(voce di SopraPensiero)

 

Alberto, principe ereditario di un grande regno, cerca di sottrarsi alle esigenze della etichetta di corte con lunghi viaggi accompagnato dal fido amico e confidente Federico e pochi servi. Ora è in Medio Oriente dove desidera visitare tutti i luoghi che ricordano la vita di Gesù; lì incontra ebrei e musulmani ma soprattutto Sarah, bella cristiana della quale si innamora promettendole di portarla con sé. Ma Federico lo dissuade ricordandogli suoi obblighi di futuro sovrano. Così Sarah lo aspetta invano e, sapendo che il principe è partito, si toglie la vita.

Alberto si sottomette alle esigenze dinastiche, ma l’immagine di Sarah non lo abbandona. Non trova pace nel matrimonio, negli studi filosofici e religiosi. La sua irrequietezza lo spinge sull’orlo della pazzia. Un nuovo amore sembra riportarlo ad una nuova vita, ma ancora Sarah gli appare, il rimorso lo porta alla follia ed un epilogo tragico conclude la sua tormentata vita.

Sinossi a cura di Paolo Oliva

Dall’incipit del libro:

Il cielo aveva una meravigliosa tinta d’azzurro trasparente, che diveniva color d’oro verso il fondo dell’orizzonte, sul fiume, ed era quasi d’un verde tenero a oriente, sulla montagna.
Si accendevano le prime stelle d’argento, come magiche lampade sopra un arazzo di seta, e un sottile corno di luna appariva a ponente, ma così limpido che pareva un’unghia di diamante, tagliato in un’unica gemma. Era bene una notte orientale, questa che scendeva sul bianco villaggio di Bet-Berack, una notte di primavera, lucida, chiara, senza ombre, piena di trasparenze e di profumi.
Sul tetto di quelle case bianche, tagliate a cubo, che sono da migliaia d’anni la prediletta forma architettonica in oriente, presso alla balaustra tutta cinta di rosai, dalla parte che guardava sul fiume, sedeva un giovine, e teneva fra le sue le mani di una donna sdraiata in terra ai suoi piedi, sopra una larga stuoia di cocco. Tacevano, e l’uomo guardava giù nella valle, come a raccogliere con avido occhio quello strano e malioso paesaggio. Il fiume luccicava fra le alte erbe, nelle quali passavano improvvisi fruscii. Erano enormi rane, grosse come la mano di un uomo, che saltellavano pesantemente sfuggendo alle insidie di qualche uccello notturno; erano serpentelli e ramarri, che guizzavano tra le canne. Qualche molle colpo d’ala passava nell’aria tiepida; o un rapido squittire, o un ronzio misterioso. Voci della natura che al giovine parevano nuove, e che egli ascoltava curiosamente, come se avesse sperato di comprenderle.

Luigi di San Giusto è lo pseudonimo della scrittrice e giornalista triestina Luisa Macina Gervasio (1872-1936)

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