Piero Camporesi nell’introduzione a La scienza in cucina (Einaudi, 1991) afferma che il manuale artusiano, assieme al Pinocchio di Collodi e al Cuore di De Amicis, è uno dei capisaldi della cultura italiana dell’Ottocento e «svolse il civilissimo compito di unire e amalgamare, in cucina e poi a livello di inconscio collettivo, nelle pieghe insondate della coscienza popolare, l’eterogenea accozzaglia delle genti che solo formalmente si chiamavano italiane. [ […]] Mai occulta persuasione fu più semplice e umana, mai il prodotto in vendita conobbe un livello tanto elevato di buon gusto, cultura, civile divulgazione. [ […]] E così un numero considerevole di italiani si trovarono uniti a tavola, mangiando gli stessi piatti e gustando le stesse vivande».

Oggi non è certo azzardato ipotizzare che in Italia e nel mondo siano state milioni le copie vendute de La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, ed è certo che l’Artusi – così, ormai da tempo, viene chiamata l’opera- è sicuramente il libro italiano di cucina più famoso e diffuso. Ma, come racconta Artusi stesso nell’introduzione all’opera, la vicenda editoriale del libro fu inizialmente contrastata: uomini di cultura ne prevedevano l’insuccesso, gli editori erano scettici, tanto che l’autore fu costretto, nel 1891, a stampare a sue spese la prima edizione del testo.

L’edizione definitiva del manuale, quella che è disponibile nella biblioteca del Progetto Manuzio (https://www.liberliber.it/biblioteca/a/artusi/), contiene 790 ricette, dalle minestre ai liquori, dai brodi agli antipasti, raccolte da Pellegrino Artusi nel corso dei suoi viaggi.

Anche se nella sostanza vi prevale un intento didattico, l’Artusi non è solo un ricettario: le preparazioni vengono spesso presentate in maniera discorsiva e contengono dissertazioni, aneddoti divertenti, considerazioni dietetiche. Oltre alle ricette vi si propongono anche dei veri e propri menu per varie occasioni.

Forse per conformarsi allo spirito del suo tempo, quello dell’Italia umbertina, l’autore non di rado parla di moderazione e di «morale»; ma un gaio “epicureismo» traspare chiaramente da passi come questo:

Due sono le funzioni principali della vita: la nutrizione e la propagazione della specie; a coloro quindi che, rivolgendo la mente a questi due bisogni dell’esistenza, li studiano e suggeriscono norme onde vengano sodisfatti nel miglior modo possibile, per render meno triste la vita stessa, e per giovare all’umanità, sia lecito sperare che questa, pur se non apprezza le loro fatiche, sia almeno prodiga di un benigno compatimento.

E, presentando un piatto contenente tartufo:

Signore che vi dilettate alla cucina non mettete questo fritto nel dimenticatoio, perché piacerà ai vostri sposi e, per gl’ingredienti che contiene, forse sarete da essi rimeritate.

Dal sito di Liber Liber si può scaricare o visualizzare il testo dell’Artusi: https://www.liberliber.it/biblioteca/a/artusi/.

Bibliografia