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Breve testo ospitato dalla rivista di poesia «Circoli» che rappresentò negli anni ’30 il tentativo culturale di Adriano Grande di andare oltre il crepuscolarismo e il futurismo per fondere in una moderna essenzialità lirica le nuove istanze poetiche che andavano formandosi in Italia con l’esperienza tradizionale pascoliana e dannunziana.
Infatti nella redazione della rivista troviamo fin dall’inizio Montale e Sbarbaro. Questo testo, ricco di spunti mitologici, segue il solco dei “poemetti in prosa” inaugurato il secolo precedente da Baudelaire e portato avanti sulla rivista da autori come Giovanni Comisso e Gianna Manzini.
Non a caso nella stessa rivista veniva ospitato il punto di vista di Alfredo Gargiulo sulla pittura come “racconto” e la sensibilità artistica di Ortolani trovava l’ambiente fertile per coniugare la sua attività poetica con l’arte figurativa. Può farsi un parallelo con le opere del pittore argentino Raùl Puccio Posse, dove il linguaggio spregiudicato abbinato alla forza persuasiva e la rapidità di alcune immagini, interpreta un culto mistico e quasi morboso della natura. Nello stesso ordine di valutazioni si colloca ovviamente anche Controcanto che trovò appunto ospitalità nell’attività editoriale sorta parallelamente alla rivista.
Sinossi a cura di Paolo Alberti
Dall’incipit del libro:
Orfeo, l’orfano, il vedovo, il disertato, vengo io al paese dell’Ade, ai magri campi di Perséfone, cercando la mia ombra, Euridice, invocando agli inferni l’ombra dell’amor mio, colei per cui sola fui uno e vivente, al cui sguardo nacqui.
O monti, o selve, o laghi, o rive del mare, se tra voi essa rimane invisibile, almeno voi conoscete i suoi teneri passi, il suo silenzio splendente; conoscete per essa l’animante presenza della deità, l’anelito innumerevole della sua bellezza, come dell’aria, l’ebbrezza di quella libertà imminente, ch’era a me suo dono celeste.
Non per simiglianze, perchè essa non è imitabile; ma quasi per opposti e per voli vertiginosi, voi rendétemela, immagini; voi, coppe di mare negli spenti crateri, tazze solitarie di bevanda celeste; voi, ghirlande di spuma che orlate le auree rive.
Patisco come segni del suo passaggio i fumi bianchi e violetti, i veli lunari, respiro di are nascoste nel notturno verde dei boschi. Bevo a sorsi d’anima l’alito dei suoi passi fragranti per queste spiagge del fuoco e del sale, fra i grandi suoi schiavi dei vulcani, rovesci a ginocchi fino dentro le acque. Ammiro nei laghi morti, specchi d’antico gelo, la severità dei suoi nuovi silenzi. E l’aria umbratile delle selve sempre commemora questo suo transito infinito.
Scarica gratis: Il teschio di Onèsilo di Sergio Ortolani.