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Ugo Santamaria

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Certe notizie sopravvengono cosí inattese che si resta lí per lí sbalorditi, e dallo sbalordimento pare non si trovi piú modo a uscire se non ricorrendo a una delle frasi piú fruste o delle considerazioni piú ovvie.
Sulla più alta torretta del mio castello di C. avea posto il suo nido lo Sparviere di cui io dirò. Il mio castello di C. sorge sulla vetta d’una aridissima collina…
Malpelo si chiamava così perché aveva i capelli rossi; ed aveva i capelli rossi perché era un ragazzo malizioso e cattivo, che prometteva di riescire un fior di birbone.
C’era una volta un contadino, che era rimasto vedovo con parecchi figliuoli, ancora troppo piccini perché si potessero guadagnare il pane che mangiavano.
Masin si stava già dicendo che un inverno in città coi Conti Celano non l’avrebbe piú resistito quando quelli gli tolsero il disturbo.
Questa era solito raccontarla, a veglia, il vecchio rettore di Grappoli buon’anima. E, ogni volta, ci aggiungeva una frangia nuova per renderla più interessante e terminava, invariabilmente, il racconto, facendo un po’ di morale ai suoi ascoltatori.
Con un semplicissimo ragionamento, e chiarissimo, Gianni Limosa avrebbe dovuto convincersi che il suo affetto non escluderebbe mai dal cuore di Claudia Verbani l’affetto delle carte; che Claudia giocatrice – eppure così bella, così giovane, così vedova! – non aveva, nè avrebbe mai più, tempo, voglia, affanni d’amore.
Il Prefetto dopo una lunga meditazione che si protrasse qualche minuto alzò la testa e disse: — Il caso è complicato assai. E guardò intorno, in giro, con l’aria dell’uomo perplesso e del tutto disorientato che cerchi qualcosa che gli porga un aiuto o una ispirazione.
— Un morto, che pure è morto, caro mio, vuole anche lui la sua casa. E se è un morto per bene, bella la vuole; e ha ragione!