La figlia di Maria

Traduzione dalle fiabe dei fratelli Grimm

di
Antonio Gramsci

tempo di lettura: 8 minuti


Dinanzi a una grande foresta viveva un boscaiolo con la moglie; avevano un’unica figlia di tre anni. Ma erano così poveri, che non avevano neanche il pane quotidiano e non sapevano che cosa dare da mangiare alla bambina. Un mattino il boscaiolo, pieno di preoccupazioni, andò nella foresta a lavorare e mentre spaccava la legna gli apparve una grande e bella donna che aveva una corona di stelle lucenti sulla testa e gli disse: «Io sono la vergine Maria, la madre del bambino Gesù; tu sei povero e bisognoso, dammi tua figlia, voglio prenderla con me, essere sua madre e pensare a lei».
Il boscaiolo obbedì, andò a prendere la bambina e la consegnò alla vergine Maria, che se la portò su nel cielo.
Lassù ella era felice; mangiava marzapane, beveva latte dolce, i suoi vestiti erano d’oro e gli angioletti giocavano con lei. Quando ebbe compiuto quattordici anni, la vergine Maria la chiamò e le disse: «Cara figlia, devo fare un lungo viaggio, prendi in custodia le chiavi per le tredici porte del regno dei cieli; dodici di queste porte tu le puoi aprire e osservare gli splendori che vi sono contenuti, ma la tredicesima, che si apre con questa chiavettina, ti è proibita; guardati bene dall’aprirla, perché altrimenti sarai infelice».
La giovinetta promise di essere obbediente e appena la vergine Maria fu partita, cominciò a visitare gli appartamenti del regno dei cieli; ogni giorno aprì una porta, finché ebbe visitato le dodici consentite. In ognuna era seduto un apostolo, che era circonfuso di un grande fulgore e la giovinetta gioiva soprattutto della magnificenza e dello splendore e gli angioletti, che sempre la accompagnavano, gioivano con lei.
Restava solo da aprire la tredicesima porta proibita ed ella ebbe un gran desiderio di sapere che cosa ci fosse nascosto e disse agli angioletti:
«Non voglio aprire tutta la porta e neanche entrar dentro; la aprirò appena appena, per vedere un pochino attraverso la fessura».
«No, no – dissero gli angioletti – sarebbe un peccato; la vergine Maria lo ha proibito, e ciò potrebbe essere la tua infelicità».
Ella rimase silenziosa, ma la curiosità non si placava nel suo cuore, rodeva e beccava dentro e non la lasciava in pace. E quando gli angioletti se ne andarono via, pensò: «Sono sola e posso dare una sbirciatina dentro; nessuno saprà ciò che ho fatto».
Scelse la chiavetta e quando la trovò la infilò nella serratura e quando fu infilata, la girò. La porta si spalancò ed ella vide la trinità seduta nel fuoco e nella luce. Rimase immobile per un momento, e osservò tutto con stupore, poi avvicinò un po’ il dito a quello splendore e il dito divenne tutto d’oro. Subito provò un’angoscia fortissima, chiuse la porta violentemente e corse via.
L’angoscia non l’abbandonò più: qualsiasi cosa si mettesse a fare, il cuore le batteva violentemente in continuità; anche l’oro rimase nel dito e non andò via, per quanto ella lo lavasse e lo strofinasse.
Non molto tempo dopo la vergine Maria ritornò dal suo viaggio. Chiamò a sé la giovinetta e le domandò le chiavi del cielo. Quando ella le consegnò il portachiavi, la vergine la guardò negli occhi e le domandò: «Hai aperto la tredicesima porta?».
«No», rispose la giovinetta.
Allora Maria le pose la mano sul cuore, sentì come batteva forte e capì benissimo che il suo ordine era stato trasgredito e che la porta era stata aperta. Le domandò ancora una volta: «Davvero non l’hai fatto?».
«No», rispose la giovinetta per la seconda volta.
Maria le guardò il dito che per aver toccato il fuoco celeste era diventato dorato, vide che aveva peccato e per la terza volta domandò: «Non l’hai fatto?».
«No», rispose la giovinetta per la terza volta.
Allora la vergine Maria disse: «Tu non mi hai obbedito, e inoltre hai mentito; non sei più degna di stare nel cielo».
La giovinetta cadde in un sonno profondo e quando si svegliò giaceva sulla terra, in un luogo desolato e deserto. Avrebbe voluto gridare ma non riuscì ad emettere alcun suono. Saltò in piedi e avrebbe voluto fuggire, ma dovunque si volgeva, era sempre trattenuta da spesse siepi di spine, che non poteva attraversare. In quella solitudine nella quale era rinchiusa, c’era un vecchio albero internamente vuoto che doveva essere la sua abitazione. Vi si introdusse quando venne la notte e vi dormì e vi trovò rifugio contro la tempesta e la pioggia; ma era una vita desolata e quando ella pensava a come era stato bello abitare nel cielo quando gli angeli giocavano con lei, piangeva amaramente.
Suo unico cibo erano radici e bacche selvatiche che cercava nello spazio che le era concesso. Nell’autunno raccolse le noci e le foglie cadute dagli alberi e le portò nel cavo dell’albero; le noci erano il suo cibo invernale e quando venne la neve e il gelo, si rifugiò tra le foglie per non gelare, come una povera bestiolina.
Dopo poco tempo i suoi abiti si stracciarono e un lembo dopo l’altro cadde dal corpo. Appena il sole tornò nuovamente caldo, uscì fuori e si sedette dinanzi all’albero: i suoi lunghi capelli la ricoprivano da ogni parte come un mantello. Così passò un anno dopo l’altro ed ella sentì tutti i guai e le miserie del mondo.
