Il testo, un breve prezioso racconto, pubblicato nel 1844 e nel 1850 adattato per il teatro, fa parte della ricchissima produzione di Alexandre Dumas. La prima edizione italiana, questa che vi presentiamo, è del 1853 e, dopo le ultime pubblicazioni degli anni trenta, è riapparso in una nuova traduzione solo nel 2009 per i tipi di Donzelli.

Ambientata in parte in Corsica e in parte a Parigi, la storia inizia come un avvincente diario di viaggio in una delle più remote zone dell’entroterra della Corsica sud occidentale. Dumas è presente come io narrante, come il colto viaggiatore alla scoperta di un paese sconosciuto. Ad accoglierlo è una nobile famiglia composta da una madre vedova e da due fratelli gemelli: Luciano, che vive con la madre, e Luigi, che è partito per Parigi per studiare legge.

Sottende la narrazione la rivendicazione dei corsi, mista all’amarezza di una battaglia che sentono persa in partenza, a che l’isola riesca a conservare la sua cultura, le sue tradizioni fiere, ospitali, a volte violente, ma che sole nobilitano il vero corso agli occhi del mondo, in un momento – siamo a metà dell’Ottocento – in cui gusti e costumi francesi stanno per invaderla. Ora, ad esempio, l’unica soluzione ammessa di ogni divergenza è la vendetta:

“— Il Mucchio allora è la tomba? — Sì, vale a dire il monumento che ogni viandante, gittandovi una pietra e un ramo d’albero, innalza sulla fossa di qualunque uomo assassinato. Da siffatta pietosa usanza risulta che in vece di sprofondarsi a poco a poco come le altre fosse sotto i passi di quel gran livellatore che si chiama il tempo, la tomba della vittima divien sempre più grande, simbolo della vendetta che deve sopravviverle, e crescere incessantemente nel cuore de’ suoi parenti più stretti.”

Incarna il profondo legame alla tradizione Luciano, il fratello che è rimasto nel piccolo arroccato paese nel quale è divenuto un’autorità. L’esposizione di alcune armi che egli conserva nella sua stanza sono il modo di tener viva la memoria dei fatti di sangue più notevoli della storia della Corsica legata all’aspirazione all’indipendenza: una daga ricorda l’omicidio di Giovanna o Vannina d’Ornano per mano del marito Sampietro Corso, considerato uno dei primi fautori dell’indipendenza della Corsica; una spada è collegata alla storia di Pasquale Paoli, che intorno alla metà del XVIII secolo aveva riunito i gruppi indipendentisti armati corsi arrivando a accendere la miccia della prima vera rivoluzione borghese d’Europa.

Il carattere e gli interessi diversi di Luigi invece appaiono subito chiari al viaggiatore Dumas, quando nota l’eleganza della sua stanza da letto, nella quale è alloggiato; è talmente raffinata da dare all’ospite l’impressione di trovarsi in una residenza della Chaussée-d’Antin, divenuta zona elegantissima di Parigi al tempo di Luigi XV. Addirittura tra i molti libri presenti intravede con orgoglio le sue Impressioni di Viaggio. È Luigi a rappresentare l’inevitabile futuro dell’isola, in cui le tradizioni saranno accantonate e soppiantate dai costumi francesi e dove “il giudizio degli uomini sostituirà il giudizio di Dio”. Tuttavia la Parigi di Luigi non è certo una culla di civiltà. Dumas descrive una società ricercata, colta, galante, ma che è ben distante dalla rigida moralità corsa, e che, sotto una sottile vernice di perbenismo, mostra disprezzo della persona umana, lucida crudeltà e cinismo.

Comune e profondissimo nei due fratelli è il senso dell’onore, che regola in ogni momento la loro condotta. Ma strani misteriosi legami intercorrono tra loro: ognuno percepisce contemporaneamente su di sé le stesse sensazioni fisiche, le stesse sofferenze dell’altro, ad onta della distanza che li possa separare. Inoltre, come tutti i membri della loro famiglia di generazione in generazione, vengono visitati nei momenti estremi, da revenants portatori di ferali notizie. Questi elementi conferiscono di pagina in pagina alla narrazione cupa e tragica toni a volte fantastici, da puro romanzo gotico.

Il libro si chiude con una lettera di un colto parigino che arriva per vie traverse nelle mani di C. Z. Cafferecci, traduttore italiano de I fratelli corsi. La lettera è del 1853, dodici anni dopo i fatti narrati da Dumas. In essa il mittente racconta brevemente il suo viaggio in Corsica; i corsi, se definiti un tempo “fieri, spiritosi, prodi, ospitali, ardenti nelle loro affezioni, terribili nel loro odio”, oggi nel divenire più francesi si fanno “amabili e tolleranti”. Casualmente entrato in contatto con uno dei personaggi del racconto, il viaggiatore lo interroga sugli eventi successivi a quelli raccontati da Dumas in modo da soddisfare le curiosità che possano essere rimaste nella lettrice e nel lettore.

Sinossi a cura di Claudia Pantanetti, Libera Biblioteca PG Terzi APS

Dall’incipit del libro:

Sul principio del mese di marzo dell’anno 1841, io viaggiava in Corsica. Nulla v’è di più pittoresco e di più comodo che un viaggio in Corsica; ci s’imbarca a Tolone, ed in ventiquattr’ore si arriva ad Ajaccio, o nel medesimo spazio di tempo, a Bastia.
Si compra ivi o si noleggia un cavallo; se si prende a nolo, tutta la spesa è di soli cinque franchi al giorno; se si compra, cento cinquanta franchi una volta pagati sono sufficienti. Nè si rida della modicità di un tal prezzo; questo cavallo, noleggiato o comprato che sia, simile a quel cavallo famoso del Guascone che dal Ponte Nuovo saltava nella Senna, fa cose, che non ne farebbero delle simili, nè Prospero nè Nautilas, eroi che tanta rinomanza acquistaronsi nelle corse di Chantilly e del Campo di Marte.
Il cavallo, di cui è parola, passa per sentieri ove lo stesso Balmat avrebbe fatt’uso di ramponi, e sopra certi ponti sui quali Auriol domanderebbe un contrappeso.
In quanto al viaggiatore, non deve pensare ad altro che a serrar gli occhi, e lasciar fare all’animale: non tocca a lui a pensare al pericolo.
Si aggiunga, che con questo cavallo, che passa dappertutto, si possono fare quindici leghe tutti i giorni, senza che cerchi mai da bere e da mangiare.
Di tratto in tratto, quando il viaggiatore si ferma ad oggetto di visitare un vecchio castello fabbricato da qualche signore, eroe e capo di una popolar tradizione, o affine di disegnare una vecchia torre innalzata da’ Genovesi, il cavallo pasce un cespo d’erba, scorza un albero, o lecca una roccia coperta di musco, e questo è il suo pasto.

Scarica gratis: I fratelli corsi di Alexandre Dumas [père].