Basandosi sul titolo e sui «segnali» che invia la copertina del romanzo con il quale l’editore Fazi inaugura la collana «Vele nere», chi non conoscesse il tema trattato da Silvis potrebbe ritenere di trovarsi di fronte a un thriller nel quale sia presente un serial killer o, come più correttamente lo chiama l’autore, un assassino seriale.
Certo, si tratta anche di questo, ma il romanzo affronta un argomento drammatico: il protagonista è sì un assassino seriale, ma è, soprattutto, un pedofilo sadico, un uccisore di bambini che raggiunge l’eccitazione sessuale compiendo atti crudeli sulle sue piccole prede.
È un romanzo, certo; c’è finzione, c’è narrativa; ma ci sono anche concreti e ben documentati riferimenti a fatti realmente accaduti in passato, che accadono e che, purtroppo, accadranno ancora.
Un assassino qualunque ha del thriller gli ingredienti: la suspense, la violenza, l’intrigo; è presente un’azione investigativa anche se la tensione narrativa non si crea con la ricerca del colpevole, del «soggetto ignoto», visto che questi è dichiarato fin dall’inizio. Può essere definito anche un noir, dato che vi viene presentato il punto di vista dell’assassino, secondo quella che è una delle caratteristiche di questo sottogenere del poliziesco. C’è dentro il nero di Ellroy, di sicuro, ma anche Henning Mankell e il grigio pessimismo del suo Commissario Wallander.
Non siamo quindi di fronte a opere come Io uccido di Faletti, che è un «classico», a nostro avviso banale, romanzo con protagonista un serial killer; non ci troviamo davanti a un romanzo come Il codice da Vinci, sicuramente avvincente, ma non certo documentato e «plausibile» come il lavoro di Silvis. Si tratta quindi di un’opera letteraria che pur avendo le caratteristiche della cosiddetta «letteratura di evasione» in realtà ci presenta appunto serissimi e drammatici argomenti di riflessione, dimostrando ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, come ormai questi non siano più prerogativa della sola letteratura cosiddetta «mainstream».
Basti pensare a una delle chiavi di volta per l’analisi del romanzo: quel «qualunque» presente nel titolo.
L’assassino, infatti, non è un personaggio eccezionale, non è un epigono di un Hannibal Lecter di raffinata cultura e raffinati gusti culinari; e anche se nel corso del romanzo la sua vita avrà un’evoluzione di successo personale, sarà proprio un successo «qualunque» che molti potrebbero ritagliarsi con un po’ di accorta strategia.
Quello che sconvolge, quindi, non sono tanto (o soltanto) i delitti perpetrati, anche quando vengono descritti dettagliatamente, ma la consapevolezza della possibilità che ciascuno di noi potrebbe essere come il protagonista.
Ci troviamo di fronte, inoltre, a una storia italiana: tutti sanno, ma nessuno riesce a superare il «muro di gomma».
L’autore, che è un dirigente della Polizia, lancia quindi un messaggio che è allo stesso tempo di fiducia nella legge e di cinico disincanto, perché le stesse regole che la giustizia si dà per evitare di essere prevaricatrice permettono a chi sa usarle a proprio vantaggio di sfuggirle.
E se è vero, come si dice, che il «poliziesco nero» è la migliore via per parlare delle nostra società, allora Un assassino qualunque è la peggiore delle accuse a tutto il nostro sistema. Accusa senza appello, e senza speranza.
Ecco un’intervista all’amico Piernicola.
D. “QUAL È STATA LA MOLLA CHE TI HA SPINTO A SCRIVERE QUESTO ROMANZO?”
Da un lato la ‘banale’ voglia – che hanno in tanti – di coinvolgere gli altri in un qualcosa che si crea nella propria testa. Potevo suonare o dipingere, ma credo mi venga meglio scrivere. Dall’altro, avendo deciso di farlo in età matura, volevo scrivere anche di argomenti che, in questi tempi decerebrati, consentissero al lettore di ‘pensare’ a ciò – al male – che ci circonda. Un lavoro di denuncia? Sì, ma senza alcuna pretesa intellettualistica o cose simili. E per costringere il lettore a finire il libro ho usato un intreccio di genere, ma che ritengo molto efficace, e parole dirette sempre e solo alla trama, evitando di voler spiccare come ‘bravo’ scrittore.