Una volta, quando gli alberi di nuovo si erano ricoperti di tenero verde, il re del paese cacciava nella foresta e inseguiva un capriolo e poiché questo era fuggito nella boscaglia che si chiudeva in quel punto, egli smontò da cavallo, allontanò i cespugli uno dall’altro e si aprì una via a colpi di spada.
Quando finalmente riuscì a penetrare dove i cespugli erano più fitti, vide seduta sotto un albero una meravigliosa fanciulla che era ricoperta fino ai piedi dai suoi capelli biondi. Egli rimase immobile a guardarla per lo stupore poi le rivolse la parola e disse: «Chi sei? Perché ti trovi in questa solitudine?».
Ella non rispose perché non poteva aprire la bocca.
Il re domandò ancora: «Vuoi venire con me nel mio castello?».
Ella fece solo un piccolo cenno col capo.
Il re la prese nelle sue braccia, la mise in groppa al cavallo e tornò con lei a casa; appena giunto al castello la fece vestire di belle vesti e le diede tutto a profusione. E sebbene ella non potesse parlare, tuttavia era così bella e gentile che egli la amò di tutto cuore e non passò molto tempo che la sposò.
Era passato circa un anno quando la regina mise al mondo un figlio.
La notte dopo, mentre giaceva sola nel letto, le apparve la vergine Maria e le disse:
«Vuoi dirmi la verità e confessare che hai aperto la porta proibita? Ti riaprirò la bocca e avrai di nuovo la parola, ma se perseveri nel peccato negando ostinatamente, allora ti porterò via il bambino».
Per un momento fu concesso alla regina di rispondere, ma ella rimase impenitente e disse: «No, non ho aperto la porta proibita».
Allora la vergine Maria prese il neonato nelle braccia e sparì con lui.
Il giorno seguente, quando non si trovò il bambino, tra la gente corse un mormorio. Si diceva che la regina era una mangiatrice di uomini e che aveva ammazzato essa stessa il proprio figlio.
Ella sentì tutto e non poteva smentire, ma il re non volle crederci poiché l’amava molto.
Un anno dopo la regina partorì un altro figlio. Nella notte nuovamente la vergine Maria entrò nella sua camera e disse: «Vuoi riconoscere che hai aperto la porta proibita? Ti restituirò il primo figlio e ti scioglierò la lingua; ma se perseveri nel peccato e neghi, allora ti porterò via anche questo bambino».
La regina rispose ancora: «No, non ho aperto la porta proibita», e la vergine Maria le prese il bambino dalle braccia e se lo portò nel cielo.
Al mattino, poiché anche il secondo bambino era sparito, la gente disse ad alta voce che la regina se lo era divorato e i consiglieri del re proposero di tradurla dinanzi a un tribunale. Ma il re l’amava tanto che non volle creder nulla e condannò i consiglieri parte a morte e parte a pene corporali perché non riparlassero più di questa mostruosità.
L’anno seguente la regina partorì una bellissima bambina; la vergine Maria apparve di notte per la terza volta e le disse: «Seguimi!», la prese per la mano e la condusse nel cielo e le mostrò i suoi due figli precedenti che sorridevano e giocavano a palla col globo terrestre. La regina era felice di vedere i suoi figli e Maria disse: «Il tuo cuore si è intenerito? Se tu riconosci di aver aperto la porta proibita, io ti restituirò i due figliolini».
Ma la regina per la terza volta rispose: «No, non ho aperto la porta proibita».
Maria la sprofondò ancora sulla terra e le portò via anche la bambina.
Al mattino seguente, quando il fatto divenne noto, tutta la gente gridò ad alta voce: «La regina è una mangiatrice d’uomini, bisogna condannarla a morte».
Il re non poté più contraddire i suoi consiglieri. Fu costituito un tribunale e poiché la regina non poteva rispondere e difendersi, fu condannata a morire sul rogo.
La legna fu accatastata e la regina, legata fortemente a un palo, vi fu collocata sopra; quando il fuoco cominciò a bruciare tutt’intorno, si fuse il duro ghiaccio della superbia, il suo cuore fu smosso dal pentimento e pensò: «Potessi almeno prima della morte confessare che ho aperto la porta»; allora le ritornò la voce, ed ella gridò: «Sì Maria l’ho fatto!».
Subito dal cielo cominciò a piovere e le fiamme del rogo si spensero. Apparve alla regina una luce e scese la vergine Maria che aveva i due figliolini ai lati e la bambina in braccio. Le parlò amorevolmente: «A chi si confessa e si pente dei suoi peccati, i peccati gli sono rimessi».
Così dicendo le consegnò i tre bambini, le sciolse la lingua e le dette la felicità per tutta la vita.

Fine.


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QUESTO E-BOOK:

TITOLO: La figlia di Maria
AUTORE: Antonio Gramsci
CURATORI: Fubini, Elsa e Paulesu, Mimma

DIRITTI D'AUTORE: no

LICENZA: questo testo è distribuito con la licenza specificata al seguente indirizzo Internet:
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TRATTO DA: Favole di liberta / Antonio Gramsci ; a cura di Elsa Fubini e Mimma Paulesu ; introduzione di Carlo Muscetta. - Firenze : Vallecchi, 1980. - XXXIII, 164 p. ; 22 cm.

SOGGETTO:
JUV038000 FICTION PER RAGAZZI / Brevi Racconti
JUV012030 FICTION PER RAGAZZI / Fiabe e Folclore / Generale