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All’inizio del XX secolo un buon numero di giovani poeti, oggi prevalentemente del tutto dimenticati, si diedero ad esperienze poetiche certamente non nuovissime, ma rinnovantesi nei miti, nei simboli, nelle stravaganze classiche. Il verso è palesemente studiato e può apparire lontano dai sentimenti reali della vita vissuta. Tra questi c’erano imitatori del Carducci, come Cristoforo Ruggieri; Angelo Toscano (deceduto giovanissimo nel terremoto di Messina), la vicentina Elisa De Muri Grandesso Silvestri, Augusto Serena (vedi in questa biblioteca Manuzio), Diana Toledo e i suoi versi d’amore, solo per citarne alcuni. Tra questa generazione di poeti il giovane Lipparini ha il suo posto di rilievo, conquistato anche grazie a questa breve raccolta poetica pubblicata da Zanichelli nel 1901. La critica non fu certo unanime, né, prevalentemente, benevola. Viene riconosciuto a Lipparini in genere un rigoroso ossequio alla forma che lascia trapelare un’idea estetica ben precisa attraverso la schietta italianità del linguaggio in un ambiente che complessivamente rappresentava questa italianità in maniera quantomeno approssimativa.
Pirandello fu decisamente drastico e durissimo:
«Un libro, invece, che non vuol dir nulla, assolutamente ozioso, è quello di Giuseppe Lipparini, Idilli. Mi pare (e vorrei ingannarmi) che ben poco o nulla dia a sperare un giovane che, fin da principio, non si mostri d’altro preoccupato che di scriver bello. Tra scriver bello e scriver bene ci corre. Solamente per un’astrazione, nel campo dell’arte, si possono dividere, isolare le parole dall’idea che esse esprimono; le immagini, dai sentimenti che esse svegliano; i due termini in fondo sono intimamente uniti e non dissociabili. Nell’arte vera, il linguaggio è digià il pensiero, l’espressione è l’idea stessa, e la sensazione non si lascia separare dall’idea, ma l’una e l’altra esistono nella fusione reciproca, che forma l’unità d’una armonia superiore. Ora, in questi Idilli, non ci sono sentimenti e non ci sono idee; ma soltanto parole, belle parole preziose che non costano nulla, e immagini vacue e fredde, poiché solo il sentimento può vivificare l’immagine e renderne espressivo il valore. L’artista non è un giocoliere che sollazza il pubblico con le parole e i suoni e le linee e i colori, come con tanti globetti di vetro colorati. L’artista, per creare, bisogna innanzi tutto che sia commosso: e questi Idilli sono, invece, grette composizioni esteriori, vuote esercitazioni di stile, di un dato stile che ormai, per fortuna, accenna a passar di moda; insulse addizioni di elementi abusati fino alla sazietà e divenuti stucchevoli (vasche più o meno limpide, opulenti rami, magici giardini, fini aromi, chiare fonti politi, ore pellegrine, capaci anfore, ecc. ecc.), combinazioni d’una certa alchimia letteraria; industria, insomma, manifattura, artificio fatto per il solo gusto di farlo, e niente altro. Arte, no, davvero.»
Certamente all’inizio del secolo scorso era vivacissima l’attesa di nuove forme, di nuovi stili, di nuove immagini che sarebbero state i cardini della poesia italiana del ’900. In questo quadro anche il contributo di Lipparini (e di molti altri giovani ai quali ho sopra accennato) ha il suo perché, come eloquente indice di un possibile risveglio classico, come tentativo di risuscitare le antiche forme del pensiero poetico sotto una più moderna veste. Quindi sotto il principio della conservazione artistica è impossibile non scorgere un buon artigiano del verso che riesce a far sorgere da un endecasillabo grave ma sonoro immagini favolose; in un’ottica simbolista Lipparini riesce a far riemergere le cose dell’antichità della quale ha evidente il senso e la dottrina. Rimane freddo, questo è certo, ma è puro, in un ambiente classicista che è generalmente anche più freddo e molto meno puro come ad esempio il Francesco Rocchi di Nubila.
Sinossi a cura di Paolo Alberti
Dall’incipit della prima poesia Il presagio:
Tutta la notte vigilò il Monarca
presso la vasca limpida ove i cieli
specchiavansi con una curva parca;
ed ascoltò cader frequenti i meli,
pondo soverchio a gli opulenti rami:
archi rompenti de la notte i veli.
Vedea sui colli splendere i richiami
de l’inimico, enormi vampe ardenti;
vedea guerrieri andar in lunghi esami.
Scarica gratis: Idilli di Giuseppe Lipparini.