(voce di SopraPensiero)

Pubblicato Cinematografo cerebrale di Edmondo De Amicis.

Anche i comportamenti più banali possono diventare oggetto di un’osservazione curiosa, che vi rintraccia stranezze e irrazionalità. In questi quattro racconti De Amicis osserva gli esseri umani con lo sguardo di un essere di altra specie (di due mosche nell’ultimo racconto), che non può non essere colpito dall’aspetto e dai costumi stravaganti di questi strani e presuntuosi animali.
Questi quattro racconti sono selezionati tra i 20 contenuti nell’edizione originale – dello stesso titolo – del 1900.

Sinossi a cura di Catia Righi

Dall’incipit del libro:

Il Cavaliere (come lo chiamavano in casa le persone di servizio) accompagnò fino all’uscio la moglie e le figliuole, che andavano al teatro, poi rientrò nella sala da desinare, s’adagiò sur una poltrona davanti al camino, incrociò le mani sul petto, e pensò: «Come farò ad ammazzare queste tre ore?».
Da molti anni non gli era più accaduto di dover risolvere una difficoltà di quella natura. Il lavoro dell’ufficio, le faccende di casa, le cure maritali e paterne e gli amici e i giornali gli avevano sempre occupata la giornata cosí pienamente ch’egli non si ricordava d’essere stato mai un’ora, come si suol dire, solo con sé stesso, e non sapeva perciò che cosa fosse il pensare per pensare, senza uno scopo determinato, e tanto meno l’analizzare i propri pensieri, il fare spettacolo della propria mente a sé medesima. I giornali, quella sera, li aveva già scorsi, di legger libri non aveva l’abitudine, e il sonno non gli veniva che verso la mezzanotte. Pensò dunque che il miglior modo di passar quelle tre ore fosse quello di non pensare a niente.
E ci si provò subito, non dubitando della facilità di riuscirvi.
Ma riconobbe ben presto che il non pensare non era possibile fuorché scacciando l’un dopo l’altro tutti i pensieri confusi che gli si presentavano; alcuni dei quali resistevano, come importuni che volessero esser ricevuti a ogni costo; e che questa era una maggior fatica mentale di quella ch’egli voleva scansare. E allora pensò che gli conveniva meglio pensare a qualche cosa.