Nonostante la fama internazionale dell’autore, quando nel 1944 Eugenio Giovannetti tradusse Effi Briest, Fontane era in Italia quasi sconosciuto. L’unica opera tradotta in italiano era L’Adultera grazie ad Angelo Treves. Sempre nel 1944 veniva tradotto da Arturo Petronio Irrungen, Wirrungen con il titolo di Le complicazioni della vita.

Effi Briest è spesso considerato il capolavoro di Fontane. Ed effettivamente si tratta di un’opera di straordinaria compattezza e linearità nella vicenda: una gioiosa, purissima ragazza viene maritata a un compassato e frigido barone alto funzionario di stato, per il quale prova stima e rispetto ma non affetto. Si abbandona a un fugace adulterio, con un militare, il maggiore oriundo polacco Crampas, che passa inosservato, ma che poi, scoperto a distanza di molti anni, provoca la morte in duello dell’amante, il ripudio e l’isolamento della protagonista, la sua fine amarissima e precoce. La semplicità della storia si riscatta ed eleva nella luce di una intensa pietà, di un giudizio morale meditato ed equanime perfino nei riguardi dei personaggi che la coscienza del lettore condanna, di un’arte narrativa che assomma le principali virtù del grande realismo europeo del secolo scorso: precisione del dettaglio ma senza forzature veristiche, sovrano dominio della psicologia ma senza sofismi introspettivi, largo respiro del ritmo narrativo.

La protagonista del terz’ultimo romanzo di Fontane, pubblicato in anteprima sulla “Deutsche Rundschau” dall’ottobre 1894 al marzo 1895 e nell’ottobre 1895 come libro, trovò sin dall’inizio simpatia umana. Cinque edizioni in due anni testimoniano del successo immediato del romanzo con il quale l’autore settantacinquenne ha avuto il suo più grande successo di vendita e la sensazione, a lungo dolorosamente mancata, di essersi finalmente affermato tra il pubblico. La critica riconobbe subito che non si trattava solo di una storia toccante, ma che in Effi Briest emozione umana, analisi critica del tempo e disegno poetico sono entrati in una fusione perfetta che è rara in letteratura; e la grande attenzione della quale ha goduto anche in seguito – Effi Briest non è solo il più popolare, ma anche il più discusso romanzo di Fontane – ha rafforzato questa impressione originale. Oggi è indiscussa la fama di Effi Briest come l’opera in prosa più compiuta e organica di Fontane, come uno dei più grandi romanzi tedeschi e come uno dei romanzi sociali europei rappresentativi del XIX secolo. “Una biblioteca di romanzi ridotta al minimo”, scrisse Thomas Mann nel suo Anzeige eines Fontane-Buches “anche limitata a una dozzina di volumi, a dieci, a sei, Effi Briest non dovrebbe mancare.” Lo stesso Thomas Mann ribadì lo stesso concetto recensendo il libro di Conrad Wandrey su Fontane. Per Mann, Effi Briest si colloca tra i grandi romanzi sul matrimonio alla stregua di Anna Karenina e Madame Bovary.

Effi Briest si inserisce quindi nel contesto europeo del romanzo sull’adulterio così tipico di quest’epoca. Poiché le leggi, gli ideali di virtù e le convenzioni della società civile di quel tempo intendevano il matrimonio come il sacrosanto baluardo dell’ordine e del decoro. Oggi è difficile immaginare l’ossessione con cui la società “vittoriana” nella seconda metà del XIX secolo perseguiva l’incanalamento della sessualità nel matrimonio monogamo. In nessun altro momento storico il tema della sessualità è stato un tabù più severo e condizionante, ed Effi Briest è un esempio quasi estremo di come si dovesse parlare di sessualità in un romanzo; basti vedere come una figlia perbene potesse scrivere alla propria madre parlando della propria gravidanza. “[…] Ma sono sicura che tutto andrà meglio quando la casa si animerà, e questo accadrà, mia cara mamma. Quello cui t’accennavo l’ultima volta, è ormai una certezza […]” E pensiamo che con alcuni suoi romanzi Fontane si era fatto fama di essere persino troppo rivelatore e quindi moralmente intollerabile! La gravidanza arriva a termine e dopo il ripudio Effi riesce ad avere un incontro con la figlioletta Annie che si chiude però in una riservatezza che delude profondamente Effi. Sono forse le pagine di più intenso dolore di tutto il libro.

