Il testo riproduce la prima edizione del 1864 di questo scritto, vera pietra miliare nella storia delle battaglie e del pensiero tesi all’emancipazione femminile in Italia. Lo stesso scritto si ritrova, in edizione molto più recente, nell’antologia di scritti di Anna Maria Mozzoni – a cura di Franca Pieroni Bortolotti – La liberazione della donna, già da anni ospitato in questa biblioteca Manuzio. L’autrice dedica il libro alla madre alla quale deve certamente l’attitudine ad accantonare le opinioni ‘alla moda’ e al ricercare costantemente una sintesi tra i “due risorgimenti”: quello che doveva liberare dal dominio straniero e l’altro, non meno importante che doveva superare il “comun pregiudizio che alla donna interdice il libero pensiero”. In una lettera a E. Fazio, pubblicata su «La donna» del 31 luglio 1870, Anna Maria Mozzoni afferma:

“Vado a rilento nell’accogliere un principio, e sottilizzo prima di ritener certo un fatto, ma quando ne sono convinta, non cedo a nessuna autorità. Rispetto tutti i partiti e tutte le opinioni, siccome espressioni logiche e necessarie dell’attività umana e disprezzo il gretto esclusivismo che chiude la via all’esame e trascura per disciplina di partito gli interessi supremi della verità. In questa attitudine dello spirito ho trovato l’indipendenza della mente, la calma delle passioni, e la libertà dell’azione”.

In pratica l’autrice afferma il suo buon diritto a cercare la propria strada all’interno delle idee, senza freni autoritari che, grazie anche alla sua cultura da autodidatta, forse disordinata, le consentiva uno sviluppo che la portava ad una totale indipendenza spirituale. Quando Mozzoni diede alle stampe questo suo scritto erano trascorsi quattro anni da quando le truppe franco-piemontesi erano giunte a Milano. In spregio a tutte le promesse fatte di rispetto per la tradizionale autonomia lombarda, il Piemonte estende alla regione acquisita alcune sue leggi e due riguardano in particolare le donne: il riconoscimento del voto amministrativo ai soli possidenti maschi e lo toglie quindi alle donne che invece ne godevano sotto l’Austria; l’introduzione del regime di stato sulla prostituzione che obbliga le donne che sono state costrette al meretricio a umilianti e odiosi obblighi.

Quello su cui riflette l’autrice è se le italiane erano più attive di un tempo oppure no. E questo è il terreno sul quale si deve misurare l’eventuale fattore di progresso della nuova monarchia costituzionale rispetto all’impero assolutista asburgico. Cerca quindi di mettere a nudo la realtà dei contrasti sociali nei confronti dell’ottimismo del patriottismo prevalente. Parte dal rifiuto dell’origine divina dell’autorità, rifiuto che ancora non riesce a prevalere. La coscienza che la società civile e religiosa è ancora ben lontana dal prendere coscienza di questo rifiuto non può che provenire dalla donna, che il suddetto principio autoritario esclude dalla società per ragioni che sono considerate eterne e divine. La donna, che il principio clericale relega al ruolo di “serva rispettata” in famiglia, ancora si trova costretta in condizioni di inerzia condizionata dall’ignoranza popolare. In questa inerzia è tenuta anche dai mazziniani ai quali Mozzoni si rivolge dicendo:

“Non dite più, che la donna è fatta per la famiglia; che nella famiglia è il suo regno ed il suo impero! Le son queste poetiche iperboli e vacue declamazioni, come mille altre di simil genere. Ella esiste nella famiglia, nella città e dovunque in faccia ai pesi ed ai doveri; da questi all’infuori ella non esiste in nessun luogo.”

La lungimiranza e il pragmatismo che pervade tutto questo scritto si esemplifica con la richiesta del voto amministrativo per le donne, come impulso necessario per l’acquisizione di una coscienza politica; ci vorrà ancora mezzo secolo perché riesca a giungere alla stessa conclusione il partito socialista…

Gli spunti di riflessione in questo saggio si susseguono a ritmo serrato. Se cercassimo il perno di tutto il programma che l’autrice persegue lo possiamo trovare forse nel primo capitolo dove analizza il rapporto tra la donna e l’opinione: quest’ultima fu per gli illuministi il correttivo all’autorità statale e oggi rappresenta invece il complesso dei pregiudizi correnti, accettati in modo acritico da una moda mutevole e irrazionale, che condizionano la vita della donna. Solo liberate dall’“opinione” le donne possono essere in grado di giudicare la validità delle norme che regolano le loro vite, prima di tutto in ambito familiare. Il testo appare quindi come la spiegazione programmatica di tutta l’ulteriore opera di Anna Maria Mozzoni. Per una analisi più accurata di questo suo scritto, che per ragioni di spazio non è qui possibile svolgere, rimando al saggio di Franca Pieroni Bertolotti Alle origini del movimento femminile in Italia (Torino, 1963) e Rina Macrelli L’indegna schiavitù (Roma 1980).

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del libro:

Molti e molti parlarono della donna, i quali anche pretesero parlarne seriamente, ma io non istimo che il difficile problema ch’ella presenta, all’uomo, alla famiglia, alla Società, svolto sì dottamente e finamente da tanti, in epoche diverse, e svariate località, abbia tutti interi raccolti i dati onde completi ne risultino i criterii; oserei anzi asserire, che niun scrittore forse trovossi, parmi, fin qui che, se uomo, sapesse appieno dimenticar le passioni, se donna, gl’interessi, onde sarei per dire desiderabile cosa nell’ardua tesi un criterio neutro affatto che, non punto interessato ad esagerare i vizii o i pregi del sesso femminile, nè a coprirli, ce ne desse la pittura imparziale e con essa i dati e gli estremi ove basare un solido raziocinio, a derivarne poi analoghe ed assennate le istituzioni che debbono moderarne le condizioni e gl’interessi.
Dissi vizii o pregi, se pur tali possono esattamente chiamarsi le attribuzioni, o meglio, i naturali elementi, costituenti in un complesso logico, ed omogeneo, una natura ordinata ad un dato scopo, elementi tutti concomitanti e necessarii a far della donna un essere essenzialmente distinto dall’uomo, ed in pari tempo destinato a vivergli a fianco sempre utile e necessario, a somministrargli i proprii mezzi arricchendolo così d’un’altra potenza senza sommarsi con lui, identificarsi nelle sue viste e ne’ suoi interessi per modo da essergli un’alter ego senza cessare d’esser da lui distintissimo a perpetuare quella simpatica attrazione, che distingue i rapporti dell’uomo colla donna e li fa così soavi sopra ogni altro vincolo sociale, e che sparirebbero in una completa fusione.

Scarica gratis: La donna e i suoi rapporti sociali di Anna Maria Mozzoni.