Festa teatrale scritta in Roma l’anno 1729, ad istanza del cardinale di Polignac, allora ivi ministro della corte cristianissima, e sontuosamente rappresentata la prima volta con musica del Vinci nell’ornatissimo cortile del palazzo di Sua Eminenza, per festeggiare la nascita del real delfino di Francia.

Dall’incipit del libro:

GIO.
Qual ira intempestiva
V’infiamma, o numi, e del tranquillo Olimpo
Turba il seren? L’arco, la spada e l’asta
Perché stringe sdegnoso
Marte, Apollo ed Astrea? Scomposta il crine,
Perché cura non ha di sua bellezza
La Pace, de’ mortali amore e speme?
E la Fortuna avvezza
Sempre a scherzar, come or si lagna e geme?
Un’altra volta forse
Si fa guerra alle stelle?
E d’Inarime e d’Etna
Encelado e Tifeo scuotono il peso?
Forse il pomo conteso
Uscì di mano alla Discordia stolta
Su le mense celesti un’altra volta?
Taccia, qualunque sia,
La cagion degli sdegni. Udir non voglio
Voce che non risuoni
D’applauso e di piacere. Oggi quel giglio
Che su le regie sponde
Già della Senna io di mia man piantai,
Che alla cura de’ Fati
Sollecito commisi, e di cui tanto.
Numi, fra voi si ragionò nel Cielo,
Di germoglio felice orna lo stelo.

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