Per quanto le condizioni sociali di quel tempo in Germania preservassero la separazione tra aristocrazia e borghesia, tematica che in letteratura è frequentemente affrontata, per esempio da Wilhelm Meister di Goethe e da Der Untertan di Heinrich Mann tra i tanti, i due strati sociali sembrerebbero ormai poco differenziati per quanto riguarda la validità della morale matrimoniale. L’ideale borghese della virtù, sostenuto nel XVIII secolo dalla borghesia con una fiera consapevolezza del più alto valore morale come contrappeso ai lassisti e corrotti rapporti familiari della nobiltà decadente, ha ormai permeato tutta la società; l’etica e lo stile di vita borghesi divennero totalizzanti – ed ebbero il primo momento pubblicamente tangibile con il re prussiano Federico Guglielmo III e sua moglie Luise – ed erano visti adesso come qualcosa di positivo anche tra i governanti. È quindi poco rilevante per il problema sociale che l’appartenenza di classe dei coniugi differisca notevolmente nei tre più importanti romanzi europei sull’adulterio della seconda metà del XIX secolo. Madame Bovary (1856) di Flaubert tratta della borghesia provinciale, Effi Briest della la bassa nobiltà e Anna Karenina (1875-1877) di Tolstoj dell’alta aristocrazia.

L’Effi Briest di Fontane è rappresentativo anche nel fatto che il personaggio veramente problematico e centrale nella tragedia coniugale è la donna, perché nella società patriarcale del XIX secolo il margine legale e morale per sviluppare i propri bisogni intellettuali, emotivi e anche fisici non è certo ampio. Effi Briest sfugge dall’artigianato pio: “Ah, questo noioso ricamo. Per fortuna, siete arrivate voi” e si dedica ad esempio a attività ginniche, attività incomparabilmente più vicine a quelle “maschili”, quasi bastasse questo per attenuare il potere legale del maschio esercitato su tutta la famiglia o per avvicinarsi al suo prestigio sociale.

Se da un lato la donna veniva trasfigurata come vera e propria custode del decoro e dei costumi, dall’altro le veniva attribuito un naturale impulso “melusino” per sottrarsi alla canalizzazione dell’istinto nel matrimonio, come richiesto dalla società per mantenere la moralità. Fontane insiste anche in altre sue opere sulla metafora, portata da questa figura mitologica, della trasformazione femminile; e anche in questo si affianca al Goethe [Die neue Melusine, scritta prima del 1797 ma pubblicata soltanto nei Wilhelm Meisters Wanderjahre, 1821]. Quindi la società civile non potrà mai addomesticare del tutto l’elementare naturalezza femminile. Alle donne era impedito di svilupparsi all’interno della società, era quasi impossibili per loro conciliare il rispetto della legge e l’autorealizzazione; per questo lo spostamento del loro essere in direzione del demoniaco veniva come naturale conseguenza. Vedi a conferma di questo anche il mito del Loreley, come strega magicamente bella che attira gli uomini alla rovina. Nell’ambito di questa ricorrenza simbolica in Effi Briest assistiamo all’episodio della foca – ma anche altrove il simbolismo dell’acqua rivela un peso significativo – durante la gita in barca con Crampas: “da un masso in pieno sole, coperto di verde fuco, scivolò giù una foca e si immerse silenziosa nel mare lontano appena un quattro passi. Per un breve istante si vide ancora la testa: poi anche quella scomparve.” Questo tipo di metafore e visioni ha trovato un disegno letterario esemplare fin dall’inizio del XIX secolo. L’oppressione effettiva delle donne è entrata in questo secolo in una dinamica per la quale il superamento era reso difficile, prevenendone gli stessi sintomi per lungo tempo. Anche la signora von Briest – madre di Effi – parla della “situazione” della donna sposata, e dalla stessa situazione attende la felicità per la figlia.

Il contrasto tra le donne come esseri naturali istintivi e sani e la società mentalmente menomata è presente ripetutamente in Effi Briest e gioca un ruolo inconfondibile nel simbolismo del libro estrinsecato forse dal personaggio di Sidonie von Grasenabb, esempio solido di “culto della natura”.