D. «QUANTO C’È DI AUTOBIOGRAFICO NEL ROMANZO?» TI RICONOSCI, ALMENO IN PARTE, IN UNO DEI PERSONAGGI?»
È ovvio che ogni scrittore scriva un po’ delle cose che sa o che ha vissuto, anche se in minima parte. C’è un po’ di me nello psichiatra, Gregor Pozza (non so come mi sia venuto questo nome, ma mi piace molto), nella sua normalità, ammesso che esista ancora qualcuno o qualcosa che possa definirsi ancora normale. C’è qualcosa di autobiografico anche nel funzionario di polizia Paolo Mele, ma pochissimo, solo qualche riferimento familiare. Io ho un temperamento antitetico al suo. Non c’è nulla di me in Emanuele Rode, il pedofilo, e non perché l’abbia schifato in quanto tale, ma solo perché ogni parte del suo carattere è stata da me completamente inventata.
D. «DE CATALDO CON IL SUO ROMANZO CRIMINALE HA ‘DETTO-NON DETTO’ SULLE VICENDE DELLA BANDA DELLA MAGLIANA, È SUCCESSO ANCHE PER UN ASSASSINO QUALUNQUE? E, SE SÃŒ, IN CHE MISURA?»
Be’, c’è in effetti una realtà sommersa, quella della pornografia sadica, che nessuno vuole ammettere o vedere. Tutti chiudono gli occhi per pudore. E, peggio ancora, gran parte di questo disgustoso mercato colpisce i bambini. E Internet, specchio della società, consente di poter fruire di questo materiale con una certa facilità. Purtroppo, alcuni dei riferimenti che si trovano nelle pagine di Un assassino qualunque sono assolutamente veri. Ecco, io voglio sbattere in faccia al perbenismo e alle inutili chiacchiere sulla corruzione delle società calcistiche, ma anche alle varie Fattorie e Grandi Fratelli, questo concetto: amico, mentre ti distrai con queste idiozie, c’è gente che uccide bambini per fare eccitare guardoni che tirano fuori migliaia e migliaia di euro per vedere certe scene. Il male assoluto. Riflettici di più, pensaci. Solo così, con una maggiore presa di coscienza di certe cose, forse potremo affrontare il problema in modo costruttivo.
D. «UN PO’ PESSIMISTA?»
Assolutamente sì. Non c’è molto da essere ottimisti.
D. «CHE NE PENSI DEL ‘RINASCIMENTO’ DEL NOIR IN ITALIA?»
Bellissimo. Da Scerbanenco in poi c’è stata una fioritura di ottimi autori. Carlotto, De Cataldo, Carofiglio, Vichi e altri […] grandi romanzieri, non posso che esserne contento. Forse però in giro ci sono un po’ troppi commissari […]
D. «STAI LAVORANDO A UN ALTRO ROMANZO?»
Nella mia mente ci sono già tre romanzi ‘pronti’. Ne sto affrontando uno, molto difficile perché vado a sondare la storia recente di questo Paese. Anche qui, in omaggio a Greene e le Carrè, cercherò di infilare l’umanità dei personaggi. Poco tecnologismo, molte sensazioni emozionali.
Giuseppe D’Emilio e Arturo Fabra
Per acquistare una copia di “Un assassino qualunque”: http://www.webster.it/BIT/8881127423/ASI/337441.
Questa intervista, presente anche nella sezione di Liber Liber dedicata alla scuola, è stata pubblicata sul “Falco letterario” anno XXV, n. 2, Edizioni Artemisia.
Altre informazioni su Piernicola Silvis sono reperibili al sito http://www.piernicolasilvis.it/.