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Novella autobiografica che può essere vista come “romanzo di formazione” permeato di amara disillusione. Si snoda dall’infanzia di fratello e sorella sulla quale incombe la tragedia familiare della morte della madre; infanzia scandita dai colpi incessanti di tosse.
Prosegue con la invadente presenza della nuova compagna del padre e la nuova tragedia della morte del neonato fratellastro. Le pagine successive descrivono il declino del padre e in questa fase la novella può essere letta come “l’omicidio virtuale della figura del padre”. Ma il riaffiorare dall’abisso di dolore lo troviamo nella descrizione dell’incontro e della nascita del rapporto con il futuro marito Silvio Benco; pagine di eccezionale efficacia sia nella descrizione dell’incontro – l’offerta di tre gladioli rosso magenta – sia, soprattutto, nel delineare in poche righe con estrema determinazione lo sviluppo dell’indipendenza e dell’autonomia nell’ambito del loro rapporto.
Recensito con favore da Pietro Pancrazi che, insieme a Silvio Benco – autore della prefazione all’altra opera della moglie Creature – evidenzia la caratteristica più evidente, non solo di questa novella autobiografica ma di tutta la prosa di Delia Benco: quella di filtrare ogni esperienza di ambiente e persone attraverso la più marcata soggettività.
Molti i refusi nell’edizione originale, corretti con molta cautela rispettando il criterio del minimo intervento possibile e, soprattutto in rapporto alle doppie e alle scempie, quello che poteva essere l’uso ortografico locale dell’epoca.
Sinossi a cura di Paolo Alberti
Dall’incipit del libro:
La fotografia che mi sta dinanzi sembrerebbe fatta di recente, tanto bene si è conservata sotto vetro, nella larga cornice nera. Ma è proprio la sua verniciatura fuori moda che la fa retrocedere nel tempo, assegnandole l’età che non dimostra. Rappresenta due bimbi: fratello e sorella che si tengono per mano, appoggiando i gomiti sopra una ringhiera.
Luminosi occhi di cerbiatta ha la bimba, il naso breve, la bocca a labbra sottili, salienti come due ali, un fiume di capelli che allaga tutto lo sfondo, e le si rovescia sulla spalla un po’ alta. Il vestitino è grigio, chiuso al collo e ai polsi. Tiene una mano afferrata alla ringhiera, l’altra sottomessa, vibrante come gli occhi, nella mano del fratello che vi preme su il pollice: vestito di nero, con cravatta incrociata sotto il mento gracile. Due pozzette gli stirano in giù la bocca, e tutta la luce gli si adagia sulla fronte.
Si chiamano Tita e Tito.
Veramente hanno altri due nomi, che figurano soltanto sulle etichette dei quaderni. Frequentano la stessa scuola, a una classe di distanza, e infilano i due portoni eguali, dopo essersi salutati all’angolo.
L’appartamento in cui vivono con babbo e mamma, è al secondo piano di una bella casa in un viale fiancheggiato d’ippocastani, che ha un poggiolo dal quale si scorge, nel fondo di una traversale, l’edificio a cotte rosse della scuola. Cinque stanze, un lungo corridoio e una terrazza a vetri. Potrebbero fare delle lunghe corse, giocare a nascondersi, e talvolta non reggono alla tentazione, ma si arrestano a mezzo il gioco, e in punta di piedi vanno a schiudere un uscio: mamma non riposa: sta leggendo vicino alla finestra e tosse.
Scarica gratis: Ieri di Delia Benco.