Con prefazione di Manlio Rossi Doria Contadini del Sud fu pubblicato la prima volta nel 1954, a distanza di un anno circa dalla morte dell’autore. La progettazione del testo, davvero inconsueto e innovativo per l’epoca, nasceva e trovava terreno fertile nei nuovi progetti di Vito Laterza tesi a rinnovare e a dare nuovi impulsi alla casa editrice dopo la morte di Benedetto Croce. Ovviamente il progetto avrebbe avuto respiro più ampio e articolato se l’autore non fosse andato incontro a così precoce fine.

L’edizione che abbiamo preso a riferimento per questo e-book è ampliata anche rispetto a quella del 1986, curata da Franco Vitelli il quale ha scritto anche un importante ed esauriente saggio critico su questa esperienza antropologico-letteraria. In particolare le “vite” narrate dai contadini sono diventate sei, rispetto alle cinque originarie. Quella non presente nelle prime edizioni è l’autobiografia di Paolo Zasa La vita del bene e del Male di un contadino perseguitato.

Scotellaro fa precedere ogni racconto da una sua introduzione. Certamente aveva acquisito strumenti sufficienti e necessari per portare avanti un lavoro di questo tipo soprattutto tramite la sua attività a fianco di Rossi-Doria a Portici. Quest’ultimo dava grande rilevanza alle intersezioni tra lo sviluppo delle aree arretrate e gli studi di scienze sociali. Inoltre Scotellaro aveva collaborato all’elaborazione del Piano regionale di sviluppo per la Basilicata commissionato dalla SVIMEZ. L’amicizia con studiosi stranieri come George Peck e Friedrich Friedmann (vedi la nota biografica di Scotellaro in questo stesso sito) aveva poi consentito all’autore di impartire un taglio innovativo nella ricerca socio-antropologica sul Mezzogiorno.

Emerge così la figura del contadino che narra di sé, senza una mediazione che si potrebbe rivelare costrittiva, esprimendo quindi liberamente la propria sensibilità. Certamente Scotellaro si fa partecipe di questo sentire. Lo percepiamo con chiarezza nella lettera al figlio di Francesca Armento, con la quale il sindaco-poeta porta in primo piano la rappresentanza femminile del mondo contadino, aspetti “di genere” che sono ripresi anche in diversi racconti dell’autore.

Ancora una volta si deve riconoscere a Scotellaro di essere stato capace di condurre un esperimento letterario innovativo e precursore che dà conto delle potenzialità della parola per rappresentare le infinite sfaccettature della realtà, e contemporaneamente di essere capace di non dilapidare le esperienze letterarie di Verga o di Padula facendone invece tesoro per riuscire a portare a chi legge la rappresentazione di un ambiente e di numerose esistenze, riducendo al minimo il paravento che l’opera del narratore fatalmente frappone.

L’insofferenza manifestata in altre occasioni (non solo da Scotellaro, ma anche da Carlo Levi e Manlio Rossi-Doria) per i contrasti strumentali tra democristiani e comunisti che finiscono per essere «due debolezze che combattono tra loro» è stemperata dalle considerazioni sulla «placida sofferenza dei contadini». Naturalmente la reazione di parte comunista alla pubblicazione dell’opera non fu favorevole, poiché Contadini del Sud finiva per porsi in contrasto con la narrazione ufficiale di parte togliattiana delle campagne in lotta. Secondo questa visione il riscatto dei contadini meridionali passava attraverso l’alleanza e la direzione della classe operaia. Il critico letterario Alicata vedeva in questo modo appannata la sua lucidità di critico dallo schematismo ideologico che lo obbligava a identificare il “nemico storico” del Mezzogiorno nel blocco agrario-industriale.

La polemica con quanto raccolto da Scotellaro e prefato da Rossi-Doria era chiaramente viziata dalla forzata incompletezza dell’opera che tuttavia, secondo Rossi-Doria, se pur l’opera era stata troncata dalla morte dell’autore, era rappresentativa sia di fenomeni di immobilismo che di azione e risveglio. La verità è che il lavoro di Scotellaro lasciava trasparire evidenti gli aspetti critici e deficitari dell’organizzazione comunista, in particolare evidenziando le “zone grige” sempre presenti nelle masse contadine meridionali e il loro persistente borbonismo.

Questo lavoro contribuisce certamente a presentare a chi legge un’immagine dell’autore che non può rimanere racchiusa in schemi e neppure sfumarsi e annacquarsi in commosse esaltazioni commemorative che finiscono per svilirne il valore. Valore che va oltre alla descrizione del suo mondo di allora, giungendo a descrivere una realtà che, con i suoi dolori, le sue lotte, le sue contraddizioni parla in maniera innovativa non solo della Lucania e del Meridione, ma della vita di donne e uomini e della loro instabile e precaria giovinezza.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del libro:

Sono italiano ma l’Italia è mansionata da infami, ladri e barbari, gli enti e gli uffici mi hanno riempito di dolori e io ho affrontato la sorte menandomi all’avventura in quest’aperta campagna pure essendo un grande invalido del lavoro. Fui infortunato il 16 Aprile 1943 con frattura del malleolo di due calcagni e della colonna vertebrale alla seconda e terza lombare. E perché mi è avvenuto questo infortunio? È un infortunio di patria, subito per l’onore della patria. La mia storia è lunga.
Mi sono insegnato un mestiere, falegname, dopo aver subito una malattia pervenuta il 1915-18: io lavoravo in ferrovia e in tenera età andavo in campagna a giornata per lavori agricoli, la malaria non era coltivata in queste zone, io mi sono cotto di malaria e posso segnalarle sulle mie carni e pelli tengo delle cicatrici e calcoli di iniezioni di chinino. Allora mi volli insegnare un mestiere quando la famiglia, abituata ad avere una resa di guadagno ogni giorno, insegnandomi il mestiere, la resa si paralizzò, e la famiglia mi doveva sostenere a mangiare e vestirmi, ma già avevo un’età da 17 a 20 anni: allora nacque il diverbio di rugine perché alla mia famiglia gli dispiaceva di darmi da mangiare e il maestro non ti paga in queste zone, devi usurpare la famiglia, con patti fatti tra la mia volontà e il maestro, che mi mise in via di mestiere, che io dovevo essere un maestro alla partenza per soldato.

Scarica gratis: Contadini del Sud di Rocco Scotellaro.