Cenerentola
Traduzione dalle fiabe dei fratelli Grimm
di
Antonio Gramsci
tempo di lettura: 11 minuti
Un ricco signore aveva la moglie malata. Quando ella sentì che la fine stava per venire, chiamò la sua unica figliolina accanto al letto e le disse: «Cara figlia, rimani sempre buona, così il buon Dio ti assisterà ed io dal cielo veglierò su di te e ti starò vicina». Quindi chiuse gli occhi e morì.
La ragazzina andava ogni giorno sulla tomba della madre e piangeva e si manteneva pia e buona. Quando venne l’inverno, la neve coprì la tomba con un manto di neve e quando il sole di primavera lo ebbe sciolto, il signore prese un’altra moglie.
La nuova moglie aveva portato con sé in casa due figlie che erano belle e bianche all’aspetto, ma sconcie e nere nel cuore. Per la povera figliastra vennero brutti giorni.
«Questa stupida ochetta vuole stare con noi nel salotto – le dicevano. – Chi vuol mangiare il pane se lo deve guadagnare: fuori la sguattera».
Le portarono via i suoi bei vestiti, le fecero indossare un vecchio casacchino grigio e le diedero degli zoccoli.
«Guardate un po’ come è superba la principessina, come è azzimata!», gridavano, ridevano e la mandavano in cucina.
Dalla mattina alla sera, dovette fare i lavori più pesanti, levarsi prima dell’alba, portare l’acqua, accendere il fuoco, cucinare e fare il bucato. Per giunta, le due sorelle le davano tutti i dispiaceri immaginabili, la beffeggiavano, le versavano i piselli e le lenticchie nella cenere, così che la poveretta doveva sedersi per terra e raccoglierli nuovamente. La sera, dopo che aveva lavorato ed era stanca, non andava a letto, ma doveva sdraiarsi nella cenere vicino al focolare. E poiché, per tutto ciò, era sempre impolverata e sudicia, la chiamarono Cenerentola.
Accadde che una volta il padre dovesse andare alla fiera; domandò alle due figliastre che cosa doveva portar loro.
«Bei vestiti», disse una. «Perle e gemme», disse l’altra. «E tu, Cenerentola – disse il padre, – che cosa desideri?».
«Padre, il primo virgulto, che nel ritorno a casa, sfiorerà il vostro cappello, tagliatelo per me».
Egli comprò per le due figliastre bei vestiti, perle e gemme, e sulla via del ritorno, mentre attraversava un verde boschetto, lo sfiorò un ramo di nocciolo e gli urtò il cappello. Egli strappò il ramo e lo portò con sé. Quando rientrò a casa dette a Cenerentola il ramo colto nel cespuglio di nocciole. Cenerentola lo ringraziò, andò alla tomba della madre e vi piantò il virgulto, e pianse tanto che le lacrime vi caddero sopra e lo innaffiarono. Il virgulto tuttavia si sviluppò e diventò un albero bellissimo. Cenerentola andava tre volte al giorno sotto l’albero, piangeva e pregava e ogni volta un bianco uccellino si posava sull’albero e quando ella esprimeva un desiderio, l’uccellino le gettava ciò che ella aveva desiderato.
Avvenne dunque che il re desse una festa, che doveva durare tre giorni e alla quale erano invitate tutte le belle fanciulle del paese in modo che il figlio del re potesse scegliersi la sposa.
Le due sorellastre appena sentirono che anch’esse dovevano andare alla festa erano piene di gioia, chiamarono Cenerentola e dissero: «Pettinaci i capelli, spazzola le scarpe, aggancia subito le fibbie, noi andiamo a nozze al castello del re».
Cenerentola obbedì, ma pianse, perché anch’ella sarebbe volentieri andata a ballare e pregò la matrigna che glielo permettesse.
