Sono riuniti in questo libro i testi di due conferenze che Nitti tenne rispettivamente nel 1898 e 1899. Entrambi i temi sono ispirati dalla profonda e vibrante emozione meridionalista che animò sempre questo statista. L’eroe è «colui il quale compie da solo cose straordinarie, o tenta di compierle, e per esse muore, l’Italia è stata la terra sacra degli eroi.»

Questo fatto però è in relazione secondo l’autore con il basso spirito di solidarietà e un basso livello culturale e, a causa di questo, le azioni che avrebbero dovuto scaturire da una coscienza collettiva inesistente sono state tentate da uno solo o da pochissimi. In ambito risorgimentale vengono ricordate le figure di Pisacane – visto come in romantico visionario ma per il quale Nitti non manca di sottolineare, a modo suo certo, l’impegno teorico dei suoi scritti –, dei fratelli Bandiera, del cardinal Ruffo. La figura di quest’ultimo, che oltre sessant’anni prima dell’impresa garibaldina aveva battuto francesi e liberali per riconsegnare al Borbone una Napoli che aveva proclamato la repubblica, serve per sottolineare come la figura dell’eroe si possa inserire nella storia come l’artefice di vittoriosi sommovimenti portati avanti con pochi mezzi contro forze enormemente più ingenti. Non importa dunque, ai fini di questo teorema, che lo scopo di Ruffo andasse in direzione diametralmente opposta a quello di Garibaldi.

«Un tentativo eroico legittimista avea anche allora riconquistato al re un paese che era nelle mani dei francesi e dei liberali. E si può dire che la spedizione di Ruffo non sia stata la preparazione di tutte le seguenti fatte nel senso contrario?»

Forse più interessante la seconda conferenza sul tema dei briganti. Interessante perché Nitti affronta il tema del brigantaggio preunitario, tema sul quale la storiografia ha per lo più sorvolato preoccupandosi di analizzare, e spesso per i contemporanei di riscrivere, il fenomeno del brigantaggio postunitario. Scrisse Vincenzo Padula nel suo Cronache del brigantaggio in Calabria (1864-1865):

«Finora avemmo i briganti. Ora abbiamo il brigantaggio; e tra l’una e l’altra parola corre grande divario. Vi hanno briganti quando il popolo non li aiuta, quando si ruba per vivere e morire con la pancia piena; e vi ha il brigantaggio quando la causa del brigante è la causa del popolo, allorquando questo lo aiuta, gli assicura gli assalti, la ritirata, il furto e ne divide i guadagni. Ora noi siamo nella condizione del brigantaggio.»

Padula (del quale si possono leggere su Liber Liber numerosi testi) nonostante avesse sempre appoggiato le rivolte dei contadini, vede il brigantaggio preunitario evidentemente come azioni di isolati rivoltosi. Nitti cerca invece di fornire un inquadramento socio-culturale al fenomeno, analizzando le condizioni del meridione in quella fase ma sorvolando, credo per ovvie ragioni di sua opportunità politica, sul filo rosso che collega le due fasi del brigantaggio. In pratica del brigantaggio postunitario non parla affatto. Sarebbe bastato per identificare questo filo rosso tratteggiare anche sommariamente la figura di Carmine Crocco, che fu brigante sia prima che dopo, pur avendo partecipato a fianco di Garibaldi nella battaglia del Volturno e avendosi visto disconoscere il diritto all’amnistia che era stato promesso. Il fatto è che Nitti detesta ragionare in ottica “di classe”, ottica che a quel tempo era praticamente indispensabile per destreggiarsi nella comprensione delle dinamiche di cambiamento sociale. Ma questo gli consente di fornire un’interpretazione forse audace ma non peregrina. Contrariamente a quanti sostengono che il brigantaggio postunitario sia stato generato dalla politica savoiarda colonizzatrice nei confronti del meridione d’Italia che obbligava, per esempio, al servizio di leva, Nitti vede invece in questa opportunità data ai giovani di vedere la vita in altre città, in ambienti diversi, un elemento atto ad estinguere il fenomeno del brigantaggio al quale avrebbe poi dato il colpo definitivo il fenomeno dell’emigrazione.

