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Conosciuta a Monaco Danitza Pavlovic giovane nipote del re serbo Pietro Karađorđević, la quale era nella città tedesca per ragioni di studio, Bruno Barilli si recò nel 1912 in Serbia – a Pozarevac non lontano da Belgrado – a trovare la ragazza, nel frattempo diventata sua moglie. Era in corso la guerra dei Balcani e Barilli venne incaricato dal giornale “La Tribuna” di inviare una serie di servizi sugli eventi bellici in corso. Allargandosi il conflitto con la guerra austro-serba del 1914, anche il “Corriere della Sera” e “Il resto del Carlino” diedero allo scrittore l’incombenza di scrivere dei servizi sugli avvenimenti bellici del momento. Questi servizi confluirono poi nel 1946 nel volume Il viaggiatore volante, nella versione corretta pubblicata su “Nuova Antologia” nel numero del 16 aprile 1931.
Questa antologia di scritti e servizi giornalistici fu poi ripubblicata, nel 1999, dall’editore Franco Muzzio proprio per la grande attualità del momento all’indomani del disfacimento della federazione jugoslava e della nuova esplosione conflittuale nella regione balcanica. Da quest’ultima edizione cartacea è tratta la presente edizione elettronica Manuzio. Naturalmente è vero che, purtroppo, la guerra è sempre attuale e con essa lo sono le paure, i disagi, la disperazione e le speranze che si alternano e si sovrappongono nelle popolazioni travolte dalle battaglie e che l’autore descrive e testimonia con grande lucidità e proprietà di scrittura. Nonostante le esigenze certamente pressanti del resoconto bellico Barilli riesce comunque a plasmare questi scritti attraverso la sperimentazione di quella sua prosa, qui ancora in embrione, espressionista e barocca.
Nel volume trovano poi posto le cronache e i servizi giornalistici che Bruno Barilli scrisse, per vari giornali, da Parigi, Calais e Londra nel corso del 1931 e subito dopo spingendosi nel Nord Europa; la descrizione di quei popoli è sempre avvincente, toccando i punti nevralgici e caratterizzandoli in maniera spesso ironica ma sempre vivace. I Danesi sono «orgogliosi e nazionalisti» mentre gli Svedesi sono una «razza più bella e nobile degli inglesi»; avvicinandosi al circolo polare attende di incontrare i Lapponi:
«A qualche passo da noi c’è lo scheletro d’una tenda di Lapponi – tre tronchi d’albero che s’incrociano in punta. Son marci frolli – mi ci appoggio, crollano, e si rompono come del pane. Crollo silenzioso, leggero vortice d’aria, segnale d’un’assenza. Mi pare che se nella Luna ci fossero dei viventi, sarebbero Lapponi.»
Nel 1935 Barilli compie un nuovo viaggio attraverso il Danubio e questo lo riporta nelle zone da dove venti anni prima aveva raccontato la guerra. Questa volta si spinge anche più a Oriente, fino a Costantinopoli. Nell’ultima parte troviamo la cronaca di un viaggio in Spagna. Anche in questa occasione la vivacità di espressione e l’esposizione delle sensazioni del viaggiatore curioso e attento è di grande efficacia:
«A due metri, alta sul mare, la Rambla si stende piana, larga, incantevole, dal porto alla Piazza Nazionale – poco meno di un chilometro. È un boulevard, coperto di platani, dove la grazia di Barcellona ti sorprende ad ogni passo colle sue tentazioni. Gran movimento di folla. Le automobili, la ferrovia sotterranea, non hanno punto modificato il suo aspetto, né cambiato il suo pubblico Ottocento. I negozi, caffè, ristoranti, aperti, traboccano sul marciapiede. Ogni punto di questa strada è come un palcoscenico; le case han tre o quattro bocche e cento occhi. Sembran vive. Intorno sciama la disinvoltura e la naturalezza del popolo. E c’è il clima dolce di Napoli. Gli studenti e le studentesse fan ressa, mescolando politica e amore.»
Come è per i suoi testi di argomento musicale come Delirama e Il sorcio nel violino, così anche in queste cronache e taccuini di viaggio troviamo la tipica prosa del Barilli che Gianfranco Contini definì “barocca” mentre Cecchi dirà che «si dondola su trapezi vertiginosi»; abbiamo conferma che la sua scrittura è il risultato di un attento e meticoloso lavoro di tipo retorico, che i suoi artifici ed espedienti narrativi sono frutto di studio, sperimentazione, tale da condurlo ad uno stile che gli consente di alternare difformità e dissonanze in maniera dar far liberare la fantasia tra le sue capacità inventive e descrittive attraverso accelerazioni e improvvise pause. La descrizione della realtà viene vivacizzata da colori talvolta deformanti e il risultato che consegue confina con il grottesco; la successione dei brani non è necessariamente cronologica ma funzionale al risultato straniante e fantastico che l’autore vuole raggiungere. Il primo impatto, lasciata alle spalle «l’ultima stazione europea», è la descrizione della pittoresca mescolanza, in zona di guerra, delle varie etnie:
«Lo stravagante quartiere della stazione pullula di soldati del terzo bando; vestiti di panno bruno come i paesani della regione, e armati. Ne son giunti cinquantamila dalle province: alloggiano nelle caserme, nelle scuole e nei cortili delle case private. Dovunque se ne trovano grossi assembramenti, spiccano fra costoro i Valacchi giganteschi, i Macedoni e gli Zingari torvi e ignari. Sono tutti baffuti, robusti, marziali e taciturni.»
Non a caso infatti nella versione del 1931 (e poi del 1946 e 1999) sono eliminati tutti i riferimenti storici e geografici, nomi di luoghi, città e personaggi, come anche le descrizioni di strategie e schieramenti e non troviamo alcun commento sulle cause della guerra. Alle esigenze del reportage bellico si sovrappongono quindi e prevalgono quelle di un’arte di scrittura attraverso una ricomposizione che metta in risalto le potenzialità narrative evidentemente ben chiare lungo il filo della sua memoria. La brevità dell’attimo che ferma l’immagine è probabilmente alla base della scelta del titolo della raccolta. Il viaggiatore volante ferma i luoghi di transito attraverso istantanee che bloccano in sequenza paesaggi, luoghi, persone.
Sinossi a cura di Paolo Alberti
Dall’incipit del primo articolo Guerra Balcanica del ’12:
Lasciamo indietro l’ultima stazione europea. Si fa tardi. La carrozza-ristorante si riempie, le conversazioni si accendono in tutte le lingue, ogni cuore pulsa più profondamente, ogni viso arde di forte passione. La bellicosa capitale s’approssima, e il treno precipita attraverso la notte evocando col suo frastuono innumerevoli visioni di guerra. Là, sotto quell’oscura barriera che ci viene incontro c’è la città balcanica, enorme agglomerato di bicocche alla turca e di fabbriche pretenziose, che dal dorso di un’estesa collina scivolano giù sino al pelo dell’acqua e si specchiano nel fiume. Arrivando non si vedono che miriadi di fanali luccicare sulle strade: sembra una vigna nera dai cui filari pendano grappoli d’oro.
Scarica gratis: Il viaggiatore volante di Bruno Barilli.