«Cenerentola – rispose la matrigna, – sei ricoperta di polvere e di sudicio e vuoi andare alle nozze? Non hai vestiti e scarpe e vuoi ballare?». Ma poiché Cenerentola continuava a supplicare, finalmente le disse: «Ho versato nella cenere una scodella di lenticchie; se in due ore tu le avrai raccolte, verrai insieme a noi».
La fanciulla uscì nel cortiletto dalla porta di dietro e gridò:
«Dolci colombe, tortorelle e voi tutti uccellini che vivete nel cielo, venite e aiutatemi a scegliere,
la buona in cucina
le cattive in salotto».
Allora vennero verso la finestra della cucina due bianche colombe e poi le tortorelle e finalmente frullarono e sciamarono tutti gli uccellini del cielo e si posarono sulla cenere. E le colombe fecero di sì con la testina e cominciarono pik, pik, pik, pik, e anche gli altri cominciarono pik, pik, pik, pik, e rimisero nella scodella tutti i granellini puliti puliti. Era appena trascorsa un’ora, tutti gli uccelli avevano finito il loro lavoro e tutti volarono via.
La fanciulla tutta contenta portò la scodella alla matrigna, e credeva che sarebbe andata a nozze. Ma la matrigna disse: «No, Cenerentola, tu non hai vestiti e non puoi ballare: tutti si burlerebbero di te». E poiché la fanciulla piangeva, le disse: «Se tu riesci a togliere pulite due scodelle di lenticchie dalla cenere verrai con noi».
Quando ebbe gettato nella cenere le due scodelle di lenticchie, la fanciulla per la porta di dietro andò nel giardino e gridò: «O dolci colombe, o tortorelle, e voi tutti uccellini del cielo, venite e aiutatemi a scegliere,
la buona in cucina
le cattive in salotto».
Due bianche colombe vennero dalla finestra della cucina, e poi le tortorelle e finalmente frullarono e sciamarono tutti gli uccellini del cielo e si posarono nella cenere. E le colombe fecero di sì e cominciarono pik, pik, pik, pik, e anche gli altri cominciarono pik, pik, pik, pik, e mandarono tutti i granellini nelle scodelle. E prima che fosse trascorsa mezz’ora tutto era finito e gli uccellini volarono via.
La fanciulla tutta allegra portò le scodelle alla matrigna e credette che anche lei sarebbe andata alle nozze del re. Ma quella disse: «Tutto questo non serve a nulla; tu non verrai perché non hai abiti e non sai ballare; non vogliamo vergognarci per te». Quindi le voltò le spalle e si affrettò a partire con le sue due superbe figlie.
Quando più nessuno fu in casa, Cenerentola andò alla tomba di sua madre sotto il nocciolo e gridò:
«Alberello scuotiti e squassa,
gettami addosso oro e argento».
Allora l’uccellino bianco le gettò un vestito d’oro e delle scarpettine ricamate d’argento. In un momento indossò l’abito e si recò alle nozze.
Le sue sorelle e la matrigna non la riconobbero e pensavano fosse la figlia di un re straniero, tanto appariva bella nei vestiti d’oro. Esse non pensavano neppure a Cenerentola, persuase com’erano che ella fosse a casa, seduta nel sudiciume a cercare le lenticchie nella cenere.
Il figlio del re le andò incontro, le prese la mano e ballò con lei. Poi non volle più ballare con nessun’altra e non le lasciò più la mano libera e quando un altro si presentava per invitarla, egli diceva: «Questa è la mia ballerina».
Cenerentola ballò fino a sera, poi volle ritornare a casa. Ma il figlio del re disse: «Verrò con te e ti accompagnerò», poiché voleva vedere di chi fosse figlia la bella fanciulla. Ma ella gli sfuggì e saltò nella colombaia. Il figlio del re aspettò fino a che venne il padre e gli disse che la fanciulla straniera era saltata nella colombaia. Il vecchio pensò: «Deve essere Cenerentola», e andarono a prendere la scure e la zappa per fare a pezzi la colombaia, ma dentro non c’era nessuno.
