Pubblicata la prima volta nel 1929, la raccolta di racconti Il destino in pantofole di Pietro Silvio Rivetta, alias Toddi, ebbe subito un certo successo e venne ripubblicata almeno due volte negli anni subito successivi. Poi, come tanti altri libri, scivolò nell’oblio. Ne esce oggi grazie a Liber Liber, per offrire di nuovo alle lettrici e lettori una serie di quadretti tra l’assurdo e l’umoristico che ritraggono un’Italia, un mondo, dove convivono insieme l’ipocrisia e le novità, le mode e le fissazioni, la morale e la bella vita.

L’autore, vivacissimo animatore di salotti, teatri e cabaret, regista, giornalista, poliglotta (conosceva e parlava 14 lingue), iamatologo ed esperto di diritto, in questi quindici racconti scrive divertendosi e riesce a divertire chi legge, in modo arguto e sempre chiudendo i racconti con un piccolo fuoco d’artificio. Sono tutti racconti dell’assurdo, ma, come in certe trovate di Achille Campanile, la realtà di ogni giorno è sempre dietro l’angolo.

La scelta di alcuni nomi dei suoi personaggi fa già capire lo spirito dei testi: il marchese Leopoldo di Castelventotto, il visconte Gianroberto di Castelpuntellato, la marchesa Barbara di Roccafriosa, Ugpe Sumigdla dalla “epidermide boreale” tipico esempio di protoinfluencer, Arcibaldo G. Dreamer nato “ figlio unico, biondissimo e filantropo.“,…

Le storie raccontano anche di un futuro prossimo (ma senza mai arrivare al 2000!) ricco di utili invenzioni come il fonodictografo e di trovate come l’Euthanasian Co Ltd, di relazioni tra nazioni, di grandi compagnie,…

Un riferimento temporale è decisamente interessante. Nel racconto Tre persone e un paralume viola, Toddi scrive:

«Piazza del Pantheon, con la pioggia, è più bella ancora che a tempo sereno: il pavimento in legno le dà l’aspetto di una solenne sala all’aperto, accuratamente lucidata,…»

Ad inizio Novecento la piazza, che in realtà si chiama Piazza della Rotonda, era coperta da un selciato che nascondeva la pavimentazione originale dell’epoca dell’imperatore Adriano. Il monumento già dal Rinascimento ospitava tombe illustri come quelle dei pittori Raffaello Sanzio, Annibale Carracci e Taddeo Zuccari, dell’architetto Baldassarre Peruzzi e del musicista Arcangelo Corelli; vi sono custodite anche le tombe di Vittorio Emanuele II di Savoia, di Umberto I e di sua moglie, la regina Margherita. Il traffico intorno era assai rumoroso e spargere segatura non era sufficiente ad attutire il frastuono delle carrozze. Nel 1906 furono istallati nella piazza ‘sanpietrini’ di legno, grazie ad un munifico dono di legname da parte del Municipio di Buenos Aires – che, come recita la targa sulla piazza, “col legno delle foreste argentine volle pietosamente circondare di religioso silenzio le tombe venerate dei due primi re d’Italia” – ed al lavoro di carpentieri argentini, che curarono poi per anni la manutenzione. Ma il legno, unto per mantenerlo impermeabile, creava problemi di stabilità ai passanti. Nel 1950 il legno fu rimosso e sostituito con i classici sanpietrini di pietra. Alcuni blocchetti di legno rimossi furono donati al Convento salesiano presso la Basilica del Sacro Cuore di Gesù nel Rione Castro Pretorio a Roma, dove sono stati posti in un ingresso carrabile.

E questo è il sedicesimo racconto!

Sinossi a cura di Claudia Pantanetti, Libera Biblioteca PG Terzi APS

Dall’incipit del libro:

Non mi parlate di filologi, di professori di lingue estere e di orientalisti specialmente.
Li detesto tutti, poi che uno di essi mi ha reso omicida.
Ogni sera, in quell’ora bruna che – dal XIII secolo in poi – intenerisce il core, sono preso dal desiderio di donare le mie ricchezze ai poveri e ritirarmi, eremita, a dura penitenza.
Un dubbio mi rattiene: il dubbio che il rimorso mi seguirebbe anche lassù.
Perciò, ogni sera concludo:
— Se debbo conservare il rimorso per la morte della zia, tanto vale che conservi anche le ricchezze ereditate da lei.
E cerco l’oblìo in una sala di cinematografo, dove è possibile non pensare a nulla, neppure a quel che si proietta sullo schermo.
Generalmente si dice troppo male delle suocere e troppo poco bene delle zie.
Delle zie d’Europa specialmente, le quali sono assai migliori che gli zii d’America. Anzitutto perchè quelle esistono ancora, mentre questi sono un genere assolutamente esaurito.
La mia buona zia Ludovica esisteva ancora, un anno fa.

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