Nei primi secoli dell’era cristiana, l’affermarsi della nuova religione si scontrava, spesso aspramente, con la cultura ellenistica prevalentemente diffusa, e con le credenze delle religioni tradizionali. Da entrambe le parti si verificavano episodi di feroce fanatismo, che a loro volta suscitavano vendette.

Inoltre, il potere conferito dall’autorità religiosa tendeva ad estendersi anche alla sfera politica e pubblica, allargando e radicalizzando i conflitti. Alessandria d’Egitto era emblematica sotto questo punto di vista, in quanto sede della più importante scuola di filosofia e di scienze del mondo antico, erede dell’Ellenismo di Atene che era stata invasa dai barbari; i Cristiani, sostenuti dal potere centrale di Costantinopoli, erano in conflitto sia con l’autorità romana che con la comunità ebraica locale.

La scuola filosofica era rappresentata dalla bella figura di Ipazia, figlia di un famoso matematico, versata in tutte le scienze dell’epoca e in particolare nella filosofia, che tutte le compendiava: nel romanzo storico del Kingsley, la sua opera didattica non si limitava alle nozioni, ma si estendeva all’insegnare a ragionare, e soprattutto a costruire e sviluppare la personalità morale dei discepoli: compito estremamente arduo, che trovava vero ascolto solo in rarissimi casi, ma che suscitava le aspre gelosie del patriarca della città, il vescovo Cirillo, personalità forte e determinata, che governava e indirizzava le masse dei fedeli secondo quanto riteneva utile alla causa della Chiesa.

Ipazia godeva quindi di un grande ascendente presso la popolazione colta, per la sua bellezza e soprattutto per la sua saggezza e accortezza politica, per cui molte persone eminenti, quali il prefetto Oreste, ricorrevano a lei per consigli. Il suo sogno era di restaurare il culto degli dei della classicità, che era stato messo al bando dai decreti dell’imperatore Teodosio alla fine del IV secolo.

La vicenda del romanzo si svolge nel 415. Si apre con la figura di Filemone, giovane monaco di uno sperduto eremo nel deserto egiziano, ansioso di conoscere e sperimentare il mondo, e con l’ingenuo sogno di convertirlo alla vera fede: incarna l’aspetto bello e virtuoso del Cristianesimo, fedele alla vera dottrina. Il giovane riesce a farsi mandare ad Alessandria, dove viene a contatto con la realtà multiforme e sconvolgente della grande città: barbari che dal lontano Nord dilagano per tutto il bacino del Mediterraneo depredando e uccidendo, politici ambiziosi ma deboli, religiosi dalla mentalità ristretta e fanatica, ebrei orgogliosi e astuti, sullo sfondo di una plebe incolta e facile da manipolare, spesso assetata di sangue per divertimento o per fanatismo. Filemone, deluso dal comportamento odioso e ipocrita dei suoi confratelli, trova nella scuola di Ipazia quell’appagamento intellettuale e spirituale che desiderava ardentemente. Tuttavia la situazione precipita: l’ambizioso Oreste si allea con Eracliano, che sogna di diventare padrone dell’Africa ma viene sconfitto dai Romani. Cirillo approfitta della posizione di debolezza del suo rivale politico per eliminare la sua amica Ipazia, incitando la folla che la uccide. Filemone ritorna al convento nel deserto e conclude santamente la sua esistenza.

I tempi descritti da Kingsley in questo romanzo hanno spiccate analogie con quelli del secolo in cui vive l’Autore: situazioni di disagio sociale, nuove spinte ideologiche che esigono cambiamenti radicali, conflitti tra poteri forti. L’intento di Kingsley è di suggerire un approccio alla risoluzione dei problemi che sia aderente allo spirito evangelico, spirito di amore e collaborazione alimentato da una fervida vita di preghiera e dedizione al prossimo.

Questa edizione digitale, che corrisponde nel testo a quanto pubblicato nel 1936 da Sonzogno, con la traduzione dal tedesco di Angelo Treves, è stata arricchita a cura della redazione di Liber Liber con otto illustrazioni realizzate nel 1914 da Bram Shaw per una edizione inglese del romanzo, disponibile su Internet Archive: https://archive.org/details/cu31924014169720.

Sinossi a cura di Cristina Rosanda

Dall’incipit del libro:

L’anno 413 dell’era cristiana, sul margine di una duna sabbiosa, a circa trecento miglia dalla città di Alessandria, sedeva il giovane monaco Filemone. Alle sue spalle si stendeva il selvaggio deserto, fino all’orizzonte dell’azzurro cielo senza nubi. Ai suoi piedi la sabbia, mossa dal vento, turbinava sul sole estivo.
Qua e là, sulle rocce formanti il lato opposto della valle, sorgevano monumenti funebri: vecchie pietre, obelischi, pilastri, ancora nello stesso stato in cui, secoli prima, gli artefici li avevano lasciati. La sabbia sgocciolava da essi e si accumulava attorno a loro. Dappertutto erano silenzio e abbandono; la tomba d’una nazione morta in un paese sacro alla Morte.
Su tutto ciò sedeva il monaco e meditava pieno di vita, giovane, sano e bello: vero Apollo del deserto. Vestiva una ispida pelle di pecora, stretta al corpo da una cintura di cuoio. I lunghi riccioli neri, non tagliati dalla sua infanzia, ondeggiavano splendendo nel sole; una scura lanugine sulle guance e sul mento annunziava la primavera della sua sana virilità. Le dure mani, le membra nodose arse dal sole, parlavano di lavoro e di fatica; gli occhi lampeggianti esprimevano il coraggio, la forza d’immaginazione, la passione, che in un convento non potevano certo trovare un’adatta sfera di attività. Che cercava lo splendido giovane, solo, fra le tombe?

Scarica gratis: Ipazia di Charles Kingsley.