito, mentre lo sconforto del Leopardi non può portare ad altra conclusione che la vita in sé sia un male.
Certamente alcuni momenti della vita del Petrarca lo portarono a uno struggimento, ad un abbandono e a una dedizione perfetta. Ammirato da Ronsard, da Shakespeare, dallo stesso Leopardi, tutti questi autori si commuovono di fronte alla capacità petrarchesca di coniugare tanta felicità a tanto dolore.
Sinossi a cura di Paolo Alberti
Dall’incipit del libro:
L’estrema, morbosa sensibilità, la debol tempra dello spirito, irresoluto sempre, “solo nell’incostanza mirabilmente costante,” l’incontentabilità naturale, la natìa mitezza e tenerezza, l’esplorazione continua della propria coscienza, l’abito della riflessione, che atterra i fantasmi non appena evocati e condisce di veleno ogni piacere, hanno generato nel Petrarca una malinconia sua particolare, ignota fino allora all’anima del mondo poetico dell’età media.
In verità la Fortuna a pochi fu larga de’ suoi doni quanto al Petrarca. Per un po’ di durezza e rigidezza che esperimentò da una donna amata, vagheggiata e idealizzata senza fine, quanti favori non ebbe egli mai in una lunga vita ch’egli, quasi a risarcire la sorte della generosità sua, volle colmare d’affanni e di angosce. Desiderava amore, e fu come quant’altri mai amato ed accarezzato. Desiderava la gloria, e salì in tanta fama da essere considerato poco meno che una divinità in terra. I Romani lo coronano in Campidoglio. Da quell’alto seggio dove i contemporanei l’avevan posto, non lo smuovono i posteri, non avvizzì la morte l’alloro che imperituro gli posa sul capo. Per secoli, e dovunque, le sue rime d’amore sono l’amoroso codice che ogni vate consulta. In patria e fuori il Petrarca non trovò alle mire sue l’ombra di un contrasto. Come su Laura piovevano fiori dal cielo, piovevano sul suo capo tutti gl’imaginati beni di fortuna. Quelle acute spine che hanno insanguinato il cuore di Dante, il grand’esule infelice, non lo feriscono mai; quand’egli si avvicina ad esse, d’improvviso e come per incanto, torcono la punta e si vestono di rose.
Scarica gratis: La malinconia del Petrarca di Arturo Farinelli.