Seconda raccolta di racconti di Jovine, pubblicata nel 1945, cinque anni dopo Ladro di galline e tre anni dopo Signora Ava. Di quest’ultimo romanzo Il pastore sepolto è un ideale seguito, come ambientazione e, soprattutto, come approfondimento del discorso sulle conseguenze dell’unità d’Italia sulle zone povere e agricole del meridione.

Infatti qui la lotta risorgimentale, che in Signora Ava vede il suo svolgimento in ambiente che vive in maniera contraddittoria l’avanzata dell’esercito garibaldino, è conclusa, e per il contadino meridionale sono rimaste aperte sostanzialmente solo le porte dell’emigrazione, mentre la borghesia agraria va in rovina per carenza di mano d’opera; i latifondi non coltivati vanno in malora e il loro valore non copre più neppure i debiti.

In questo contesto Albamaria, la più giovane in una vecchia famiglia patriarcale rovinata dalla crisi in cui versa il latifondo, che vede sfumare le possibilità di matrimonio perché rimasta senza dote, si aggrappa a un sogno del nonno che rivelerebbe l’esistenza di un tesoro nascosto. Ma il tesoro dissotterrato è solo una statua; Albamaria spera che il tesoro sia dentro e ne spacca la testa. Crolla il mito, la speranza nel miracolo. Resta la fredda e disperata realtà dell’emigrazione.

Il secondo racconto invece ricalca un po’ “Dieci settimane” della raccolta Ladro di galline. Come in quest’ultimo non si può non scorgere l’elemento autobiografico che ripercorre l’esperienza dell’autore come insegnante in un collegio privato. Il povero, anche se ha studiato, esce sconfitto, non può progettare, forse neppure sognare. Giustino si illude di poter trovare l’amore nella sorella di un suo allievo, ma la chiusura della ricca famiglia non può che farlo ribiombare nella disperata rassegnazione della vita dell’istitutore.

Le ultime due raccolte di brevi novelle, Storie di contadini e Gente di città, non possono che ribadire la mancanza di vie di uscita dalla miseria per la vita del contadino, e l’emarginazione del povero dalla vita cittadina.

Pur con alti e bassi stilistici, Jovine riesce a coniugare in maniera esemplare la descrizione amara dell’ambiente agreste sia con un esame storico – che oggi a oltre mezzo secolo di distanza da queste fatiche letterarie viene rivalutato dalla critica storica “alta”, – che con l’atmosfera magica del mito e del folclore.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del primo racconto Il pastore sepolto:

Salvatore di Popoli diceva che il nonno poteva tornare, che la piena del fiume verso sera era diminuita e che forse a quell’ora le acque erano tornate limpide.
Luigia lo interruppe con la solita affettuosa malagrazia e gl’intimò di andare a letto. Il contadino volse lo sguardo per chiedere ai presenti se era giusto che la moglie lo trattasse così, che volesse togliergli quel poco tepore che gli veniva dal fuoco lontano e costringerlo a tornarsene nella sua stamberga buia al vicolo S. Felice.
Ma gli altri non dissero nulla; si vedeva che erano preoccupati. Albamaria filava della lana candida con moto lento ed uguale; aveva la conocchia sotto l’ascella sinistra, incoronata di soffici bioccoli che allungava con rapida cautela e poi comprimeva leggermente perché reggessero il peso del fuso. Le dita sottili scorrevano lungo il filo con una rapida carezza; nell’incerta luce, a tratti, non si vedeva che questo moto delle bianche mani e si udiva appena il brusire leggerissimo del fusaiolo. Albamaria aveva la testa appena reclinata sulla spalla sinistra e la bocca socchiusa e immobile come se dormisse.
Carlotta era più prossima al focolare e teneva i gomiti puntati sulle ginocchia; con le mani si sorreggeva il viso grasso e guardava assorta il fuoco del ciocco.

Scarica gratis: Il pastore sepolto di Francesco Jovine.