Podcast: Apple Podcasts | RSS
Pubblicato Attorno alle Georgiche virgiliane di Carmelo Salanitro.
Dall’incipit del libro:
Virgilio è tutto e intiero nelle Georgiche, in misura molto minore nelle Bucoliche, in misura ancora più ridotta nell’Eneide: Virgilio diciamo, cioè il suo cuore e la sua mente, con tutte quelle ansie, quelle ebbrezze, quei sogni, desideri, melanconie, gioie, dolori, che agitano e commuovono il cuore e la mente dell’uomo: e formano la poesia della vita, contrapposta alla realtà dell’esistenza: e nelle nature privilegiate e superiori si aprono il varco fino all’esterno, effondendosi in canti infusi di ardore o in melodie intrise di angoscia, dove l’umanità volentieri oblia e facilmente si dimentica.
E vana ed inutile fatica è, per una comprensione e penetrazione ampia e precisa del cosmo virgiliano, quella di ricercare e determinare quanto della così detta Appendix Vergiliana possa o debba essere ragionevolmente attribuito a Virgilio. Una o due altre liriche, le quali un giorno, sbucando da un ignorato angolo di biblioteca, venissero ad accrescere il patrimonio poetico del Petrarca, non varrebbero a gettare fasci di luce maggiore nel labirinto spirituale del Cantore della bella Francese; e una ventesima tragedia alfieriana non imprimerebbe tratti più netti e più perspicui nei lineamenti psichici dell’Astigiano.
Così, quando di tutti o della maggior parte dei carmi dell’Appendix si potesse dimostrare la sicura paternità virgiliana, non si allargherebbe minimamente l’orizzonte poetico di Virgilio. I sentimenti e gli affetti di costui, le sue idee e i suoi pensieri, la sua arte e la sua grandezza poggiano sulla solida base delle tre opere maggiori: nei dolci esametri di queste aleggia e palpita, eterno e compiuto, lo spirito del Mantovano; e più, e soprattutto, in quelli delle Georgiche.