Quando essi entrarono in casa, trovarono Cenerentola nella cenere, vestita dei suoi abiti sudici, che accendeva nel caminetto un’affumicata lampada ad olio. Infatti, Cenerentola era discesa in un attimo dalla colombaia, ed era corsa all’albero di nocciolo; là si era svestita degli abiti d’oro e li aveva deposti sulla tomba, e l’uccellino bianco li aveva ripresi. Poi si era rivestita della sua casacchina grigia e si era seduta sulla cenere in cucina.
Il giorno seguente, quando la festa ricominciò di nuovo, e i genitori e le sorellastre furono partiti, Cenerentola corse al nocciolo e disse:
«Alberello scuotiti e squassa,
gettami addosso oro e argento».
L’uccellino bianco le gettò ancora degli abiti, più superbi di quelli del giorno innanzi. E quando ella in tali abiti si presentò alle nozze ciascuno stupì della sua bellezza. Il figlio del re che l’aveva attesa, la prese ugualmente per la mano e ballò solo con lei. Se gli altri venivano ad invitarla egli diceva: «Questa è la mia ballerina».
Quando fu sera, ella volle partire, e il figlio del re la seguì e volle vedere in quale casa entrasse; ma ella si allontanò di corsa e saltò nel giardino dietro la casa. Là vi era un grande e bell’albero, dal quale pendevano delle magnifiche pere; ella si arrampicò, agile come uno scoiattolo tra i rami, e il figlio del re non seppe dove fosse entrata. Ma aspettò, aspettò, finché venne il padre e gli disse: «La fanciulla straniera mi è sfuggita, ed io credo che sia saltata sul pero».
Il padre pensò: «Deve essere Cenerentola», si fece portare la scure, e colpì l’albero tutt’intorno, ma non c’era nessuno sopra. E quando andarono in cucina, Cenerentola era sdraiata nella cenere, poiché ella era saltata dall’altra parte dell’albero, aveva riportato all’uccellino bianco sul nocciolo i begli abiti, e aveva indossato il suo casacchino grigio.
Il terzo giorno, appena i genitori e le sorelle furono partiti, Cenerentola ritornò alla tomba della madre e disse all’alberello:
«Alberello scuotiti e squassa,
gettami addosso oro e argento».
L’uccellino bianco le gettò un abito che era così magnifico e splendente, come mai nessuno ne aveva avuto e le scarpette erano tutte d’oro. Quando ella apparve in tale abito alle nozze, tutti non sapevano che dire per la meraviglia. Il figlio del re ballò solo con lei e se qualcuno la invitava, diceva: «Questa è la mia ballerina».
Quando fu sera, Cenerentola volle andar via e il figlio del re volle accompagnarla, ma ella gli sfuggì così rapidamente che egli non poté seguirla.
Ma il figlio del re aveva pensato un’astuzia e aveva fatto ungere con la pece tutta la scala; perciò avvenne che, quando ella correva per scendere, lo scarpino sinistro rimase attaccato al pavimento. Il figlio del re lo raccolse; era piccolo, graziosissimo e tutto d’oro.
Il giorno dopo egli si recò dal ricco signore e disse: «Sarà mia moglie solo colei, al cui piede si adatta questo scarpino d’oro».
Le due sorelle si rallegrarono, poiché anch’esse avevano dei bei piedi. La più anziana andò nella sua camera con lo scarpino e lo volle provare: la madre era presente. Ma lo scarpino era troppo piccolo, e non poté entrarci col dito grosso del piede. Allora la madre le diede un coltello e le disse: «Tagliati il dito: quando sarai regina non dovrai più andare a piedi».
La fanciulla tagliò il dito, sforzò il piede nella scarpa, nascose il dolore e andò via col figlio del re.
