In questo terzo volume di Letteratura della nuova Italia sono racconti saggi scritti tra il 1903 e il 1911 riguardanti autori attivi negli ultimi decenni del XIX secolo e nei primi anni del XX. Croce in questo volume pone con ancor maggior decisione l’accento sulle proprie idee di estetica che divengono un vero e proprio spartiacque per separare ciò che “vale” da ciò che è da rigettare in toto o in parte. Gli acuminati vertici di asprezza sono raggiunti parlando di Ruggero Bonghi, che viene stroncato con grande durezza, ma, mi pare, più per i suoi atteggiamenti di «spocchia adulatrice dell’ambiente monarchico» che per una reale pochezza. Nelle ultime righe del saggio su Bonghi vengono salvate dalla mannaia crociana le Lettere Critiche, libretto giovanile dell’autore. D’Ovidio viene posto in ridicolo – certamente giocando sul fatto che nelle sue dissertazioni non era certo sintetico… – e pur riconoscendogli competenza in dottrina filologica, Croce lo boccia in pratica su tutta la linea:
«Come all’arte, cosí era anche indifferente o avverso a ogni profondo studio della filosofia e della storia, della vita religiosa, politica e morale, non aperto alle tempeste che queste sogliono suscitare. D’altro canto, possedendo esso lo strumento della forma (cioè, la forma ridotta a strumento), essendo assai esperto dei segreti dello stile e del lessico italiano, provava il bisogno di esercitare questa sua perizia; e discettava perciò, secondo le occasioni, di storia e di politica, di arte e di religione, di filosofia e di morale, ossia di tutte quelle cose che non l’avevano mai profondamente interessato; ne discettava, tenendosi sulle generali, o ripetendo comuni e applauditi pregiudizî, o girandolando intorno alle cose. Ma la sua naturale disposizione d’animo, la sua verace tendenza, si manifestava a pieno, quando gli accadeva di toccare una sorta di questioni, che si chiamano questioni accademiche (in significato diverso dal ciceroniano), e che sono appunto questioni di particolari sciolti dal loro nesso e privati perciò del loro valore di relazione.»
Celebri le pagine su Montefredini, «uno scrittore che ha del maniaco»; certamente l’opera di storico di Montefredini non è tra le più memorabili, ma agli occhi di Croce ebbe soprattutto il difetto di essersi sforzato di vedere – forse con risultati non eccelsi – la caduta dell’impero romano e le fasi storiche successive alla luce di una filosofia positivistica che Croce non poteva affatto condividere. Per cui Montefredini resta soprattutto un «mattoide»; nella nota biobibliografica che chiude il volume Croce cita tuttavia il saggio di Corrado Barbagallo, storico di professione, e che di Montefredini parla in termini certamente più obiettivi e pacati, badando alla concretezza degli aspetti storici dei suoi lavori piuttosto che sommergerlo sotto un mare di sarcasmo, abbastanza facile del resto, constatata l’evidente eccentricità del personaggio.
Il volume si apre con un interessante saggio su Verga che si svolge partendo dai romanzi giovanili dell’autore siciliano; di questi Croce mette in evidenza soprattutto i limiti che sono quelli derivati dall’evidente ispirazione proveniente dai “Feuilleton”; addentrandosi poi nella trattazione del verismo il saggio diviene di grande interesse. Anche ad Oriani si guarda con una certa indulgenza, mettendone in luce la grande versatilità e sottolineando la coerenza delle sue scelte filosofiche e letterarie. Altri autori analizzati sempre con grande acutezza e rispetto in questa raccolta di saggi critici sono Capuana, Serao, Neera, Di Giacomo, Fucini, Gallina, Rovetta, Calandra, Imbriani, De Marchi, Dossi, Pietro Sbarbaro. Molto bello il saggio su Alberto Cantoni – scrittore del quale è scaricabile da questo sito praticamente l’opera omnia – del quale mi sembra adeguato riportare l’incipit:
«Vi sono uomini che si cacciano risolutamente nel fiume della vita, investendolo con l’azione e col pensiero; e ve ne sono altri che lo tentano or qua or là dalla sponda, vi fanno scorrere su l’occhio cercando di esplorarlo, o vi entrano appena e tosto se ne ritraggono, e indugiano come aspettando il momento buono, che non viene mai. Di questi ultimi fu Alberto Cantoni; o tale era, almeno, la figura fantastica che gli sorgeva nell’animo.»
Certamente Cantoni fu così, ma la sua capacità di indagare con apparente superficialità e leggerezza su temi di grande rilevanza, e trattandoli tuttavia con una ventata di mordace umorismo mi pare ancora oggi difficilmente uguagliabile. Lo stesso Pirandello non mancò di riconoscerlo nella sua famosa prefazione al romanzo L’Illustrissimo.
Il volume si chiude con il saggio La critica erudita e i suoi avversari, che prende in esame soprattutto lo sviluppo di una nuova scuola filologica italiana.
Sinossi a cura di Paolo Alberti
Dall’incipit del libro, con il capitolo dedicato a Giovanni Verga:
Una peccatrice ‒ il primo romanzo del Verga, pubblicato nel 1866 ‒ racconta di un giovane studente, che si accende follemente di un’elegante misteriosa capricciosa signora, la quale egli incontra per istrada al braccio del marito o spia lunghe ore attraverso le finestre della casa di lei. Respinto dapprima con dispregio, cerca invano di stordirsi nei bagordi, e quasi ammattisce, finché rientra per un po’ in sé medesimo, e del suo tormento foggia un dramma. E con la rappresentazione di quel dramma, fremente di passione, conquista la donna tanto bramata e s’inebria nel possesso; ma sopraggiunge anche, di lí a qualche tempo, inevitabilmente, nella consuetudine della vita quotidiana, il rapido raffreddarsi della passione in lui, il crescente ardore nella donna, la quale, avuta certezza dell’irreparabile dissolversi del loro legame, disperata si avvelena, morendo tra le braccia dell’amante in un’ultima gioia d’amore.
Scarica gratis: La letteratura della nuova Italia. Volume III di Benedetto Croce.