Elisabetta Santini, Alfabeti di luce femmina, Edizioni Del Leone, Spinea (VE) 2010, pp. 96, € 9,00, ISBN: 9788873142959

«La mano della brezza/ accarezza la guancia dello spazio/una volta/ e un’altra ancora./ le stelle socchiudono le palpebre azzurre/ una volta/ e un’altra ancora» (Garcìa Lorca)

Alfabeti come voci, ognuna fermata dalle pagine del cuore nella sua singolarità e dedicata a poetesse amate. A loro l’autrice si unisce e silenziosa illumina la scena della sua originale ed incisiva «luce femmina» che conosce non solo le infinitezze del cielo ma anche abissi e orridi-dirupi; femmina nella sua accezione di «fecunda», terra fertile, terra che riceve, che bacia il mare, che respira e si meraviglia del continuo rinascere della vita nella stessa morte, bambina che reclama un grembo come «aurora» che non a caso è la parola conclusiva della silloge. E alle donne dedica questo abbraccio in versi che riporterò per intero. «Echi, volti, suggestioni/ posano sillabati ritratti/ in me che vi porto/ girovaga di altre sottane./ Condenso sogni che non/ vengono più, silenzi, sospiri,/ agglutinati dolori piccoli/ che affondo nelle mie ossicine/ di femmina, che vi ha nella voce/ senza che ci sia suono./ Vorrei essere la bocca/ slabbrata per le vostre catene,/ sillabe di dolori colati/ a picco./ Di più./ Vorrei essere/ tutta la notte che manca/ alle vostre parole». In copertina, l’immagine di un volto di donna azzurro fluorescente con forte zona d’ombra su un lato. Dai suoi occhi germinano e muoiono raccolti d’anime e aspettano la prossima semina nei colori che scoppiano dalla terra e dal cielo-mare in un alfabeto che si disegna «di parole scoppiettio di consonanti/ o vocali onde morbide marine/ e quest’abbraccio fuoco d’artificio/ dilata il mio alfabeto in un altrove/ nomi risuonanti e verbi oscuri/ giovani sillabe contorte,/ piogge di suoni, sillabari/ di mondi su cui poggiare i piedi,/ tesori incastonati nei colori,/ i limiti netti delle cose». Le parole diventano corpo in un espressionismo che tiene alta la tensione nelle molteplici immagini di una natura che si fa carne e sangue: «Così accatasto fascine e fascine/ per il mio rogo d’amore/ e sarò strega apprendista che danza/ sul cielo stellato del fuoco,/ farò bianca la morte/ quel giorno, è sicuro»: trionfo, luce e fisicità. «Nelle anche del mare/ entra il vento,/ le inarca con dolce spinta/ e schiuma leggero/ o d’impeto/ e docile il mare risponde».

L’amplesso fra vento e mare respira forte e forte penetra l’aria anche dentro interni che, pur soffocanti presagi al bussare del dolore, apriranno le porte a una sempre maggiore meditazione sulla vita. Gli occhi cattureranno luci invitanti a nuove energie sprigionate nell’uso variato e icastico della forma verbale (il vento «sfrangia, spiana, cavalca», il mare aspetta seduce, chiama): «amanti che s’arruffano/ in bianche creste/ e mulinelli d’aria/ fino a respirare insieme». Il caldo alfabeto della poetessa fa emergere insieme alla sua caleidoscopica visione del mondo, la cura della parola-pittura-luce-corpo. Essa, curata dal ventre caldo della terra, dipingerà l’alfabeto di luce femmina di Elisabetta Santini.

 

Elisabetta Santini è nata nel 1958 a Pistoia dove vive. Si interessa da molti anni di poesia e teatro. Ha ottenuto riconoscimenti e segnalazioni in diversi concorsi nazionali per la narrativa e la poesia: dal premio speciale della Giuria per la poesia al «Premio Borgognoni di Pistoia» nel 1991, a finalista con il testo teatrale La donna dei treni al «Premio Domenico Rea Città di Empoli» nel 2009.

Ha partecipato a spettacoli teatrali e attualmente fa parte della compagnia GAD di Pistoia.