Egli se la prese come fidanzata sul cavallo e galoppò con lei. Per andare alla reggia essi dovevano passare vicino alla tomba e sul nocciolo erano due colombe che gridarono:
«Guarda indietro, guarda indietro,
la scarpa è insanguinata;
la scarpa è troppo piccola,
la vera sposa non siede in groppa».
Egli guardò il piede della fanciulla e vide che ne sgorgava il sangue. Voltò il cavallo, riportò a casa la falsa fidanzata e disse che non era la vera, che l’altra sorella doveva infilarsi la scarpa. Questa andò nella sua camera e infilò felicemente la scarpetta, ma il calcagno era troppo grande. La madre le diede un coltello e disse: «Tagliati un pezzo del calcagno: quando sarai regina non dovrai più andare a piedi».
La fanciulla tagliò un pezzo del calcagno, sforzò il piede nella scarpa, nascose il dolore e raggiunse il figlio del re. Egli la prese in groppa come fidanzata e galoppò via con lei. Quando passarono vicino al nocciolo, le due colombe che vi erano posate gridarono:
«Guarda indietro, guarda indietro,
la scarpa è insanguinata;
la scarpa è troppo piccola,
la vera fidanzata non è in groppa».
Egli guardò giù il piede della ragazza e vide il sangue che colava dalla scarpa e aveva tinto di rosso la calza bianca.
Voltò il cavallo e riportò a casa la falsa fidanzata. «Neanche questa è la vera – disse, – non avete un’altra figlia?».
«No – rispose il signore, – però dalla mia defunta moglie ho avuto una povera piccola figlia, che è chiamata Cenerentola; ma essa non può essere quella che cercate».
Il figlio del re disse che la facessero venire e anche quando la matrigna rispose: «No, è troppo sudicia, non bisogna farla vedere», volle assolutamente vederla. Bisognò chiamare Cenerentola, che prima si lavò le mani e la faccia, poi entrò e s’inginocchiò dinanzi al figlio del re, il quale le porse la scarpetta d’oro. Ella quindi si sedette su uno sgabello, si tolse dal piede il pesante zoccolo e infilò la scarpetta che le stava a pennello. E quando si levò in piedi e il figlio del re la guardò in faccia, riconobbe la bella fanciulla che aveva ballato con lui e esclamò: «Eccola, la vera fidanzata!».
La matrigna e le due sorelle furono prese dal terrore e divennero smorte dal dispetto; ma egli prese in groppa Cenerentola e andò via con lei. Quando passarono davanti al nocciolo, le due colombe gridarono:
«Guarda indietro, guarda indietro,
nella scarpa non c’è sangue;
la scarpa non è troppo piccola,
egli porta a casa la vera fidanzata».
E quando ebbero così gridato, ambedue presero il volo e si posarono sulle spalle di Cenerentola, una a destra e una a sinistra, e vi rimasero.
Nel giorno in cui doveva celebrarsi il matrimonio di Cenerentola col figlio del re, le false sorelle vi si recarono per ingraziarseli e prender parte alla loro felicità. Quando gli sposi andarono in chiesa, la maggiore si pose a destra, la minore a sinistra; le colombe beccarono un occhio a ciascuna. Quando uscirono, la maggiore era a sinistra, la minore a destra: le colombe beccarono a ognuna l’altro occhio.
E così per la loro cattiveria e slealtà furono punite con la cecità per tutta la vita.
Fine.
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TITOLO: Cenerentola
AUTORE: Antonio Gramsci
CURATORI: Fubini, Elsa e Paulesu, Mimma
DIRITTI D'AUTORE: no
LICENZA: questo testo è distribuito con la licenza specificata al seguente indirizzo Internet:
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TRATTO DA: Favole di liberta / Antonio Gramsci ; a cura di Elsa Fubini e Mimma Paulesu ; introduzione di Carlo Muscetta. - Firenze : Vallecchi, 1980. - XXXIII, 164 p. ; 22 cm.
SOGGETTO: JUV038000 FICTION PER RAGAZZI / Brevi Racconti