Dopo un esordio nella scrittura negli anni giovanili (1852) con un poemetto in ottave, Gli Orazi ed i Curiazi, che restò incompleto e non fu mai pubblicato, Castelnuovo tornò alla scrittura intorno al 1870. Nel frattempo aveva seguito con forte interesse anche se, per motivi di lavoro, senza diretta partecipazione, le lotte per l’unità d’Italia, si era sposato ed aveva avuto un figlio, Guido, che poi diventerà un importante matematico.

Molte delle opere di Enrico Castelnuovo furono edite su riviste e giornali, come «La Nuova Antologia» (dove nel 1870 aveva pubblicato il suo primo racconto), «La Perseveranza», un giornale politico vicino alla causa dell’unità d’Italia e «L’Illustrazione italiana». Egli si dedicò soprattutto alla scrittura di racconti e novelle, un mezzo di espressione che seguì per tutta la vita; ma scrisse anche notevoli romanzi. Costante in tutte le sue opere, novelle o romanzi, fu l’interesse a raccontare la società a lui contemporanea, a volte cercando di ricostruirne il passato. Un’attenzione particolare, in molte sue opere, è riservata all’ambiente veneziano e alla sua società borghese, con i suoi drammi vissuti spesso in una grigia intimità.

È il caso proprio di questo romanzo, Il quaderno della zia, del 1872, pubblicato nello stesso anno di Racconti e bozzetti (qui in Liber Liber), che insieme rappresentano le prime prove notevoli della produzione letteraria di Castelnuovo.

La storia de Il quaderno della zia è ambientata a Venezia e proprio di Venezia viene raccontata, all’interno di una delicata vicenda umana, la Storia nel periodo tumultuoso ed interessantissimo che intercorre tra la fine del XVIII secolo e il 1871. Venezia passa dall’essere la grande e gloriosa Repubblica libera, a cadere, nel maggio 1797, sotto la dominazione di Napoleone Bonaparte, divenendo una delle città della Repubblica Cisalpina. Poco dopo il Trattato di Campoformio tra la Francia e l’Austria del 17 ottobre 1797 sancisce il passaggio sotto l’influenza austriaca di Venezia, che diventa così parte della Provincia Veneta dell’Austria. Ma nel 1805, con il Trattato di Presburgo (oggi Bratislava), l’impero austriaco cede la Provincia Veneta al Regno d’Italia di Napoleone. Nel 1812 entra a forza anche nella vita di veneziane e veneziani la disastrosa Campagna di Russia voluta dell’Imperatore francese, perché della Grande Armata entrarono a far parte anche cittadini provenienti dai territori annessi alla Francia dopo il 1792, quindi anche veneziani. Nel 1813 la città è di nuovo sotto assedio delle truppe austriache, le quali, dopo circa sei mesi di fame e sofferenze dei cittadini, entrano trionfali. La Storia continuerà fino a rendere Venezia una splendida gemma dell’Italia unita.

La vicenda umana narrata ne Il quaderno della zia non arriva però a raccontare delle lotte risorgimentali, ma si ferma al 1814, dopo aver ricordato quanto crudelmente le tumultuose vicende politiche a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo abbiano inciso nelle vite di ogni giorno delle veneziane e dei veneziani di allora. D’altra parte nel 1814 la narrante ha ormai 27 anni:

«A ventisette anni è cominciata per la donna l’età delle memorie; povera lei se quelle memorie son tristi!»

La zia Maddalena dunque, nata nel 1787 e morta nel 1871, è testimone degli eventi grandi e piccoli, li ha subiti, li ha sofferti. Il suo è un punto di vista singolare perché è figlia di un integerrimo borghese, di idee liberali, e di un’aristocratica, dedita solo all’oggi, al denaro da spendere e spandere, ai balli e nata per “non voler darsi pensiero di nulla”. Maddalena così può avere un quadro complessivo della società veneziana, in cui entrano, grazie alla sua anima liberale, l’osservazione e la cura anche delle classi più popolari ed indigenti. La vita le scorre tra le dita nel continuo evolvere delle vicende politiche e nella personale ricerca di una serenità e di affetti, che, dopo la morte del padre, sembrano impossibili da trovare. Ma proprio perché la vita scorre e Maddalena vuole conservare il ricordo dei tempi giovanili,ella inizia a scrivere il suo quaderno che le permetterà di rileggere la sua gioventù quando sarà passato tanto tempo e i ricordi probabilmente si saranno scolorati. Scrive:

«Io vivo nel passato; da poco meno di otto lustri non provo, non desto simpatie intorno a me. M’illumina il raggio d’altri giorni, la fiamma d’altri giorni mi scalda. Sorrido all’ebbrezze fuggevoli, piango ai disinganni amari, ai dolori tremendi d’un tempo ormai svanito da un pezzo. Se dimenticassi, sarei veramente una mummia.»

Ricco di informazioni storiche riferite quasi come il resoconto di un attento e compartecipe cronista, il romanzo è un’ottima e piacevole lettura, e, ancorché la vicenda di Maddalena sia mesta, rimane un’immagine femminile indubbiamente ben scolpita, positiva ed interessante.

Sinossi a cura di Claudia Pantanetti, Libera Biblioteca PG Terzi


NOTA: In caso di riproduzione di tutto o parte di questo testo, si prega cortesemente di citarne l’autrice e Liber Liber.


Dall’incipit del libro:

La vecchia zia Maddalena era morta da tre giorni, ma l’avevano sepolta soltanto quella mattina. Siccome, anni addietro, ella aveva avuto una sincope ed era ritornata in sè dopo ventiquattr’ore, il medico aveva ordinato che la si sotterrasse al più tardi possibile. Nannetta, la guattera di casa, che divideva il suo tempo tra gli umili uffici domestici e il farla da saccente e da profetessa, assicurava che la zia Maddalena nè era morta, nè morrebbe fino ai cento anni, perchè era maga, ed ella l’aveva vista una sera attraverso il buco della chiave tutta assorta in un polveroso quaderno che poi non c’era modo di trovare in nessun angolo della casa e in nessun cassetto. Durante i tre giorni corsi da quando la vecchia spirò l’ultimo fiato fino al momento dei funerali, Nannetta preconizzava, con aria d’importanza, la grande sorpresa che la sedicente defunta teneva in serbo per la famiglia. Non potendosi persuadere che i suoi pronostici non si avverassero, in sull’imbrunire del dì precedente a quello di cui parliamo, ella si mosse dalla cucina con in mano due piatti che stava lavando nello scolatojo, salì la scala, e cacciò il capo per lo spiraglio dell’uscio entro la camera della trapassata. Le persone addette alla custodia della salma dormivano saporitamente, un lumicino tremolava accanto al letto, mandando strani riflessi rossastri sulle coltri e sulla parete, le finestre erano aperte.

Scarica gratis: Il quaderno della zia di Enrico Castelnuovo.