Mettiamo subito in chiaro: il tesoro esiste, ma non si vede mai. Si tratta di diamanti “per il valore di sette o otto milioni” che i protagonisti si cuciono nei vestiti per consegnarli al Presidente del Paraguay. Il presidente non si vede mai, e l’avventura non ha a che fare con il Paraguay, se non per la missione che la motiva, ma è ambientata nelle Pampas della Patagonia argentina.

Siamo nel 1869. Da cinque anni è in corso una guerra fra il Paraguay, guidato dal presidente Francesco Solano Lopez, e una triplice alleanza tra Argentina, Brasile ed Uruguay. La nave Picomayo, con un carico di armi ed il “tesoro”, donato da non meglio precisati europei, cerca di raggiungere la foce del Rio de la Plata per incontrare un mercantile incaricato di contrabbandare il carico. Il compito di rivela impossibile a causa del blocco navale delle navi nemiche, ma il capitano, prima di affondare con la propria nave ed il carico d’armi, affida il tesoro a due marinai, mastro Diego e Cardozo, caricandoli su un pallone aerostatico che consentirà loro di fuggire alla cattura. Con loro si imbarca l’agente governativo Calderon, incaricato dal presidente di proteggere il tesoro, che sarebbe servito a prolungare la guerra, che in quel momento volgea a sfavore del Paraguay.

Qui finisce l’inquadramento storico, che sarà frettolosamente ripreso solo nel breve capitolo conclusivo, e comincia la classica avventura salgariana, ricca di ostacoli (bufera, animali selvaggi, indigeni ostili) e di eroi invincibili, come il gaucho Ramon che i protagonisti incontrano dopo essere atterrati nella Pampa, e che avrà un ruolo decisivo salvandoli dagli indigeni patagoni che li avevano catturati. E non manca il tradimento: l’agente governativo, antipatico sin dall’inizio, si rivelerà un doppiogiochista che venderà ai nemici argentini i nostri due eroi; ma naturalmente non mancherà il lieto fine.

Come in tutti i romanzi di Salgari non mancano le descrizioni didascaliche, ma qui sono meno orientati alla botanica ed alla zoologia, e più ricchi di notizie etnografiche ed antropologiche sulle popolazioni locali.

Sinossi a cura di Claudio Paganelli

Dall’incipit del libro:

La notte del 22 gennaio 1869 un battello a vapore della portata di quattrocentocinquanta a cinquecento tonnellate, attrezzato a goletta, che pareva sorto improvvisamente dal mare, eseguiva delle strane manovre, cambiando rotta ogni due o trecento metri, a circa quaranta chilometri dall’ampia foce del Rio della Plata nell’America del Sud.
Le sue forme svelte, la sua prua munita di sperone, i numerosi suoi sabordi che parevano destinati a bocche di cannone o per lo meno a canne di mitragliatrici, la sua velocità di gran lunga superiore a quella delle navi mercantili, e sopratutto i suoi ottanta uomini che in quel momento occupavano la tolda tutti armati di fucili, e il suo grosso pezzo di cannone montato su di una torretta blindata che si alzava dinanzi all’albero di trinchetto, lo davano a conoscere a prima vista per un solido legno da guerra o più precisamente per uno di quei legni che chiamansi incrociatori, potenti ausiliari delle grandi navi corazzate.
Nè sull’alberetto della maistra, nè sul picco della randa, nè sull’asta di poppa portava alcuna bandiera che potesse indicare a quale nazione apparteneva, e quantunque la notte fosse oscura come la culatta di un cannone e navigasse in paraggi assai frequentati, dove una collisione poteva da un momento all’altro accadere e mandarlo a picco, non portava alcuno dei fanali prescritti dai regolamenti marittimi.

Scarica gratis: Il tesoro del presidente del Paraguay di Emilio Salgari.