(voce di SopraPensiero)

Questo romanzo, che pone fine al silenzio narrativo dell’autore dopo il successo di Pietro e Paolo, si colloca temporalmente come “prequel” al precedente. Narrando le vicende di alcune famiglie in un arco temporale che va dal 1892 al termine della prima guerra mondiale, il testo si dimostra una lunga metafora dei cambiamenti sociali nell’Italia post-unitaria.

In particolare l’ambientazione e le descrizioni della dura vita agricola e del lavoro dei campi si contrappongono alla proletarizzazione dei contadini che aderiscono alla richiesta di mano d’opera operaia nella città. Il tutto visto principalmente attraverso le vicende di due famiglie, una contadina e una borghese, messe a contatto dalla residenza estiva di quest’ultima. Il vecchio Ascanio fa da raccordo con l’Italia preunitaria e risorgimentale, mentre i suoi due figli, un medico affermato e un deputato socialista, interpretano le nuove esigenze di una classe borghese ancora alla ricerca di un’identità.

La terza generazione (Giusto – contadino che sceglie l’officina – e Graziano, che si afferma come scrittore) attraversa la catartica esperienza bellica; entrambi ne escono, pur se gravemente feriti, disposti a nuovi passi che non si sa quanto siano davvero “in avanti”. E questo contrasto tra vecchia e nuova vita è simboleggiato da Avventina, legata a Giusto da antica promessa, che lo attende sulla soglia dell’ospedale militare improvvisato dove Giusto compie la sua riabilitazione. Emerge la grande capacità di Sobrero di tratteggiare magistralmente tipi umani solo apparentemente secondari alla vicenda principale; ne sono esempio il personaggio di Aleramo, zio di Graziano, autore di un delitto passionale, di cui, terminata di scontare la pena, comprende finalmente l’assurdità, e il vagabondo Ghianda, che termina la sua esistenza come addormentandosi all’ombra di un albero mentre centinaia di migliaia di giovani muoiono nel fango delle trincee.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del libro:

Clemenza, già pronta, uscí nella gran luce della spianata. – Vieni, – disse allegra al ragazzo – le aspettiamo sulla strada. – In fretta e furia il temporale aveva lavate tutte le cose, i vecchi muri della Stellata, gli alberi, le colline, che ora stavano immersi in un’aria dorata e fresca. Graziano portava una maglia azzurra ed una giacca coi bottoni d’oro. Arrivarono al muricciolo dal quale si andava qualche volta a guardare una stretta valle silenziosa; la signorina vi sedette, piacendole mostrare che non gliene importava della roba che aveva indosso. Vestiva sempre alla stessa maniera: gonna nera, camicetta bianca, cintura nera di cuoio. All’inglese, dicevano. Non voleva riccioli; anche per questo faceva presto a vestirsi; i suoi capelli, di un biondo un po’ stanco, erano divisi nel mezzo e annodati sulla nuca con quell’idea di semplicità.
Al ragazzo, rimasto in piedi davanti a lei, domandava che avesse fatto durante il giorno, quale libro leggesse. Nel rispondere Graziano osservava il suo viso magro, sempre vagamente colorito di rossore, il naso affilato con le pinne vibranti, gli occhi larghi in orbite profonde; ricordava l’età che aveva udito attribuirle, trent’anni, e su quel viso scorgeva qualche segno che gli pareva già di vecchiezza. Ma ella gli piaceva; forse gli piacevano soprattutto quei segni di maturità e fatica, nei quali credeva di leggere confusamente misteri d’una vita di donna. Pensava a quanto aveva un’altra volta udito, ch’ella avesse fatto esperienze non consentite alle signorine. Quali cose poteva aver fatte, con chi? Dicevano che era spregiudicata e che leggeva «come un uomo».

Scarica gratis: Di padre in figlio di Mario Sobrero.