Locandina de «Bianco e nero»Titolo: “Bianco e nero”, di Cristina Comencini, 2007

Con: Fabio Volo, Ambra Angiolini, Aïssa Maïga, Eriq Ebouaney, Anna Bonaiuto, Franco Branciaroli, Katia Ricciarelli, Teresa Saponangelo, Awa Ly, Billo, Bob Messini.

Una gran voglia, un’esigenza di stare dalla parte giusta, contro i pregiudizi che, anche da noi, impediscono rapporti “normali” tra bianchi e neri. L’intento è dichiarato dalla regista, la quale conferma, dopo La bestia nel cuore (le molestie del padre, nodo scabroso nell’infanzia di Sabina/Giovanna Mezzogiorno), la vocazione a scoperchiare le pentole del conformismo; e ora, apertis verbis in conferenza stampa, denuncia che «nessuno sponsor italiano ha voluto sponsorizzare gli africani». Soddisfatta, invece, l’Amref. Scelta come “partner” nella produzione e presentazione di Bianco e nero, l’African Medical and Research Foundation ha giudicato il film «educativo e necessario per combattere il razzismo».

In effetti, la sceneggiatura non fa una piega, nessuna incertezza nel condannare apertamente anche le minime “incertezze” dei personaggi verso un comportamento corretto in fatto di rapporti interraziali, per esempio tra italiani e senegalesi.

Nadine (Maïga), nera nata a Dakar da famiglia bene, è sposata, ha due figli, vive a Roma e collabora col marito Bertrand, intellettuale nero impegnato a diffondere il verbo antirazzista. Non è convinta fino in fondo, Nadine, dell’efficacia di certe iniziative e tende a distrarsi. Una volta, uscita da una conferenza a prendere una boccata d’aria, incontra Carlo (Volo), italiano bianco, uscito anche lui a fumare una sigaretta mentre sua moglie Elena (Angiolini) partecipa ai lavori nella sala dove Bertrand sta parlando ai convenuti. E scocca la scintilla.

Le cose appaiono difficili da subito, dal momento che Carlo ha la bell’idea di invitare la famigliola neroafricana alla festa di compleanno di Giovanna, la bambina sua e di Elena, in casa dei suoceri, dove non mancano indizi imbarazzanti, dalla bambola “Barbie sposa” in numero limitato (bionda e in abito lungo bianco) alla cameriera nera che di bianco ha il grembiule.

Il suocero di Carlo, memore di lontane avventure nel continente nero, si protende in goffe avances su Nadine, la di cui bambina tenta di “rubare” la Barbie alla coetanea festeggiata, deludendo la propria addoloratissima mamma. Ma la scintilla è ormai scoccata e, mentre le contraddizioni in tema di bianco-e-nero si moltiplicano a specchio, emerge il lato passionale. Carlo e Nadine non resistono all’attrazione fisica e la commedia volge al drammatico, specie quando Elena e Bertrand si rendono conto di quanto è avvenuto.

Qui si può entrare in una valutazione più cinematografica, notando come nei punti salienti e maggiormente espressivi, sia della regia che degli attori, il film lascia trasparire un qualche limite di profondità, non più sostenuto dalla fitta trama didascalica delle esemplificazioni situazionali. Paradossalmente, la più “vera” risulta Katia Ricciarelli, nell’umanissima (eppur spiritosa) parte della madre di Carlo, che per una vita si è tenuta dentro il segreto di una “relazione” con un signore (nero), troppo intellettuale per lei (la casa tappezzata di libri), conosciuto dopo la morte del marito, che di libri leggeva solo gli almanacchi di calcio.

Recensione a cura di Franco Pecori, http://www.critamorcinema.it/