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Dice Sabatini all’inizio della prefazione della sua vita di Cesare Borgia:
“Questa non è la cronaca di santi. Né è ancora una storia dei diavoli. È un resoconto di certi uomini molto umani e vigorosi in un’epoca molto umana e vigorosa; un’età lussuriosa e fiammeggiante; un’età rossa di sangue e pallida di passione al calor bianco; un’età di acciaio e velluto, di colori vividi, luce abbagliante e ombre impenetrabili; un’epoca di rapidi movimenti, violenza spietata e grandi sforzi, di taglienti antitesi e contrasti sorprendenti.”
Così sono in effetti questi racconti basati su episodi della vita di Cesare Borgia durante la riconquista della Romagna compiuta con l’appoggio del papa e sconfiggendo via via i vari signorotti locali. L’immagine che la storia ci fornisce di Cesare Borgia non è in genere idilliaca. Dice quindi ancora Sabatini:
“Se è sbagliato giudicare collettivamente un’epoca passata secondo gli standard del nostro tempo, non è tanto più sbagliato isolare gli individui per sottoporli a giudizio in base a quegli stessi standard, dopo averli, a questo scopo, svincolati dal contesto ambientale in cui svolgevano la loro vita?”
Ed ecco che Cesare Borgia appare come paladino di un suo codice d’onore, che aborre e spietatamente punisce il traditore, la spia – anche quando sia a lui favorevole – il vigliacco, il misero speculatore. Lo scopo di Sabatini è di correggere la messa a fuoco moderna con la quale vediamo individui di un’epoca passata.
“Sembrano mostruosi e anormali, e noi assumiamo direttamente che siano mostri e anomalie, senza mai considerare che la colpa sta nella regolazione dello strumento attraverso il quale li ispezioniamo”.
Traduzione anonima del 1933 che, purtroppo, non è completa, comprendendo solo quattro episodi su sette come sono in originale. Poiché i capitoli sono narrazioni di episodi a sé stanti, l’incompletezza non ne inficia la lettura. La pubblicazione dell’opera integrale potrà essere fatta all’inizio del 2022 quando saranno di pubblico dominio le traduzioni di Alfredo Pitta.
Sinossi a cura di Paolo Alberti
Dall’incipit del primo dei racconti L’onore di Varano:
Cesare Borgia, duca del Valentino e della Romagna, si alzò lentamente dalla sedia e si avviò, con pigro movimento, verso la finestra dello spazioso salone della Rocca d’Imola. Appoggiato al davanzale sotto il sole del pomeriggio autunnale, osservò l’attendamento sui prati e il fiume sottostante, il lungo nastro della antica via Aemilia, che non faceva una grinza fino a perdersi lontano verso Faenza.
Quella strada, che attraversa in diagonale tutta l’Italia settentrionale – che percorre una linea quasi retta tra l’antico Rubicone e Piacenza – avrà potuto essere una sorgente di orgoglio per Marco Emilio Lepido, circa cinquecento anni prima; ma per Cesare Borgia che la contemplava nella luce autunnale, non era che una fonte di vessazione; una strada che percorreva dal nord al sud e sulla quale avrebbero potuto marciare delle truppe.
I suoi occhi lasciarono la strada per osservare ancora l’accampamento sui prati accanto al fiume. Tutto era movimento incessante di uomini e di cavalli, laboriosi e industri come una colonia di formiche. Più lontano un gruppo di tecnici montava un parco di artiglieria, col quale speravano di smantellare le sue fortezze. Ancor più lontano era un grande andirivieni di uomini armati scintillanti intorno alla grande tenda verde di Venanzio Varano. Verso occidente una folla di uomini dal torso nudo, lavorava con zappe e picconi a una diga, per deviar l’acqua del fiume e farla servire da riparo contro qualche improvvisa sortita degli assediati.
Scarica gratis: La giustizia del duca di Rafael Sabatini.