Nelle poche righe di introduzione l’autrice avverte:

«Nel 1° volume: sensazioni liriche su impressioni di natura e di elementi esteriori cristallizzate in lucide conquiste cerebrali. In questo: rarefazioni e tremiti che pervadono con equilibri ed intuizioni campi d’incertezza e di incoscenza: l’ignoto spirituale ed universale.»

Il 1° volume al quale l’autrice si riferisce è Montagne trasparenti pubblicato nel 1917; questo Poema dello spazio è stampato invece nel 1919. La maggior parte di queste “riflessioni liriche” come le definisce Glauco Viazzi, erano già state pubblicare sulle pagine della rivista “L’Italia futurista”.

L’autrice appare quindi pienamente consapevole che la sua scrittura cerebrale si presta alla possibile accusa di intellettualismo e questa consapevolezza è oggetto della sua riflessione in queste stesse pagine che oscillano tra una scelta decisamente analitica e un’espressione di sincera emotività. Getta quindi una sonda per saggiare i limiti della propria comprensione e dialetticamente analizza la possibilità di oltrepassarli. Tutto questo in un linguaggio che rispecchia a tratti l’esigenza autobiografica e contemporaneamente dà vita ad un paesaggio con immagini di rara potenza e insieme di naturalezza. Non mancano aspetti tipici del marinettismo e dei capisaldi dell’immaginario futurista più tipici, come quelli della metropoli.

La scrittura di Maria Ginanni è caratterizzata dalla ricerca dell’esattezza dell’espressione, dal tentativo di valutarne oggettivamente il valore. Se a questo uniamo l’interesse per teosofia e occultismo abbiamo tratteggiato l’atteggiamento artistico-letterario caratteristico di quella che fu definita – dal poeta Raffaello Franchi – la “pattuglia azzurra” della quale Maria Ginanni faceva parte insieme a Rosa Rosà e Irma Valeria e, un po’ defilate da queste tre, Fanny Dini e Fulvia Giuliani. Il gruppo è certamente connotato da una coerenza rafforzata da sinergie interne significative che volevano valorizzare il rapporto tra scrittura e immagine. Infatti nella collana “Libri di valore” che Maria Ginanni diresse troviamo Notti filtrate di Mario Carli con le illustrazioni di Rosa Rosà, e Montagne trasparenti della stessa Ginanni ospita i disegni di Arnaldo Ginna. Tutto questo, scrittura e disegno, appare perfettamente in linea con le Tavole Parolibere marinettiane, ma nello stesso tempo va oltre, come scrive Rosa Rosà nel suo romanzo Una donna con tre anime: «vita femminile tesa in uno sforzo mistico verso un simbolo di irrealtà”. La scrittura di questa pattuglia azzurra – e quella di Maria Ginanni in particolare – anticipa sorprendentemente diversi aspetti del surrealismo.

Emilio Settimelli, presentando Montagne trasparenti, scrive:

«Maria Ginanni è la sorella spirituale del nostro gruppo di lirici esploratori. Io, B. Corra, Remo Chiti, Arnaldo Ginna, Mario Carli, Neri Nannetti, Alberto Maurizio ci sentiamo vicini a lei, al suo modo di vedere la vita, al suo sforzo titanico tendente alla realizzazione di veri valori. Le nostre teorie della misurazione futurista e della creazione di arti individuali trovano in lei non solo una formidabile difenditrice, propagatrice a ampiatrice, ma un meraviglioso esempio d’artista operante nell’orbita di queste audaci asserzioni».

La conferma delle potenzialità di questa scrittura che saranno sviluppate dal surrealismo è forse data da Denti di Grandine che, pubblicato sul quinto numero di “L’Italia futurista” non viene compreso in nessuno dei due volumi che radunano le prose di Maria Ginanni pubblicate su questo giornale. Ne riportiamo un breve brano come esempio «di una scrittura di qualità fisica (coloristica, gustativa e tattile) e visionaria ad un tempo» come dice Cecilia Bello Minciacchi in Spirale di dolcezza + serpe di fascino. Scrittrici futuriste:

«Così tutta l’agonia di questi muri smiagottati di grigio su cui striscia la noia come una lumaca dalla scìa annerita, così il tremito di tutta la vita, diluito in un torpore molle di stanchezza, si riattaccherebbe ad un ponto rosso, si precipiterebbe su una macchietta rossa che guarda come un solo occhio sfavillante. Invece il fumo della sala mi cola sull’epidermide, è assorbito con respiro angoscioso da tutti i miei pori scivola sull’anima asfissiandola di inerzia».

Carpi sottolinea come caratteri essenziali della scrittura di Maria Ginanni il fonosimbolismo e lo slittamento semantico. Sono altresì caratteristiche specifiche l’osservazione dei più minuti particolari della natura e contemporaneamente una tensione verso una superiore sensibilità:

«La capigliatura di una cometa pazza che investe la nostra atmosfera. Certo un suo capello infinitamente lungo si è sperduto nel mio fazzoletto infinitamente piccino»

Certo non si può dire che Maria Ginanni abbia “ucciso il chiar di luna” come avrebbe voluto Marinetti ed appare chiaro che ha sempre presente i suoi riferimenti poetici e culturali derivati dal simbolismo privilegiando sempre i simboli al femminile.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del libro:

Respirare il sapore della propria anima, vivere accanto a noi stessi, tepidamente, delicatamente, per prendere intero, come da una corrente singhiozzante, il groppo dei nostri fruscii interiori disciolto in un groviglio sinuoso.
Vivere della nostra interiorità come di un altro misterioso universo, sconosciuto, che, fascinato dal nostro volto inspirato, salga fino a farci respirare le sue iridescenze di prisma e stordirci dei suoi gorghi incalcolati.
Così.
Attimo per attimo.
Senza nessun punto di arrivo.
Attimo per attimo.
Ritrovarsi soli ad un tratto.
Veder colare le ore malamente una su l’altra, una su l’altra col dinoccolamento di certe mattinate troppo umide in una piccola stazione sui laghi, alle cinque del mattino.
Ore snodate, senza vertebre, burattinesche.

Scarica gratis: Il poema dello spazio di Maria Ginanni.