Amara, inquieta, criminale. È l’America ai tempi di Carl Panzram, una vita di omicidi prima del braccio della morte. Negli anni Venti fa rosse di sangue strade e bettole degli Stati Uniti. Nel 1995 ispira al regista Tim Metcalfe “Killer, diario di un assassino”. Nel 2008 rivive ne “La Ballata degli Impiccati”, bel lavoro di Marco Lorenzi e Barbara Mazzi, che insieme riaprono, dopo gli antichi (e macabri) fasti parigini dei primi del ‘900, i battenti del Teatro Grand Guignol.
“Oggi, si parla sempre di morte. Nelle cronache dei tg, nei film, nelle conversazioni tra amici. Noi, rivisitando la storia di Panzram, violentiamo la moda”, raccontano gli autori/attori con ancora il trucco di scena in volto. Ed ecco che i diari del killer e le cronache di quegli anni rivivono in diretta, sul patibolo-palco. Ecco che uno dei più tremendi casi giudiziari d’oltreoceano si fa duello verbale e umano tra un sadico presentatore in giacca rossa (Mazzi) e un omicida condannato a morte, senza più speranza di redenzione (Lorenzi).
La confessione, il dramma, l’esecuzione. Tutto si consuma a due passi da te. Sei dentro il cuore e la mente dell’assassino, nel tormento delle deglutizioni nervose, nella rabbia della giugulare che si gonfia convulsamente.
Sangue e morte sono andati in scena al Teatro Lo Spazio di Roma, con gran successo di pubblico e critica, dal 13 al 18 maggio. Ora sono pronti a viaggiare. Per incontrare quanti, davanti a una storia di violenza e dolore, sapranno trasformare la suggestione in insegnamento. Ma anche gli altri. Quelli che, nel buio di un teatro, mentre va in scena uno spettacolo di sangue e morte, sanno solo lasciarsi andare a un piacere sacrilego. Perversi, verrebbe da bacchettarli. Ma, in fondo, “La Ballata degli Impiccati”, oltre che per la bella sceneggiatura e la coinvolgente recitazione, vince anche per questo. perché – e qui scomodiamo Susan Sontag – che lo vogliamo o no, siamo tutti voyeur.