Questo saggio del 1923 vuole dissipare i pregiudizi, i fraintendimenti, le calunnie che si riversavano allora sul Buddhismo. Ne evidenzia l’efficacia morale, il positivo influsso che può avere sulla società, la capacità di fornire conforto agli esseri umani.

Sinossi a cura di Catia Righi

Dall’incipit del libro:

Un grande poeta inglese ha detto: «tutte le religioni sono buone le quali fanno buoni gli uomini; ed il modo in cui un individuo dovrebbe provare che il suo metodo di venerare Dio è il migliore, è di essere lui stesso migliore di tutti gli altri uomini».
Questa sentenza dello Shelley è inoppugnabile. A che valgono codici di sublimi precetti, templi sontuosi ed eletti riti, se lasciano cattivo l’uomo come lo trovano? In tanto un cristiano è superiore ad un maomettano in quanto, venuti entrambi alla resa dei conti morali, il primo può vantare di faccia al secondo, tante più opere buone, tanta più umanità e carità, maggiore sentimento del dovere e spirito d’abnegazione, e via dicendo. Per la bontà d’una religione altra pietra di paragone non c’è.
Vero è che una religione può guardarsi da vari altri aspetti. L’elemento morale è certamente il più importante, ma non è il solo. In questo doloroso passaggio transitorio che è la vita, benemerita indubbiamente quella religione che offre all’uomo una speranza, un conforto, un sostegno! Tanto più che l’uomo non sa, non può esser buono, se non vede la luce d’un faro, la promessa d’un guiderdone, una meta radiosa. Una religione pessimistica, sconsolata, non è una religione. Se non che, c’è modo e modo di far brillare le ricompense agli occhi degli uomini avidi di conforti religiosi. Nulla è più facile di promettere. La questione è che le promesse non sieno fallaci, nè che nel farle s’indulga alle passioni umane, si alimentino vane illusioni, si veli o si calpesti il vero, si venga in conflitto con la scienza.

Scarica gratis: Apologia del Buddhismo di Carlo Formichi.