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(voce di SopraPensiero)
Dopo il delitto di Quimper, Julien e Michelle sono in fuga. Non che non se l’aspettassero: era chiaro che sarebbe andata così. Quello che non si aspettavano è che la latitanza con la quale convivono ormai da due settimane – paradossalmente: non è forse il mare aperto quello che contemplano insieme? – sia brutta come una specie di prigione. Ma, soprattutto, non si aspettavano il tradimento di Charles; e adesso, la barca che avrebbe dovuto portarli lontano non è dove dovrebbe essere: come faranno a fuggire?
Il commissario Lucien Bertot – che per diversi aspetti ricorda certi suoi predecessori, con quella gran «voglia di farla finita» (à la Lincoln Rhyme), l’amicizia con certe prostitute (che richiama il Bordelli di Vichi) – è uno che non molla: ha una concezione tutta sua del crimine e del castigo (per questo familiarizza tanto facilmente con certi reietti che nel crimine ci sono nati, loro malgrado, e litiga spesso e volentieri con i graduati suoi superiori, troppo propensi a fare della legge una questione in bianco e nero, quando non addirittura di «casta») e non perdona chi – potendo scegliere diversamente – si attarda a recar danno al prossimo. Un romanzo che mette insieme il pugilato e la politica, dove vena romantica e tinta noir crescono insieme sostenendosi bene a vicenda. Ottima la cura editoriale del volume, dalla grafica di copertina (con bandelle) all’acclusa mappa del viaggio in Bretagna.
Gianluigi Schiavon, nato a Padova, vive a Bologna. Scrittore e giornalista, lavora al Quotidiano Nazionale (Il Resto del Carlino – La Nazione – Il Giorno), dove è responsabile della redazione Interni-Esteri. In passato ha lavorato a la Repubblica, Il Gazzettino di Venezia e per vari periodici. Ha pubblicato i romanzi 50 minuti. L’inganno nel cassetto e Il bambino del mercoledì (entrambi per Giraldi Editore).
G. Schiavon, La fuga. Delitto in Bretagna, ed. Giraldi, 2015.