Quello che si può rilevare con relativa certezza – e questa osservazione rappresenta lo strumento per mettere in relazione le due conferenze – è che nessuno degli eroi risorgimentali (con la parziale eccezione di Garibaldi) sia entrato nella memoria collettiva dei centri del Sud, che resta ancora oggi ancorata a figure di eroi popolari, oggetto di ammirazione e timore reverenziale, come Ninco Nanco, Maria Brigida, Lucia Di Nella, Pietro Bianco e il già ricordato Carmine Crocco.

Resta da ribadire che, in tema di brigantaggio, su quello postunitario si è scritto, forse anche troppo, mentre sui briganti e movimenti contadini che percorsero le antiche province del regno borbonico si è detto davvero poco. Anche da un punto di vista letterario la mitologia brigantesca del nostro Sud è stata soverchiata dalla narrativa sudamericana del XX secolo, che ci ha portato a scoprire le fantastiche storie dei bandoleros del sertao (cangaçeiros) – persino Hugo Pratt ha reso protagonisti di sue memorabili tavole i “banditi sociali” del Brasile – e benchè le avventure e le figure di Angelo Del Duca, Re Marcone, Taccone, Mammone siano state protagoniste dei fenomeni ribellistici e capaci di accendere l’immaginazione, tale terreno resta ancora oggi praticamente inesplorato.

Per quanto riguarda il tema, segnalo presente in questa biblioteca Manuzio l’interessante testo di Salvatore Di Giacomo Per la storia del brigantaggio nel Napoletano; Marco Monnier scrisse un ottimo saggio sull’argomento, ma la traduzione non è ancora di pubblico dominio. Nitti avverte che la bibliografia sarebbe lunga e complessa e non dà quindi indicazioni in merito, limitandosi a segnalare le notizie avute da Benedetto Croce, che, soprattutto in anni giovanili, si interessò molto al problema del brigantaggio scrivendo un bel saggio sulla figura del brigante Angiolillo (prossimamente in questa biblioteca Manuzio) dal quale certamente Nitti ha attinto proficuamente. Uno studio storico accurato rimane quello di Antonio Lucarelli sui briganti di inizio ottocento Ciro Annichiarico e Gaetano Vardarelli che certamente Nitti non aveva letto al momento di queste conferenze poiché fu pubblicato nel 1942. Tra gli studi recenti ricordo invece quello di Tommaso Pedio (Il brigantaggio meridionale) e del troppo presto e prematuramente scomparso Enzo di Brango (Brigantaggio e rivolta di classe) in collaborazione con Valentino Romano e con prefazione di Enzo Ciconte, testi che forniscono un’interpretazione storica più attenta e approfondita rispetto a quella interessante ma troppo circoscritta di Nitti.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del libro:

Molte volte negli anni della adolescenza io ho copiato questo aforisma nei quaderni di calligrafia. E pure nella preoccupazione del rotondo e del gotico, dei profili e dei chiaroscuri, la mia mente inesperta si chiedeva: e perché dunque l’Italia è la terra degli eroi?
La storia che ci è stata insegnata nelle scuole medie, quando non è un’arida successione di nomi e di date, è una successione di matrimoni, di congiure e di morti. Ogni tanto, in questa storia che è d’ordinario molto noiosa, appare l’eroe: l’uomo che personifica tutta un’epoca, l’uomo il quale fa ciò che tutti gli altri uomini dovrebbero fare. Nei piccoli trattati, dalla storia di Grecia e di Roma alla rivoluzione francese e ai moti per la liberazione d’Italia è breve il passo: e nella mente rimane tutta una confusione. Il popolo giace sotto la tirannia di un solo, cui nessuno osa ribellarsi: l’eroe liberatore interviene a tempo. Un colpo di pugnale e una congiura vittoriosa fanno ciò che la folla non sa fare. Qualche volta è un paese intero che soggiace allo straniero, e n’è liberato per l’opera eroica di un solo. E poiché i matrimoni, le date, le genealogie de’ regnanti non c’interessano, noi ricordiamo soltanto i nomi e le azioni degli eroi; essi personificano per noi tutti un tempo: e la mente inesperta mette insieme gli eroi di Salamina e di Maratona, gli Orazii (o infidi!), i Fabii, Cesare, Bruto, gli eroi della rivoluzione francese, Garibaldi e i nostri.

Scarica gratis: Eroi e briganti di Francesco Saverio Nitti.