Elisabeth Kött, scritto nel 1909, è il secondo romanzo di Bartsch. Letterariamente si colloca in una posizione di transizione tra l’influenza romantica ottocentesca sulle orme del realismo poetico borghese interpretato da Theodor Fontane (vedi in questa biblioteca Manuzio) e Theodor Storm, e l’inizio del naturalismo che prendeva vigore soprattutto in ambito teatrale. Non è un caso infatti che la protagonista del romanzo sia una attrice e che venga menzionato tra gli autori interpretati anche Gerhardt Hauptmann (per le opere del quale rimandiamo nuovamente a questo stesso progetto Manuzio). Bartsch vuole quindi difendere i vecchi valori dell’Austria con una narrativa ispirata all’arte, all’amore e a una inquieta ricerca del nostro eterno destino.

La narrazione segue le vicende di una giovane e bellissima attrice, dai suoi primi passi in provincia fino al fasto dei teatri viennesi, di successo in successo. La donna si muove con animo tormentato tra cuori infranti, insidie e splendori della ribalta. La sua figura quasi divinizzata ricorda, senza averne la forza e il vigore, quella dei personaggi femminili di Sacher Masoch che riassume la potenza del romanticismo tedesco. Forse non è un caso che il conte che riuscirà a pervenire al matrimonio con Elisabeth si chiami Severino… Le figure maschili appaiono quindi strumenti che la donna cerca per raggiungere un ideale che tuttavia le sfugge. Nell’alta società come nella vita delle compagnie teatrali girovaghe la sua ricerca di straordinario non può che conoscere “la fine miserabile dei suoi sogni”.

Tra gli artisti innamorati di lei che seguono i suoi primi passi sulla scena, è il suo anziano mentore che la nomina addirittura erede assicurandole la ricchezza. Si imbatte poi in un giovane incisore aspirante autore teatrale che la ama, è appena il caso di dirlo, umilmente e perdutamente; e che davvero per lei sacrifica persino la vita quando si accorge del proprio fallimento. Tardivamente e nelle piazze della provincia – battute dopo l’abbandono della vita matrimoniale e della società nobile che l’aveva ormai disgustata e disillusa, insieme alla ribalta viennese, in tutte le sue forme – l’opera dello sfortunato giovane sarà infine rappresentata da una Elisabeth ormai completamente disincantata e votata a una fine precoce.

La traduzione è di Ada Sestan, autrice anche di una breve ma non superficiale né trascurabile introduzione. Ada Sestan fu una poetessa istriana che dedicò le sue capacità di scrittura non solo alla creazione poetica ma anche alla traduzione, che fu sempre accurata e attenta a penetrare lo spirito dell’originale. Tra le sue traduzioni spicca senza dubbio quella di Il povero Enrico dramma di Hauptmann che Ada Sestan tradusse in versi.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del libro:

Pareva fosse la prima volta che a Graz si rappresentava la Walkyria. Dopo il primo atto, la folla che gremiva i palchi si era diradata – forse per seguire l’esempio dell’Opéra di Vienna, ma gli spettatori della galleria e della platea rimanevano al loro posto, avvinti dall’incanto, penetrati profondamente dalla canzone della primavera, dalla passione che aleggia in quella notte lunare mentre il destino si avvicina.
Guardando dall’alto quella folla commossa ed aspettante si provava l’impressione di aver davanti a sè una creatura sola; come un grande uccello da preda che si protenda ad ali aperte, pronto a precipitarsi, a ghermire il bottino. Questa è certamente l’immagine che si presenta agli artisti scadenti quando dal palcoscenico spiano per il foro del sipario. Ma i pochi trionfatori sentono e vedono altrimenti.

Scarica gratis: Elisabetta Kött di Rudolf Hans Bartsch.