Podcast: Apple Podcasts | RSS
(voce di SopraPensiero)Roberto Carboni – scrittore di noir del quale ci vantiamo di esser stati fra i primi, in tempi non sospetti, a dire un gran bene su queste pagine – ha appena ricevuto il prestigioso riconoscimento dei Lions di Bologna “Nettuno d’oro”, quale “artista bolognese dell’anno”. In esclusiva per «Pagina3», l’abbiamo intervistato.
“Artista bolognese dell’anno”: un premio prestigioso. Qual è stata la prima cosa che hai pensato quando te l’hanno comunicato?
Il 2015 è un anno talmente strano che potrebbe veramente accadermi di tutto. E di fatto sta accadendo: per esempio, dopo 26 anni che sto con mia moglie mi è nato un bimbo. Umilmente, ho pensato che nel 2009, quando stava per uscire il mio primo romanzo, con mia moglie passavamo davanti alla vetrina di una libreria e lei mi disse: un giorno anche i tuoi romanzi saranno esposti in vetrina. E io le risposi: impossibile. E mi sembrava impossibile sul serio. E invece poi sono addirittura arrivato secondo nella classifica Feltrinelli, dietro solo al grande Camilleri. Poi altri riconoscimenti. E adesso il Nettuno d’Oro, come artista bolognese dell’anno. Un’altra cosa che ho pensato, e che penso sempre, è che i premi sono gratificanti in quanto ti fanno capire che sei sulla strada giusta, ma bisogna comunque ricordarsi che il lavoro dello scrittore è scrivere, documentarsi e migliorare. Quindi è giusto gioire, ma poi testa bassa, dita sulla tastiera e fame di inventare storie nuove e migliori. Nel mio caso storie che inquietino. Perché la finzione è una cosa tremendamente seria.
Cosa si prova a ricevere lo stesso premio che è già stato di Lucio Dalla, Enzo Biagi, Pupi Avati, Carlo Lucarelli?
Ho una mente analitica, a volte anche troppo fredda. Per cui il premio è soprattutto la conferma che sto lavorando bene e che devo insistere in questa direzione. Per un bolognese condividere qualcosa con questi grandi personaggi è una soddisfazione impagabile. Penso che ogni artista viva nel suo mondo parallelo, nel bene e nel male. E lo trovo affascinante. Amo entrare in contatto con menti creative, conoscere il loro punto di vista, capire cosa e come le spinge. Il rischio è trovare più affascinante il mondo immaginario di quello reale. Ma non riesco a essere altrimenti.
Prima tassista e scacchista, ora noirista e insegnante di scrittura creativa. Chi è il vincitore del “Nettuno d’oro 2015”?
Credo di avere il coraggio di essere me stesso, a costo di apparire strano. Rido: decisamente a volte sembro strano sul serio. Mi rendo conto di avere una mente fertile, nella fantasia sono Roberto Carboni Nettuno d’Oro artista dell’anno, nel mondo reale sono una persona tutto sommato piuttosto normale. Il mondo reale comunque è soprattutto un tramite, una finestra che mi permette di osservare, per poi elaborare le mie storie.
Bologna ha premiato il cantore che ha fatto di lei lo sfondo di tutte le sue opere. Com’è la “tua” Bologna?
Amo la mia città e questo lo si capisce nei miei scritti, ma soprattutto essendo uno scrittore noir, trasformo Bologna in un luogo angosciante. Fare paura è difficile almeno quanto fare ridere. Se leggiamo una pagina di Poe e la confrontiamo con una pagina di uno scrittore scadente che desidererebbe creare tensione, ci accorgiamo che le diversità sono pochissime. Qualche parola, la costruzione della frase, la punteggiatura […] È solo questione di sensibilità. Basta poco per trasformare uno scritto di tensione in qualcosa di scialbo o al contrario, di gratuitamente sanguinario (che forse è ancora peggio). Bologna contiene tratti indiscutibilmente inquietanti. Ecco, io li ricerco e li trasferisco sulla carta. Credo di riuscirci decorosamente. Mi hanno detto: tu scrivi troppo bene per limitarti al noir. Ringrazio per il complimento, ma la realtà è che la mia scrittura è efficace proprio all’interno di questo genere. Molti miei colleghi ci tengono a dire che loro sono «scrittori» in generale. Io sono orgoglioso di dire che sono uno scrittore noir. E per noir intendo quello puro. Niente indagini di polizia, nessuna ricerca della luce o della morale. Il noir di fatto non è né morale né immorale, ma solamente amorale. Non è interessato a spiegare cosa è bene e cosa non lo è. La storia va avanti e travolge il lettore. E sarà il lettore stesso a mettere (se lo vuole) il proprio giudizio. Io non ho la presunzione di insegnare niente a nessuno, i miei scritti sono gallerie di specchi nei quali il lettore si può rivedere da molte angolazioni, e decidere. Ma la decisione sarà incondizionatamente sua.
Sei al tuo terzo noir con Frilli, L’ammiratore. Cosa ci riserva il futuro della tua narrativa?
Ho tre romanzi terminati. Molto diversi tra loro, ma tutti e tre mi piacciono. Quindi sarà difficile scegliere quale fare uscire per primo. Ho anche altri due romanzi in lavorazione. E fanno cinque. Sarà dura decidere. Poi ci sarà, sempre con la Fratelli Frilli Editore, la riedizione del mio secondo e terzo romanzo. Nel frattempo continuerò a studiare i meccanismi della tensione. Amo fare paura, ma solo per finta.