Due anni dopo il grande successo di La cena delle beffe e un anno dopo l’insuccesso di L’amore dei tre re, viene rappresentato a Torino e Roma il 31 maggio 1911 Il Mantellaccio, che ribadisce come il Benelli si senta ormai consolidato nella tematica della rievocazione storica, che però tende a limitare e ingabbiare la sua sincerità.
Questo dramma sembra voler essere una risposta alle critiche rivolte l’anno precedente all’autore che vertevano soprattutto sulla presunta rivalità con D’Annunzio. L’opera infatti appare come una presa di posizione sulle forme poetiche e la polemica appare volontaria e consapevole. Tramite il confronto tra due gruppi di poeti, il primo molto “accademico” a imitazione di un petrarchismo sul quale Benelli sembra voler stendere un velo di ridicolo, e il secondo – il Mantellaccio che dà il titolo al dramma – teso a proporre una nuova poesia fondata anche sulla libera espressione dell’improvvisazione popolare, Benelli propone una interessante riflessione sull’essenza stessa dell’arte e il ruolo che, soprattutto in quegli anni, andava assumendo e ancor più su quello che potenzialmente avrebbe potuto assumere. L’opera appare quindi come manifesto per la libertà d’espressione poetica che non può che collocarsi nettamente in contrasto con la poesia che scaturisce dall’erudizione accademica.
Concorrendo, in occasione del carnevale, per l’amore di giovani donne i due gruppi si contendono in realtà la credibilità poetica. L’aver “toccato” il cuore di una donna costa al poeta “Novizio”, incomprensibile per gli accademici, ma commovente per le donne e il pubblico, la vita, al termine di uno “scherzo carnevalesco” ai danni del più autorevole portavoce degli “accademici”. Ma quel che preme a Benelli è che siano chiare le nuove opportunità che un innovativo linguaggio poetico può offrire.
Non concorde la critica dell’epoca: stroncato su «La Stampa» di Torino sia dal direttore Frassati che da Borgese, i quali parlarono di un “vuoto” che non offre prese alla critica. Giuseppe Lanza e, soprattutto, Cozzani sul «Giornale d’Italia» diedero invece giudizi molto positivi.
Sinossi a cura di Paolo Alberti
Dall’incipit del libro:
Si vede un grande salone con una vetrata in fondo: attraverso un giardino e il colonnato di un portico.
È questa la sede dell’Accademia degli Intemerati. A sinistra nel fondo è come un piccolo santuario con le effigi del Petrarca e di Platone e con alcune reliquie sacre al culto dei Petrarchisti. A destra si vede la cattedra e intorno e nel mezzo molti scanni.
IL CRISTALLINO, entrando:
Che carnovale vuol’esser quest’anno!
Se vedeste, messeri, in via Larga:
uh! quanta gente! Che rigurgitio
di persone! Che strepito di maschere!…
IL CANDIDO.
Cristallino! Se più ti garba l’urlo
della plebe od il canto de’ poeti
carnascialeschi, vattene! Qui vigila
lo spirito pensoso e malinconico
del divino Petrarca!
Scarica gratis: Il Mantellaccio di Sem Benelli.