E anche in questo caso il simbolismo relativo all’acqua è presente. Lo è per altro fin dall’arrivo di Effi alla casa matrimoniale dove una nave, uno squalo e un coccodrillo pendono dal soffitto sopra di lei. La poesia di Heine Seegespenst è anche questa di grande importanza simbolica per la seduzione operata da Crampas, come pure l’episodio della slitta dove l’acqua sotterranea viene in superficie nel momento che le dita di Effi e Crampas si intrecciano. Ogni allusione sessuale più esplicita è naturalmente del tutto esclusa.

Già nel 1874 Fontane sottolineò in una rivista teatrale il diritto, ma anche l’indispensabile coraggio, delle persone che intendono aderire a principi “naturali” contrapposti a quelli “sociali”: queste persone “infrangono la legge senza metterla in discussione o deridere le conseguenze di questa infrazione”. “Hanno fatto quello che hanno fatto assumendo volentieri su di sé quello che accade con esultanza di cuore. E per legge. In questo modo entrambe le parti, l’eterno e l’umano, escono vittoriose dalla lotta.” Da questo punto di vista, la rappresentazione di Fontane della tensione tra l’individuo e il suo ruolo sociale va oltre alla critica di fondo alle rigidità sociali del suo tempo. Piuttosto tende a stabilire un’incongruenza parziale, costituzionalmente giustificata, tra gli individui e la società, che si manifesta in forma indebolita oppure intensificata e, di conseguenza, colpisce le persone in misura maggiore o minore.

Hans-Heinrich Reuter ha scritto che nessun altro autore – a parte il romanziere inglese-americano Henry James – nel XIX secolo, ha fatto della vita frustrante della giovane donna insoddisfatta il tema centrale nell’ambientazione dei suoi romanzi con maggiore empatia di Fontane, e in nessuno dei suoi romanzi è raffigurata questa tensione femminile tra un ruolo sociale imposto e il naturale bisogno di vita e di libertà, tra la vergine Maria e la peccatrice Eva, in un tessuto di simboli più ricco e coerente e con un’eroina più amabile che in quest’opera particolare.

L’attimo di ribellione verso una sorte che la schiaccia sotto l’esagerato senso dell’onore del marito a causa di un uomo che non aveva mai amato è preludio allo sconforto e alla rassegnazione. Dopo un’estate felice Effi si rassegna a dare ragione a Instetten riconciliandosi con la propria infelice sorte.

Esistono due versioni cinematografiche; la prima del 1939 per la regia di Gustav Grungens e con Marianne Hoppe nel ruolo di Effi Briest; la seconda del 1974, diretta da Rainer Werner Fassbinder e con Hanna Schygulla, fu considerata con molto favore da critica e pubblico.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del libro:

Innanzi alla casa signorile che la famiglia von Briest abitava in Hohen-Cremmen dai tempi del principe elettore Giorgio Guglielmo, un chiaro sole dava sulla strada del villaggio nella quiete del mezzodì. Dalla parte del parco, invece, e del giardino, un’ala costruita ad angolo retto assicurava largamente l’ombra dapprima ad un passaggio in mattonelle bianche e verdi ed infine ad una grossa rotonda con una meridiana nel centro ed un orlo di canna d’India e rabarbari. Un venti passi più in là, in simmetria perfetta con l’ala del palazzo e tutto coperto di minuta edera, tranne una porticina di ferro verniciata in bianco, correva il muro del sagrato, da cui, coperta a scandole, sporgeva la torre di Hohen-Cremmen, con in vetta il suo bravo gallo sgargiante in quanto freschissimo di ridoratura. Palazzo, ala e muro del sagrato formavano, diremo, un ferro di cavallo intorno ad un elegante giardino sul cui lato aperto si poteva vedere uno stagno con un imbarcatoio e la barchetta assicurata alla riva, e, vicino, un’altalena il cui doppio sedile pendeva da due corde per lato, con le sommità della travatura già un tantino inclinate. Tra lo stagno e la rotonda era infine una coppia di magnifici vecchi platani che celavano a metà l’altalena.

Scarica gratis: Effi Briest di Theodor Fontane.