Nonostante il regime fascista avesse trovato il modo di arrestarlo comunque – anche se per un solo giorno, il 12 gennaio 1935, grazie al tempestivo intervento dell’ambasciata inglese – Mario Borsa si era almeno apparentemente defilato, nella prima metà degli anni ’30 dello scorso secolo, dalla sua attività politica e giornalistica improntata alla difesa strenua dei valori di libertà. Era sempre tenuto sotto rigida osservazione: «Borsa è sempre la solita canaglia, si troverà il modo di colpirlo come merita» scrisse il capo della polizia Bocchini sul fascicolo intestato all’irrequieto giornalista. Questo suo defilarsi gli aveva consentito di dedicare maggior tempo alla letteratura e alla storia e sono di questo periodo alcune interessanti opere storiche e diverse importanti traduzioni soprattutto dall’inglese.
Da questa sua attività letteraria e di traduttore scaturisce anche questa raccolta di racconti natalizi, 15 novelle di 13 autori differenti. La scelta degli autori, italiani e stranieri, è piuttosto eterogenea: abbiamo autori famosissimi – il premio Nobel Selma Lagerlöf e Fëdor Michajlovič Dostoevskij; i popolarissimi, tra gli italiani, De Amicis e De Marchi – ed altri quasi sconosciuti, almeno in Italia, come M. E. Wilkings o lo spagnolo Ricardo Léon. La ricerca di Mario Borsa è quindi particolarmente apprezzabile per la sua originalità.
Presenta due racconti di Louis Léon Théodore Gosselin (qui presentato con lo pseudonimo di G. Lanotre) che si ambientano al tempo della reazione alla rivoluzione francese e tra il primo e secondo impero, argomenti dei quali l’autore era attento studioso. L’oscuro impiegato Colleret si trova improvvisamente spianata la carriera grazie ad un callo dolente di Napoleone costretto a presenziare ad una inaugurazione di caserme il 25 dicembre 1808. Colleret vede poi declinare la propria fortuna col tracollo del primo impero e risorgere la stessa con il secondo impero. L’altro racconto di Lanotre narra la storia di un regalo di Natale, al tempo della Vandea e della reazione, che finisce per legare indissolubilmente due bimbe che si trovavano su sponde opposte della contesa. M. E. Wilkings scrive invece un racconto più tradizionale, ma non certo per questo meno bello, sulla miseria dignitosa e sull’onestà premiata. Selma Lagerlöf descrive un Natale delle sue zone tra bufere di neve e implacabilità dell’uomo verso un orso, vero interprete della bontà natalizia in questo caso. Di grande amara delicatezza altri due racconti “femminili” di Marchesa Colombi e Haydée. La prima ci offre un Natale pieno di rimpianti per una gioventù sprecata lontana dal vero amore; il Natale offre al protagonista il momentaneo sollievo ma lo sconforto resta implacabile. Haydée descrive invece la benevolenza ironica non voluta ma indotta da un antenato poeta, che forza una sensibilità che l’arido discendente non avrebbe affatto. Da segnalare il racconto che chiude la raccolta del dimenticato, oggi, scrittore siciliano (ma nato a Verona) Giuseppe Ernesto Nuccio che fedele al suo stile che resta sì pedagogico – Nuccio era maestro e la sua opera è diretta soprattutto ai fanciulli – ma mai propenso all’edulcorato sentimentalismo, piuttosto al portare verso la gioventù i temi del verismo e del naturalismo. Anche in questo bel racconto troviamo questi temi quando l’usuraio Ramunno vede nella notte di Natale incendiata la casa e svanito ogni avere; ma è proprio in quel momento che il suono di uno zufolo, legato ai ricordi di una travagliatissima infanzia, gli consente di vagare ritrovando una certa pace, di “stemperare del tutto il cuore in una doglia infinita”.
La nota comune di questi racconti natalizi, persino quello sulla guerra di Ricardo Léon, è la difficoltà a ritrovare il facile riscatto dalla cattiveria e dalla miseria. Il Natale produce il miracolo solo se lo cerchiamo dentro di noi, con la nostra individualità, la nostra onestà mai separata da una volontà tenace. Questo poteva infatti offrire la ricerca di Mario Borsa, inflessibile liberale e libertario, in un’epoca nella quale questa difesa della libertà era messa continuamente a imprevedibile rischio.
La raccolta è prefata efficacemente da Giovanni Bertacchi, che correda quest’opera con la sua personale sensibilità, e illustrata con quindici tavole e numerosi disegni all’inizio e al termine di ciascun racconto.
Sinossi a cura di Paolo Alberti
Dall’incipit del primo racconto Storia di una gallina di Emilio De Marchi:
Vivevano una volta due vecchi sposi. Egli non si chiamava Taddeo, ma Paolino, ed essa, la signora Brigida, buone anime entrambe. Il sor Paolino lavorava in canestri e la moglie in raggiustare le calze; dopo trent’anni, si volevano bene come il primo giorno di matrimonio, anzi, invecchiando, miglioravano nell’amore, come il vino nelle botti suggellate. Se il Cielo mi concedesse tanto buon tempo che io potessi raccontare giorno per giorno la vita del sor Paolino, e della sora Brigida, crederei di giovare col mio libro a’ miei simili, ben più che con un trattato di meccanica celeste: perchè, dopo tutto, l’amore e la benevolenza sono il pernio, sul quale la ruota del mondo gira senza stridere. Ma poichè questa consolazione non mi è concessa dalle circostanze, racconterò almeno in quest’occasione del santo Natale un episodio della loro vita, che farà piangere, io credo, tutte le anime sensibili. Beato chi piange, e una lagrima, dice un libro cinese, è più grande del mare.
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