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(voce di SopraPensiero)È vero che i ricchi sono sempre esistiti, in tutte le epoche e a tutte le latitudini; è altrettanto vero che è parecchio strano che l’umanità si sia sempre data tanto da fare – nelle sue tante e diverse organizzazioni in società – per limitare l’uso personale della forza nei rapporti reciproci, e non si sia data alcun pensiero di limitare l’accumulazione della ricchezza. Stranezza che oggi può destare preoccupazione: perché l’accumulazione della ricchezza da parte dei ricchi (e ancor più da parte dei «super-ricchi»: quegli individui o quelle famiglie che si tirano a volte in ballo per paragonarne la ricchezza a quella di interi Stati nazionali) coincide spesso con l’impoverimento degli altri, fino a generare vere e proprie crisi del sistema economico-finanziario come quelle che ormai ben conosciamo e di cui siamo vittime. È giunto il momento di prendere piena consapevolezza che la concentrazione smisurata della ricchezza provoca problemi sociali proprio come l’uso arbitrario della violenza. Si tratta del solito moto d’invidia nei confronti di chi è più bravo o fortunato degli altri? Nient’affatto; è solo il tentativo di rispondere alla domanda (oggi imperativa): «È vero, come si dice, che i ricchi non fanno male a nessuno?». O, in altri termini: «Dovremmo preoccuparci dei ricchi?».
Nel tentativo di andare oltre i pregiudizi e i luoghi comuni da entrambi i lati (da quello per il quale i ricchi sarebbero benefattori dell’umanità in quanto l’aumento della loro ricchezza coinciderebbe con l’aumento della ricchezza di tutti, a quello per cui la ricchezza è una cosa intrinsecamente abietta), gli autori si ritrovano a indagare il significato stesso della parola «ricchezza»: si è infatti esaminata in lungo e in largo la povertà, mentre la ricchezza è sempre stata ignorata (cioè non è mai stata reputata materia d’indagine). E forse questo è il motivo per cui la povertà, pur tanto studiata, non è mai stata «debellata»: ciò è ben comprensibile, se i due problemi della povertà e della ricchezza costituiscono le facce di un’unica medaglia. Ecco che si impone uno studio specifico della ricchezza, analogo a quello condotto sulla povertà: qual è la soglia della ricchezza (in quale punto, cioè, si comincia ad esser ricchi)? Fino a che punto la propria ricchezza può davvero dirsi «meritata»? Quale rapporto c’è tra la ricchezza e il potere? Ci si può arricchire con il proprio lavoro? Domande cui si risponde qui in maniera fondata ma non tecnica, accessibile a tutti.
M. Franzini, E. Granaglia, M. Raitano, Dobbiamo preoccuparci dei ricchi?, ed. Il Mulino, 2014, pp. 200, euro 16.