Podcast: Apple Podcasts | RSS
La stesura di Dialoghi con Leucò avvenne tra il dicembre 1945 e il marzo 1947. Il lavoro sui dialoghi fu interrotto per la stesura del romanzo Il compagno tra l’ottobre e il dicembre 1946. La prima edizione fu nel 1947.
Pavese era particolarmente affezionato a questa sua opera che chiamava “i dialoghetti”. Il primo in ordine di composizione di questi brevi 27 dialoghi fu Le streghe e l’ultimo Gli uomini. Tutti – tranne Gli Dei – preceduti da una brevissima e didascalica nota esplicativa. Nell’avvertenza iniziale l’autore sottolinea come gli aspetti meno rassicuranti dell’esistenza possano essere descritti tramite la forte carica simbolica del linguaggio mitologico. Tutti i dialoghi ruotano attorno al concetto di destino, interprete di uno svolgimento impenetrabile ma allo stesso tempo inesorabile voluto dagli “immortali” insensibili al dolore provocato dalle loro spietate leggi.
Ogni progetto segue un percorso già tracciato, per cui Edipo – pur messo sull’avviso da Tiresia in merito al sesso e alla cecità – non rinuncia al proprio obiettivo di ricerca neanche quando raggiunge i massimi vertici della sciagura e comprende la saggezza del mendicante. La sorte di Bellerofonte appare irridente non riuscendo più a trovare interesse in nulla dopo aver ucciso la Chimera. Licaone sconta la sua crudeltà con una metamorfosi e, da lupo, viene ucciso da due cacciatori. Inutilmente la nube Nefele cerca di convincere Issione a non salire sul monte Olimpo.
E si potrebbe proseguire nel ravvisare in ogni dialogo il tentativo dei mortali di perseguire speranze e inquietudini ignorate dagli immortali. Per cui gli aspetti di rischio e incertezza che caratterizzano l’esistenza umana attirano l’attenzione di questi ultimi: per esempio Dioniso e Demetra presagiscono che la fantasia umana condurrà al racconto della vita eterna e impartiscono a vino e pane il valore simbolico di questa presunta sopravvivenza.
Mnemosine spiega a Esiodo che i quotidiani comportamenti umani sono costantemente modellati su esempi divini, mentre Calipso non è in grado di convincere Odisseo a rimanere con lei neppure offrendogli una serena immortalità. Circe invece, abbandonata sempre da Odisseo, spiega a Leucò (Leucotea) la differenza tra dolore umano e gioia divina. Gioa divina che comunque sconfina spesso con la bestialità: è Chirone, il centauro, che ricorda un tempo nel quale il mondo ancora non era sotto l’egida divina e imperavano invece energie animali e mostruose.
La mitologia di Pavese prosegue con la vittoria di Zeus sui Titani e la prometeica profezia di un’epoca nella quale gli uomini saranno i nuovi Titani dopo aver sconfitto la paura degli dei e dei mostri. E infatti nel dialogo Gli Uomini sembra prevalere una sorta di rimpianto per gli ormai impossibili incontri con il divino.
Particolare da sottolineare: la presenza dei dialoghi imperniati su vicende mitologiche legate a personaggi femminili: Arianna abbandonata da Teseo, Euridice lasciata nell’Ade da Orfeo, Medea rievocata da Iasone.
Certamente non siamo di fronte all’opera di maggior successo di Pavese presso il pubblico. Ma la lettura attenta potrà probabilmente suggerirci chiavi di interpretazione non irrilevanti per penetrare gli aspetti apparentemente meno ragionati e le motivazioni recondite della sua scrittura, nuovi aspetti del suo temperamento. Il narratore realista, formidabile descrittore di campagne piemontesi che paiono stemperarsi in periferie americane, sembra cercare un qualche segreto nella sfera mitica, nel ricordo collettivo, mettendo da parte l’idea che in quest’ambito si possano trovare solo bizzarre stranezze.
Sinossi a cura di Paolo Alberti
Dall’incipit del primo dialogo La nube:
Che Issione finisse nel Tartaro per la sua audacia, è probabile. Falso invece che generasse i Centauri dalle nuvole. Costoro eran già un popolo al tempo delle nozze di suo figlio. Lapiti e Centauri escono da quel mondo titanico, in cui era consentito alle nature piú diverse di mischiarsi, e spesseggiavano quei mostri contro i quali l’Olimpo sarà poi implacabile.
(parlano la Nube e Issione)
LA NUBE. – C’è una legge, Issione, cui bisogna ubbidire.
ISSIONE. – Quassú la legge non arriva, Nefele. Qui la legge è il nevaio, la bufera, la tenebra. E quando viene il giorno chiaro e tu ti accosti leggera alla rupe, è troppo bello per pensarci ancora.
LA NUBE. – C’è una legge, Issione, che prima non c’era. Le nubi le aduna una mano piú forte.
Scarica gratis: Dialoghi con Leucò di Cesare Pavese.